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Indice Claudio Gliottone
 
 

Un auspicabile salto di qualità

 
...per non pensare solo alle sagre!
 

Nel 1914, cento anni fa, aveva inizio quella “inutile carneficina”, come la definì Papa Benedetto XV, che fu la “grande guerra”, la prima mondiale.
Per noi italiani, dai geni levantini e bizantini, amanti di sotterfugi e slealtà, iniziò un anno dopo, come del resto un anno dopo iniziò per noi anche la seconda guerra mondiale, nel 1940 anziché nel 1939. Dovevamo prima dirimere la questione di un'alleanza che ci legava all'Austria ed alla Germania, alle quali dichiarammo poi guerra, al fianco della Francia e dell'Inghilterra: un anno ci serviva per comprendere da chi avremmo tratto i migliori vantaggi entrando o non entrando in guerra ed al fianco di chi.
E così il 24 maggio del 1915 le nostre truppe attraversarono il Piave e marciarono contro l'Austria che nel 1866, combattenti noi la terza guerra d'Indipendenza al fianco di Napoleone III, ci aveva umiliati concedendoci il Veneto solo attraverso le mani del Francese, ed oggi non voleva cederci il Trentino in cambio di una nostra neutralità.
Per la ricorrenza del centenario già sono iniziate in tutta la penisola attività celebrative coordinate da un apposito Comitato presieduto da Franco Marini: qualcuna di queste si è già tenuta, come la Messa da Requiem di Verdi, diretta da Riccardo Muti alla presenza del Capo dello Stato nel Sacrario di Redipuglia.
La celebrazione di una guerra può apparire non bella cosa, certo, ma è apprezzabile se la si fa con un più vasto e lodevole intento: commemorare degnamente le migliaia di morti che da ogni parte essa produsse, indagare profondamente tutte le cause che la fecero scoppiare, studiarne tutti gli effetti ch'essa sortì e imprimere nella mente della umanità gli errori che la alimentarono col fermo proposito di non ripeterli mai più.
Tra i suddetti aspetti mi pare che quello da perseguire maggiormente sia la ricerca dei motivi che generarono una simile catastrofe, lo studio dettagliato di tutto il lungo antefatto politico, sociale, storico nel quale si svilupparono i semi che nel tempo, sommandosi o sottraendosi, la prefigurarono e poi la alimentarono. Vero è che gli errori commessi si riconoscono per forza di cose solo “a posteriori” e mai mentre li stiamo commettendo. Siamo sempre convinti di agire per il meglio e solo quando possiamo valutare con serenità e distacco le conseguenze del nostro agire precedente, ci accorgiamo di aver sbagliato, che avremmo potuto agire in un altro modo prefigurandoci, ma non avendone mai comunque la certezza, soluzioni magari migliori. È la condizione insormontabile della nostra umana limitatezza.
Ma, anche se le situazioni, le condizioni, le opportunità non sono mai le stesse e mai eguali a se stesse e il domani è sempre un domani nel quale tutto il mondo ignora cosa accadrà, c'è sufficiente spazio per valutare tutti i rapporti tra causa ed effetto degli avvenimenti già svoltisi, ed alla luce di questo presupporre che la medesima azione di ieri, ripetuta oggi, abbia buone probabilità di dare lo stesso risultato di ieri. Questo e solo questo potrà aiutarci a limitare, non ad evitare, gli errori.
Ed allora quale migliore palestra d'allenamento che lo studio di quegli avvenimenti che portarono la nostra nazione, nata appena 55 anni prima, ancora non amalgamatasi nelle sue diversissime componenti sociali, ad impegnarsi in un cataclisma mondiale? Cosa avvenne politicamente, economicamente, ideologicamente, socialmente in Italia durante quei 55 anni che vanno dal 26 ottobre del 1860, e qui il richiamo alla nostra Teano ci sta completamente, al 24 maggio del 1915?
Il tema ci sembra talmente valido che ci va di proporne il perseguimento alla attuale Amministrazione Comunale di Teano per le celebrazioni garibaldine del prossimo anno. Elevarne il tono e l'interesse facendone l'occasione di un coinvolgimento nazionale attorno ad una celebrazione, quella della Grande Guerra, che comunque, per noi italiani, prende i passi dalla nostra città. Ma vorremmo vederlo non come un pretesto per “uscire sui giornali”. Vorremmo che fosse una occasione di arricchimento storico produttivo, lontana mille miglia dal ritrito tema dell'incontro avvenuto qui o avvenuto lì.
Basterebbe che Teano fornisse l'occasione agli studiosi di tutto il mondo per analizzare cause, dettagli, personaggi, umori, situazioni, di una nazione mai esistita che in 54 anni solamente ha l'ardire, o la presunzione, di porsi all'altezza di quelle esistenti come tali da millenni.
Il periodo in esame sarebbe tra i più interessanti della storia europea e della nostra in particolare: quello a cavallo tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento fu gravido di avvenimenti sociali e presentò in “nuce”, non privo di una certa prevedibilità, tutto quanto sarebbe accaduto nella restante parte del secolo. Infatti, come nota Indro Montanelli, “la trasformazione della società italiana avvenne in trincea. Fu attraverso la trincea che le masse irruppero sulla scena politica e ne diventarono protagoniste….”.
La “vicenda del fante”, come egli la definisce, parte da un po' più lontano di quel 24 maggio del 1915, ed approfondirla non potrebbe essere che di grandissimo interesse.
Fidiamo nella buona comprensione e disponibilità dell'Amministrazione per un auspicabile “salto di qualità”.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XI 2014 - n. 08 Agosto)