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Un popolo di marziani

 
(…absit iniuria verbis!)
 

Il 25 maggio si vota: per l'Europa.

Un marziano che capitasse in Italia crederebbe che siamo il paese più democratico dell'universo, dove il popolo, con coscienza ed avvedutezza, sceglie di tutto: dal consigliere di quartiere a quello comunale, dal consigliere provinciale a quello regionale, dal deputato al parlamento nazionale al deputato al parlamento europeo. Crederebbe che i metodi di valutazione popolare siano legati alle capacità dei candidati, alle loro proposte amministrative, ai loro indirizzi ideologici; crederebbe che ogni cittadino esprima un voto libero da ogni condizionamento esterno, e sia capace di cambiarlo una volta non soddisfatto o deluso dalla scelta precedente. E crederebbe pure, il marziano, che l'eletto, proprio perché scelto con questi intransigenti metodi e per suoi intransigenti meriti, impronti tutta la sua vita, politica e non, al soddisfacimento delle attese dei suoi elettori, al perseguimento della loro felicità civile, familiare e personale, nulla ricercando per sé o per i suoi. Questo crederebbe: il marziano, naturalmente!
Crederebbe ancora che l'eletto sia un esperto di politica, di leggi, di regolamenti; che conosca profondamente le esigenze del suo popolo e che le sappia inquadrare nel momento nazionale ed internazionale contingente; che conosca a menadito la storia dell'intera umanità, dalla polis greca ai totalitarismi del novecento, dal comune rustico all'unità europea, dalla rivoluzione americana a quella francese e russa, dal nazionalismo al colonialismo; che sia tanto preparato da prevedere tutte le conseguenze immediate e soprattutto future di ogni provvedimento, di ogni progetto di legge, e l'evoluzione di ogni movimento sociale, nel bene come nel male; che sappia dialogare e farsi comprendere con il suo omologo di un'altra nazione e sappia rispettarlo senza fargli di nascosto le corna nella foto ricordo o di giocare con lui a nascondino.
Crederebbe che l'eletto, prima di aprire la bocca, si sia documentato su ciò che vuole dire e che scelga le parole ed i concetti più chiari per farsi comprendere e dimostrare di essere un “essere pensante” di suo e non un ripetitore “a pappardella” di cose elaborate e dette da altri, portandosele con sé magari su fogli dattiloscritti. Crederebbe ancora, il marziano, che l'eletto, per arrivare ad esser tale, sia passato attraverso infiniti esami elettorali, nei quali avrà avuto tutte le possibilità di essere soppesato dagli elettori e giudicato uomo (o donna!) di valore per tutte le sue qualità, che avrà sicuramente sviluppato attraverso un duro e logorante apprendistato politico, ascoltando per anni e anni gli altri, prima di aprire la propria bocca; che abbia politicamente lottato con oppositori interni ed esterni al suo partito, recando seco motivazioni vincenti che gli hanno poi permesso di essere candidato ed eletto.
Ma essere marziano non vuol dire essere… testicolo (eufemismo di c…ne); vuol dire solo essere un estraneo giunto da un paese lontanissimo completamente ignaro delle realtà del nuovo paese visitato.
Mentre essere veramente testicolo (ancora dolce eufemismo di c…ne) vuol dire essere un abitante da sempre di quel paese ed essere passato attraverso tante traversie che, in merito alla sua democraticità, hanno quotidianamente mostrato l'esatto contrario di quello che può apparire al marziano; e continuare a credere alla befana!
Chi invece non è “marziano (o c…ne) in casa” sa invece molto bene come vanno le cose in questo nostro disastrato paese.
Sa che migliaia di eletti sono tali non per amministrarci, ma per occupare un posto di lavoro ben retribuito nel presente e nel futuro pensionistico.
Sa che la grandissima maggioranza di essi non ha alcun merito di capacità personali, ma solo di totale disponibilità servile verso chi detiene il potere di affossarlo o cooptarlo.
Sa che da anni l'eletto non si sottopone al personale giudizio dell'elettore, intruppato in liste chiuse proposte ed imposte da partiti vaghi e inconcludenti, nati dalla mattina alla sera, germinati da scoppi planetari di aggregazioni maggiori o dalla fusione di particelle minori, aventi l'unico scopo di continuare ad essere presenti nelle singole individualità.
Sa che la grande maggioranza di loro non ha avuto il tempo (non le capacità) di studiare “da politico”, anche per le mutate situazioni di partecipazione civica in ambito sociale.
Sa che pochi di loro conoscono il pensiero di Pericle o di Murat, di Locke o di Hobbes, di Machiavelli o di Smith, di Platone o di Vico.
Sa che pochissimi di loro hanno avuto approccio genuino e condiviso con la gente, con i suoi problemi singoli e generali, con le sue aspettative, con le sue necessità, con il suo vivere quotidiano.
Sa che i voti di quell'eletto o di quell'altro sono sovente inquinati da aggregazioni malavitose, da scellerati patteggiamenti che finalizzano la sua attività privandolo di ogni libertà decisionale, anzi facendolo sovente agire non “pro” , ma “contra” i suoi elettori.
Sa che la carriera di questo o di quell'altro è legata sovente a meriti della più svariata natura, ma lontani mille miglia da ogni elementare requisito politico. Sa che la parcellizzazione del potere in mille rivoli non è affatto sinonimo di grande democrazia, ma solo di enorme invasività di poteri occulti, di interessi di parte e di categorie, che difendono con i denti le posizioni di rendita acquisite ed ostacolano quotidianamente ogni auspicabile cambiamento.
E infine sa, ahimè, che nessuno mai riuscirà a cambiare questa situazione perché i “marziani in casa”, coscientemente o inconsapevolmente, sono la stragrande maggioranza degli italiani.
E allora continueranno a trionfare gli arrivisti e gli idioti o, nella migliore delle ipotesi, i “gaffeurs” o le “gaffeuses” (quelli che commettono “gaffes”) attirandosi l'ilarità dei realisti che sanno bene che con ottanta euro nessuna famiglia fa la spesa per quindici giorni o che in provincia di Caserta le volanti della polizia sono molto più di una sola.
Siamo sicuri che le “gaffes” derivano non da incapacità, ma da scarsa conoscenza dei problemi: ma per capeggiare una lista di candidati al Parlamento Europeo per quello che probabilmente sarà il maggior partito Italiano non si possono non conoscere i problemi, ma soprattutto bisogna pensare molto bene e a lungo, prima di aprire la bocca.

Absit iniuria verbis! (Tito Livio)

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno XI 2014 - n. 5 Maggio)