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Pensando al 2008

 

Le successive modifiche e il paventato referendum per l'abolizione della vigente legge elettorale altro non dimostrano che la incapacità del popolo italiano a raggiungere un moderno ed europeo sistema politico tendenzialmente bipolare. Solo questo, infatti, potrebbe finalmente trasformarci in una moderna democrazia europea competitiva in cui si riesca a coniugare efficienza decisionale e rispetto delle minoranze, alle quali si deve tutelare il sacrosanto diritto di espressione del proprio parere (proprio per assicurare la possibilità che una minoranza di oggi possa divenire una maggioranza domani).
Forse ci vorranno ancora anni per liberarci dal “complesso del tiranno" che, come diceva il Presidente della Assemblea Costituente Umberto Terracini, ha ispirato i costituenti del 1946, ma ne occorreranno di più per liberarsi dalla comproprietà del potere decisionale che ha caratterizzato, ed ancora caratterizza, l'Italia repubblicana. Memori della dittatura fascista, i padri costituenti decisero in modo che nessuno dei soggetti politici all'epoca presenti nell'arena avrebbe mai potuto ottenere una completa ed esclusiva proprietà del processo decisionale, ma avrebbe dovuto sempre condividerlo con altri soggetti. Le vicende politiche succedutesi, con un numero enorme di formazioni governative e con il costante ricatto di partitini “ago della bilancia”, le conosciamo tutti.
Come sappiamo bene che nessuno rinuncerà mai alla acquisita e stabilizzata parte di comprimario. Un altro ostacolo al raggiungimento di un sistema veramente bipolare è quel fenomeno tutto italiano nato fin dall'unità nazionale che va sotto il nome di “trasformismo” e che porta a delle situazioni talmente paradossali che nessuno straniero riuscirà mai a comprendere.
Ad esempio il tanto parlare di “liberalizzazioni” da parte dell'attuale governo di sinistra lascia di stucco se si pensa alla ideologia di fondo della sinistra statalista (la ricordate la nazionalizzazione dell'ENEL pretesa dal PSI per dar vita al centro-sinistra?) E del resto la destra, al potere per cinque interi anni (cosa mai accaduta a nessuna formazione di governo) non ha mai minimamente pensato a liberalizzare alcunché.
Ragionando per paradosso si potrebbe dire che la giustezza di alcune idee della destra sono recepite dalla sinistra che ha la forza o il coraggio di proporle, mentre la destra non è nella pratica capace di governare. Quante amministrazioni locali a guida di centrodestra, a cominciare dalla nostra, si sono miserevolmente liquefatte in tutta Italia?
Una ulteriore riprova che la destra non possiede “cultura” di governo, mentre la sinistra, demagogica e populistica, ha capacità di governo, ma deve troppo spesso rivedere le sue posizioni ideologiche.
Da quanto esposto si evince ancora che l'unico collante capace di tenere coese formazioni diverse è proprio la possibilità di esercitare il potere in quanto tale: se lo si sa fare si dura, altrimenti, al primo ostacolo, ci si disperde. La storia locale lo dimostra ampiamente.
Basterebbe allora che anche la destra divenisse demagogica e populista, ma sarebbe un controsenso; sarebbe però necessario che almeno si rendesse evidente, che dimostrasse di esistere, di pensare, di essere vitale.
In una situazione politica locale come la nostra non si possono trascurare queste cose; se si vuole essere competitivi con una maggioranza consiliare che possiede capacità decisionali non ci si può continuare a piangere addosso in sparute conventicole. Si venga allo scoperto, si riagganci la gente, si studino programmi coinvolgenti, si evitino personalismi.
Ma bisogna partire subito, magari con una conferenza programmatica aperta a tutti i simpatizzanti di destra, che travalichi le formazioni partitiche.
Potrebbe essere un umile suggerimento per sperare di porsi come alternativa a Picierno, l'anno prossimo.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 4 Aprile)