La chiesa - Il monastero
Camminando per i vicoli di Teano, tra la Chiesa dei Cappelloni e il dismesso Asilo Lonardo, mi sono ritrovato sotto l'arco che fa da sfondo alla piazzetta san Benedetto e all'omonima Chiesa e il pensiero non poteva fare a meno di andare a quando, ragazzo, la domenica andavo a sentir messa, celebrata, solo per noi “fanciulli”, da don Felice Leonardo, poi Vescovo di Cerreto.
Non è facile scrivere oggi di un monumento come S. Benedetto, senza essere colti da un senso di sgomento e di rimpianto; sgomento che nasce dalla difficoltà di apprezzare le ancora numerose vestige di arte e monumenti sparsi nell'interno del nostro territorio che non ispira alcun senso di raccoglimento, rimpianto per questa millenaria chiesa medioevale pur con tutte le sue numerose manomissioni e trasformazioni subite attraverso i secoli.
La chiesa ubicata all'interno del centro storico, costruita nei pressi della cinta muraria dove era il pomerio, faceva parte di un piccolo monastero. Cenobio molto antico, edificato sicuramente dopo l'804 visto che non si trova elencato nel privilegio di Carlo Magno, dove invece sono elencati S. Scolastica e S. Agapito1. La parte del complesso che formava il monastero ha svolto nei vari secoli, diverse funzioni e di conseguenza ha subito cambiamenti strutturali fino a diventare abitazione privata.
Il fabbricato originale della chiesa è stato in parte inglobato da una costruzione che si protende e copre una porzione della facciata della chiesa stessa. Va comunque detto che tra i tanti edifici in possesso della comunità cassinese durante il medioevo, soltanto S. Benedetto in Teano è sopravvissuta sino ai giorni nostri nel suo quasi originale aspetto.
Nel cenobio teanese visse e morì il principe di Salerno Guaiferio che, dopo la rinuncia al principato aveva vestito l'abito benedettino e avrebbe voluto la sua sepoltura a Montecassino ma, a causa delle scorrerie arabe che in quel periodo infestavano l'intera regione fu inumato nella chiesa del castello di Teano. Anche il cronista Erchemperto nativo di Castel Pilano, di padre teanese, visse, studiò e fu iniziato alla vita religiosa nello stesso monastero e successivamente vi tornò visto che gli ultimi anni della sua vita coincidono con quelli dell'esilio della comunità cassinese in una delle sue dipendenze nella città di Teano, facendola di fatto diventare la sede principale dell'intero ordine benedettino retta da tre abati nei trentadue anni della loro permanenza nella nostra città. A dimostrazione poi dello stretto legame tra i Benedettini e Diocesi di Teano va detto che, nel corso dei secoli, diversi Vescovi Benedettini occuparono il seggio episcopale della nostra Diocesi. Tra loro va ricordato Mauro nei primi anni dell'800, al quale da una epigrafe mutila trovata al tempo del vescovado di Domenico Giordano gli si attribuisce la cattedrale dedicata a S. Terenziano, e Pandulfo2 che fu vescovo e cardinale.
I Benedettini a Teano dall'883 al 915.
Dalle cronache di Leone Marsicano o Leone3 Ostiense, leggiamo che i monaci sopravvissuti al massacro, delle due incursioni, scelsero come riparo la cella di S. Benedetto nell'antica città di Teano. La nostra città posta sul basso versante orientale del massiccio vulcanico spento di Roccamonfina, in una posizione adatta a difendersi, situata nel mezzo della più fertile area agricola della Campania, era uno dei più antichi agglomerati ed uno dei più ricchi centri di quel periodo. Era considerata la più fortificata e luogo dove i contadini potevano rifugiarsi quando i Saraceni con inaudita violenza devastarono e distrussero tutto fino alla foce del Garigliano dal 841 fino al 915.
I monaci non si trasferirono però subito nel Monastero di San Benedetto. Sembra infatti che il primo rifugio, notizie riportate da storici locali ma prive di fondamenta certe, fu il monastero di S. Salvatore, oggi S. Maria di Costantinopoli, sulla sommità del colle di Monte Lucno.
Di questo complesso non si conosce la data di fondazione, ma è noto che fu costruito su ruderi di epoca romana, nel tardo-antico e il primo titolo fu “S. Salvatore”, come si legge in una breve epigrafe sullo scalino d'ingresso4. S. Benedetto (480-543), fondatore del monachesimo in occidente, con geniale intuizione dei bisogni dei suoi tempi, con la famosa “Regola” il cui motto è «Ora et labora», tracciava ai suoi confratelli un programma di vita che badava a soddisfare i bisogni dell'anima e del corpo con la preghiera, lo studio e il lavoro dei campi. Teano poco distante da Montecassino, sulla Via Latina, potrebbe aver sentito presto l'influsso del nuovo centro di vita religiosa e civile e, forse, una piccola comunità5 si sarebbe spinta nelle nostre campagne per l'evangelizzazione del popolo e la conversione dei barbari.
Com'era uso preminente dei Benedettini, costruire monasteri su ruderi di epoca romana, il monastero di Monte Lucno potrebbe essere stato costruito e abitato proprio da una piccola comunità già in tempi antichi. A supporto di questa ipotesi ci conforta il pensiero di Carmen Autieri6 che in “S. Benedetto, chiesa palatina” così scrive:«…….dobbiamo supporre che un primo nucleo benedettino fosse già attivo nel territorio teanese, in età tardo-antica per volere di Simplicio, terzo abate di Montecassino (560-576). Secondo il cronista Erchemperto, in quel periodo si eresse una chiesa (forse ubicata là dove, in località Trinità, vi era una casa colonica denominata S. Scolastica) o meglio una cella che fu distrutta dai longobardi nel 593 allor quando Arechi I attaccò la città bassa di Teano».
Di S. Scolastica parla anche Erchemperto al numero 60 della sua “Istoriola”, quando: «Landone con teanesi e, Atenolfo con alcuni capuani dovettero portare aiuto a S. Scolastica presso il castello a Teano». Di S. Agapito, purtroppo, non si conosce il luogo di ubicazione. Dall'istrumento di fondazione di Santa Maria de Foris, sottoscritto da Landone ed Atenolfo del 986, apprendiamo che il monastero di Monte Lucno, era già operante tra il V e VII secolo, adibito a “Xenodochio”7 e ciò ci fa supporre che i cassinesi conoscevano questo rifugio.
Dopo un breve periodo di residenza a Monte Lucno i monaci timorosi di altri attacchi da parte degli arabi, sempre presenti in zona, riconoscendo di non avere una difesa molto adeguata, o anche perché il loro abate Angelario era stato eletto vescovo della diocesi, preferirono trasferirsi nella cella di “S. Benedetto” in Teano. Trovata ospitalità in questo monastero, la comunità cassinese ancora una volta dovette migrare e rifugiarsi nell'episcopio, per un grave incendio (896) che distrusse il monastero e dove bruciò il più prezioso oggetto trasferito a Teano: <L'autografo della regola di S. Benedetto>, facendone salvo solo poca parte dell'ultimo capitolo, con altri diplomi e privilegi8.
Ancora nel testo delle cronache di Leo Marsicano si legge: «In quel tempo il monastero del Santo padre Benedetto dove, giaceva murato il suo sacro corpo, fu violato distrutto e bruciato dalle bande saracene e tutto quello che fu trovato, fu saccheggiato il giorno 4 settembre dell'anno del signore 883. E ancora: «In quell'anno le bande saracene dilagarono distruggendo, saccheggiando e bruciando tutto. I monaci, sfuggiti al massacro, furono costretti a trasferirsi in modo molto precipitoso, cercando di portar via tutto ciò che potevano, sia i loro tesori sia documenti a testimonianza delle loro proprietà con Angelario, loro priore che in seguito fu eletto Abate e poi Vescovo di Teano». Lo storico parla in termini molto generici circa l'improvvisa fuga e il tesoro che i monaci trasferirono a Teano nel 883, mentre è molto esauriente quando racconta i dettagli del disastroso incendio e la perdita dell' immenso tesoro con la sua varietà di oggetti. Il racconto del trasferimento dà l'impressione che l'operazione sia nata da una situazione di crisi del momento e che i sopravvissuti, ancora sotto lo shock dell'immenso disastro e della tragica morte del loro abate Bertario, portassero via con loro rapidamente tutto quel che erano riusciti a recuperare.
Da un accurato esame delle circostanze ci è possibile capire gli eventi che portarono alla distruzione e suggerirci cosa successe al tesoro delle due Abbazie. Purtroppo, come già dicevo prima, mentre narrando questi eventi l'Ostiense ben descrive anche nei dettagli l'incendio del monastero di Teano e la perdita di gran parte del tesoro trasferito a Teano da Montecassino non avendo trovato alcun documento a testimonianza di un attacco a sorpresa per giustificare la precipitosa fuga dei frati, conoscendo “I dialoghi” di Gregorio il Grande e la “Storia dei Longobardi” di Paolo Diacono, pensò che il tutto fosse accaduto come quando i Longobardi circa l'anno 580 distrussero Montecassino9. Il cronista, infatti, riporta in parte il pensiero di Paolo Diacono nella storia dei Longobardi.
Molto più verosimile ci sembra la ricostruzione del monaco Giovanni che10 nelle sue“Croniche vulturnense” ci dice che <<……… prima dell'arrivo degli infedeli alcuni monaci scapparono e andarono alla città di Teano, portando con loro il libro della regola che il Santo Padre Benedetto aveva scritto con le sue mani, del peso di un paund, (mezzo chilo, che era il peso di una razione di pane giornaliero), il pisside di bronzo (per misurare il vino giornaliero), e sacchi pieni di farina che per la grande volontà di Dio furono depositati davanti al portone del monastero>>. L'evidenza dei fatti suggerisce, uno scenario un po' diverso di questi avvenimenti e cioè che il trasferimento alla comunità di Teano non fu una decisione presa all'ultimo minuto forzata dall'attacco dei Saraceni ma un piano ben studiato e attuato.
Perché la scelta di Teano
Alla metà del IX secolo con la sottomissione del ducato di Benevento all'impero dei carolingi, le città desolate e spopolate dalle precedenti invasioni, cominciarono a respirare e ripopolarsi grazie anche alla politica degli stessi Longobardi che si erano dati a edificare chiese e monasteri donando anche pie oblazioni. Teano, con la sua robustezza muraria, sopravvisse alla distruzione dell'intera regione, specialmente negli anni terribili che seguirono la morte dell'imperatore Luigi II nell'875, quando il massimo pericolo era rappresentato dalle scorrerie delle bande arabe. Tra la fine dell'VIII e il IX secolo, dice Autieri11, Teano continuava a essere una città che ancora occupava una posizione strategica sia come limes o posto di frontiera………………. L'impianto originario del castello risale alla fine del VIII secolo, esso si amplierà nel IX secolo quando Teano diventerà uno dei più importanti castaldati, distretto amministrativo, dipendente da Capua, concretizzatosi dopo la morte di Landolfo Matico (843) e sotto Landenolfo.
Per l'incombente pericolo di un attacco arabo, la comunità monastica cassinese da molto tempo guardava Teano come posto di rifugio e sicuramente conosceva il monastero sul colle di Monte Lucno, già abitato per un certo periodo da una comunità monastica benedettina. La distruzione delle due abbazie non fu quindi, né una cosa inattesa né un evento inaspettato e imprevisto. Per molti anni era stato considerato il pericolo sempre concreto e sempre temuto dagli abati di Montecassino. La scelta di Bertario della cella di Teano, come posto di riparo tra le tante dipendenze che aveva Montecassino, fu logica e conveniente sotto molti aspetti. La città era ben fortificata, ben sorvegliata, e meglio rispondeva all'esigenza di sicurezza. Inoltre non era molto lontana da Montecassino, circa 35 Km, abbastanza agevole da raggiungere attraverso la via latina. Per di più Teano era la sede più prospera di tutte le dipendenze cassinesi perché soprintendeva le notevoli proprietà che l'abbazia possedeva nei suoi territori, incluso la vicina Pietramelara.
Negli anni dell'abaziato di Bassacio, forse anche prima, e del suo successore Bertario «Sintomatico è lo sviluppo che raggiunse allora, quale centro cassinese, Teano che era un castaldato compreso nella contea di Capua: vi fu fondata nell'860 la cella di S. Maria voluta dal conte Landone e dalla moglie Aloara e dove anche monaci cassinesi furono innalzati alla cattedra vescovile, Ilario circa 860 e Leone circa 879; alla morte del conte la vedova assumeva per suffragio a suo carico il sostentamento dei monaci di Montecassino per il mese di maggio12.
Il tesoro trasferito a Teano.
Quando i monaci si trasferirono a Teano portarono con loro oltre i sacchi di viveri anche un inestimabile tesoro che, abbracciava una vasta serie di articoli, non esclusi quelli che durante i tempi, per devozione e tradizione avevano acquisito grande valore nella vita della comunità.
Oggi, purtroppo, la maggior parte degli oggetti esistono soltanto nelle descrizioni narrative delle “Croniche cassinese” di Leone Marsicano, del monaco Giovanni di S. Vincenzo “Croniche Vulturnense” e i successori Guido e Pietro il Diacono. Solo attraverso le cronache si può stimare tutto ciò che trasferirono a Teano e quello riportato da Capua dopo il ritorno a Montecassino. Oggetti di valore inestimabile, che sono andati perduti a causa dell'incendio, del trasferimento in Episcopio ma soprattutto durante la permanenza della comunità a Capua. Del tesoro facevano parte le Reliquie, come il corpo del loro fondatore S. Benedetto e quello di sua sorella S. Scolastica, collocati sotto l'altare maggiore nella basilica Gisulfana13, uniche reliquie non trasferite, trasportate invece a Teano le altre onorificenze imperiali, decreti di privilegi papali, oggetti liturgici come calici, patene, incensieri; paramenti ecclesiastici decorati con oro e gemme preziose, donazioni concesse da imperatori e principi, diplomi imperiali e principeschi conferiti a Montecassino14 e ancora: codici e libri con copertine decorate. Libri che coprono una grande vastità d'argomenti come libri di preghiere, i Vangeli, i padri della chiesa, le storie, i classici ecc; l'arredamento della chiesa; monete d'oro, d'argento e lingotti.
Leo basandosi sulla disponibilità dei registri, incluse nelle cronache le somme esatte di diversi esemplari di monete che arrivavano al convento attraverso i pagamenti di contratti di locazione, vendite di proprietà ma soprattutto da provenienza di donazione fatta da benefattori. Le monete, parte importante del tesoro di Montecassino, venivano registrate nei contratti e attestati e erano: soldi, denari, rispettivamente d'oro e d'argento; i tremissis moneta Bizantina che, era la terza parte del “solidus”, coniata in oro principalmente nella zecca di Benevento fino alla divisione del Ducato, in larga circolazione nell'Italia del sud, poi c'era il “tarì” moneta d'oro equivalente ad un quarto del dinaro arabo. Tutto ciò che fu salvato dall'incendio i monaci lo depositarono nell'episcopio dove rimase fino al 915 anno del loro trasferimento a Capua. Dallo scriptorium di Teano c'è ampia testimonianza che la comunità cassinese, residente in S. Benedetto e nell'Episcopio, ebbe a scrivere e copiare molte opere letterarie. Lavori di antichi poeti cristiani, pregiati manoscritti in corsivo beneventano che, portano la data di questo periodo, e che sono ancora presenti nell'archivio dell'abbazia. Per ragioni pratiche saranno citate sole poche opere e qualche codice di straordinaria qualità e fra queste il “De Nuptiis Philoogiae et Mercurii” di Martianus Capella15 una opera dove le sette arti umanistiche sono considerate in modo molto sublime e principalmente con un tocco di superiorità notevole; Prudentius,16 con il suo “Against Symmaclius”, un libro di brani medici, una specie di prontuario scritto all'epoca dell'abate Bertario e copiato nel periodo teanese, “L'Ars grammatica” del maestro Ilderico17 da a un glossario scomparso, ultimato sicuramente a Teano tra 908/909. L'unica copia sopravvive come “L'Ars Grammatica”, nell'archivio di Montecassino come codici cassinese n 299 copiato da diversi scrivani nel periodo di permanenza a Teano in caratteri beneventano.
Dopo la morte dell'abate Leone, che morì a Teano il 17 agosto 914, i monaci elessero come loro capo spirituale Giovanni, arcidiacono della diocesi di Capua, e l'anno successivo la comunità si trasferì a Capua. Come successore di Leone si sarebbe dovuto eleggere abate uno della comunità e preparare il ritorno alla casa madre di Montecassino ormai quasi alla fine della ricostruzione. Ci furono forti pressioni, invece, che indussero la congregazione a trasferirsi a Capua. Tra le tante sicuramente influì, prima la minaccia saracena ancora presente, (i saraceni occupavano ancora la fortezza alla foce del Garigliano, poco lontana da Montecassino e da Teano), secondo, la politica dei principi capuani Landolfo I e Atenolfo II che era quella di mantenere la congregazione di S. Benedetto direttamente sotto il loro controllo strappandola all'influenza imperiale e terzo, il fatto che, nella congregazione teanese, non c'era un forte candidato che aspirasse ad essere eletto. Dopo più di un trentennio di dimora a Teano, i cassinesi, cedettero alle lusinghe di Atenolfo II. Il disegno del principe era quello soprattutto di appropriarsi il massimo possibile dei possedimenti di Montecassino come aveva già fatto nell'887 quando, Atenolfo I, gastaldo di Capua, spogliò i cassinesi di tutti i beni che possedevano in quella città. Per i principi longobardi fu davvero grande la soddisfazione di trasferire la comunità da Teano a Capua nella sede del loro potere ed aver raggiunto il loro obiettivo18.
Con il trasferimento dei monaci a Capua, Teano non era più il centro vitale della vita benedettina e la cella di S. Benedetto di Teano tornò a com'era prima con pochi monaci, restii ad andare via, con a capo un preposito dipendente da Montecassino. Nei secoli seguenti il cenobio teanese, ebbe un significativo posto come dipendenza, all'interno dell'ordine dei possedimenti di Montecassino. La decadenza del monastero di S. Benedetto, come anche gli altri monasteri, cominciò quando furono dati in commenda. All'inizio del 1500 troviamo commendatario Giovambattista De Angelis, seguirono Giuseppe Renato Imperiali, Nicola Perrelli ecc. Dal commendatario Bellarmino fu eretta la Congregazione della Purificazione di Maria Vergine nella chiesa di S. Benedetto.
Nel 1805 Giuseppe Bonaparte decretava la confisca dei beni degli ordini religiosi di: S. Benedetto, S. Bernardo ecc. unendoli al demanio della corona. Dopo la confisca napoleonica proprietari dell'intero complesso erano i D'Andrea che l'avevano acquistato con le annesse rendite dai De Quattro. La chiesa, ridotta in uno stato pietoso per la lunga e prolungata chiusura, fu restaurata in parte nel 1878 da Francesco D'Andrea ma rimase ancora chiusa per un lungo periodo. L'intero complesso ereditato dai fratelli Martellini, Ernesto medico e Ademiro farmacista, pronipoti dei D'Andrea, fu ristrutturato completamente e benedetta da S. E. Eduardo Parente, cognato di Ademiro, l'11 ottobre 1928. La stessa sera, dopo l'ora santa e panegirico di mons. Parente fu impartita la triplice benedizione dal Vescovo della Diocesi mons. Giuseppe Marcozzi. A completamento della loro opera i Martellini dotarono la chiesa di altre rendite e vi fondarono una cappellania per l'officiatura19. Il primo rettore fu don Giuliano Vicario poi Don Arminio De Monaco. Nel 1968 era ancora funzionante ma a qualcuno della soprintendenza venne l'idea di ristrutturarla inviando a Teano l'arch. Margherita Asso. È trascorso circa mezzo secolo e la chiesa è praticamente chiusa.
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Note
1 Luigi Tosti ‟Storia della Badia di Montecassino“ pag. 284 Lib 3° - documenti e note Cap. IV Preceptum Desideri Regis Longobardor sum De Possessaionibus Hujus Loci Theodemario Abati (Ex Regestro Petri Diagoni n° 101 fogl. 42 a tergo).
2 Dopo la morte di S. Urbano fine del IV Secolo e il vescovo Domnino (555) non si conoscono nomi di altri vescovi fino all'elezione del benedettino Lupo 857.
3 Leone Marsicano - Monaco bibliotecario e cronista di Montecassino divenne Vescovo di Velletri e successivamente Cardinale di Ostia.
4 A. O. Citarella in “The politica Chaos in Southern Italy and the Arab destruction of Montecassino 883 ecc” nota n° 2 accenna ad una piccola chiesa e convento di S. Salvatore. Lo stesso Autore in “The Role of The Tresaure ecc.” pag. 38 nota 38 scrive «Siamo grati al dott. C. Cipriani, un erudito teanese, che ci ha guidati per una visita nel 1986 a Teano, Monte Lucno e alla vicina Pietramelara. Il monastero di Monte Lucno circa il 1500 fu rifondato dai Servi di Maria o PP Serviti col titolo attuale di S. Maria di Costantinopoli e fu attivo fino al 1656. Fu poi abbandonato in seguito alla peste che ridusse Teano a poche centinaia di abitanti. Ripristinato da Nicolantonio de Matteis Cipresso nel 1704 fu riaffidato ai Padri Serviti. Soppresso nel 1811 a seguito delle leggi sull'abolizione dei monasteri divenne luogo per le riunioni segrete dei Carbonari teanesi.
5 La dimensione della comunità variava secondo l'ammontare delle donazioni per cui la minima poteva essere formata anche da due o tre persone.
6 C. Autieri - S. Benedetto Chiesa Palatina - da “Il Sidicino” Anno 2004 n 4 Aprile.
7 ….. et quomodo vadit volvendo circa terram ecclesie Domini Salbatori in qua Xenodochio esse. - In Europa occidentale (Hans Conrad Peyer, Viaggiare nel Medioevo. Dall'ospitalità alla Locanda. Bari 1990 pag. 128) soprattutto Italia e Francia tra il V e VII secolo si diffusero gli Xenodochio sia sotto forma di case indipendenti che come annessi di sede vescovili o monasteri. Può allora ritenersi che prima di essere monastero benedettino lo xenodochio di Monte Lucno fosse una casa indipendente
8 Luigi Tosti - Storia della Badia di Montecassino - Vol. I pag. 64. Un frammento consistente dell'ultimo capitolo della regola, sfuggito al fuoco di Teano può essere stato conservato in un reliquario d'argento fino al tempo dell'occupazione di Montecassino da parte dei francese alla fine del XVIII secolo.
Ed ancora Jan Mabillon, francese, famoso letterato e monaco benedettino della congregazione di S. Mauro, durante la sua visita a Montecassino nel 1685 vide questo frammento senza dargli importanza non sapendo che era un pezzo di così grande interesse; ma ciò che meraviglia è che Leo così preciso nella descrizione dell'incendio dell'896 non fa alcun riferimento al frammento salvato.
9 Gabriele Pepe - Il medio Evo Barbarico d'Italia - pag.256 Einaudi VII edizione 1984. -Montecassino distrutto dai longobardi circa il 580, resta deserto fino a tutto il secolo VII, per ripigliare nuova vita, quando Petronace <civis brixianae urbis > (cittadino della città di Brescia), incoraggiato e aiutato da Gregorio II, ricostruì, circa 717, il monastero; solo quando però, a Montecassino venne il monaco Willibaldo, nel 729, la vita religiosa ed economica riprese un rapido ritmo di ascesa, ma i risultati di quest' attività, che portò anche al trionfo della regola benedettina pura, appaiono più evidenti nel periodo carolingio. Anche i duchi Longobardi furono larghi di donazioni allo stato di S. Germano, (maliziosamente), dice il Giannone: «Col correre degli anni, accresciuto d'altre donazioni lo renderon tanto ricco, che i loro abati fatti signori di più vassalli vennero in tale altezza che mantennero truppe ai loro stipendi».
10 ‟Cronicon Vulturnense del monaco Giovanni“. Ed. V Federici vol.3 Fonti per la storia d'Italia 58-60 (1925/ 1938) I pag. 370-371.
11 Autieri- IL castello di Teano in epoca Longobardo e Normanno Sveva. Da “il Sidicino” Anno 2004 n 12 dicembre. I^ parte.
12 Nicola Cilento - “Pluralismo ed Unità del Medioevo Cassinese” - pag.118.
13 Non si conosce bene se vera o leggenda che nel VII secolo quando la chiesa di Montecassino era in sostanza deserta i corpi dei due Santi furono portati in Francia (Fleury o Le Mans).
14 Numerosi diplomi imperiali e principeschi conferiti a Montecassino erano apposti con bolli, sigilli d'oro, che era un segno del grande valore che era dato da entrambe le parti sia dai mandanti sia dai destinatari.
15 Martianus Capella Minneus Felix - Prosatore latino del V secolo; compose il suo unico famoso libro “De Nuptiis philologiae et Mercuri” dove le sette arti umanistiche sono considerate in modo molto sublime e che ebbe grande popolarità nel Medio Evo.
16 Aurelio Prudenzio Clemente, è il più grande poeta cristiano tardo antico; (346 non si conosce la data della sua morte forse dopo il 405 e poco databili sono le sue opere).
17 La copia superstite dell'”Ars Grammatica”, sopravvive come codici cassinese n° 299 copiato da diversi scrivani che come gruppi la trascrissero a caratteri beneventano. Il vero Ilderico, autore di quest'opera è molto difficile individuarlo perché questo nome è attribuito a più soggetti vissuti nello stesso periodo (IX sec.)e proprio nell'area cassinese-capuana. Secondo Pietro Diacono «De Viris Illustribus Casinensibus» un Ilderico potrebbe essere stato anche un monaco benedettino, discepolo di Paolo Diacono, morto nel 834 diciassette giorni dopo essere stato eletto abate di Montecassino.
18 Leo Marsicano - Cronache Cassinese Lib. I
19 Latifondo di circa 300 moggia nella piana di Maiorise.
Pasquale Giorgio
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 1 Gennaio) |