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La statistica del Circondario di Teano nella relazione di

Gennaro de Quattro (del 1816) - (I parte)
 

Qualche notizia su Gennaro de Quattro. Lo abbiamo già visto tra i sindaci repubblicani di Teano nel 1799. Compreso tra i Rei di Stato alla caduta della repubblica, Gennaro de Quattro appartiene ad una famiglia di notai che nel Settecento vede attivi Gaetano e Francesco de Quattro. Imparentato anche col canonico Giovan Battista de Quattro storico municipale, erudito del Settecento, morto nel 1762, autore di una perduta opera che si chiamava secondo la testimonianza di Perrotta, Sidicino risorto. Un altro sacerdote di nome Nicola de Quattro parroco di Magnano era autore di una Cronaca sulla carestia del 1763 nello Stato di Teano. Anche di questa cronaca si sono perdute le tracce, nonostante che sulla fine dell'Ottocento un Pietro de Quattro avesse curato di pubblicarla. Dottore fisico, Gennaro, deve essere nato attorno al 1765, se nell'atto di nascita di sua figlia Teresa del 9 aprile 1809 dichiara di avere 44 anni. Sua moglie era Daria Macchia all'epoca di 39 anni. La sua Relazione in risposta alle domande per la Statistica del Regno offrono un delizioso ed esauriente excursus sulla cittadina e il suo territorio.
                                                                                                         (Giampiero Di Marco)

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Risposte alle domande Statistiche della Sezione IV e V pel circondario di Teano.

Il Circondario di Teano offre se non interamente, parte almeno di argomento, e materia responsiva alle domande Statistiche della Sezione IV e V. I suoli vegetativi ne danno per l'economia rurale. I boschi e monti per gli oggetti forestali, e divertimento alla caccia, sebbene in poca astensione, giacché al presente quasi tutto a pasco e coltura, e sboscamento.
Non vi è mare, laghi grandi, fiumi in questo circondario ma solo de' rivoli detti Savoni, un laghetto nella contrada di Riardo, ed il passaggio del fiume Volturno in vicinanze di Vairano. Mancano poi delle altre basi per sostenersi qui capi d'industria pastorizia, e manifatturali, che vengono espressi nelle domande medesime, ed ecco perché Teano offre poca materia responsiva alle predette domande, come si dirà.

Caccia
Per distruggere, ed estirpare gli animali grandi, nocivi alla pastorizia, ed agricoltura, come sono i lupi, giacché gli orsi non esistono affatto in detto circondario, si praticano i mezzi dello schioppo, e talvolta per coglierli in agguati si formano de' fossi profondi, e stretti coverti legiermente da una superficie eguale al suolo di quel sentiere, per dove si è scoperta la traccia del cammino dell'animale.Non ci sono stabilimenti per lo scopo suddetto, gli altri animali nocivi, come le volpi, le faine, le donnole formano oggetto di caccia. I topi, i sorci, gli uccelli, le cavallette che pur anche alle campagne coltivate appartengonsi, in parte si estirpano per mezzo delle artificiose insidie, ed ingegnosi lacci da' contadini, altra picciola parte per mezzo de' cacciatori, ma la maggior parte ne resta, e cagiona de' danni, ad ovviare de quali non vi sono stabilimenti. La caccia in questo circondario non forma un capo d'industria, o di guadagno, ma di solo divertimento.
Si fa di animali di pelo, e quadrupedi, cioè di lepri, di volpi, capri, gatti selvaggi, puzzole, donnole, listriche e questi sono indigeni. Di volatili, poi, che sono parte emigranti, e parte indigeni, gli emigranti sono i tordi, le beccacce e beccaccine, le quaglie, i storni, i mallardi bianchi, i capiverdi, i passerotti, gli usignoli, le rondini e rondoni, i galletti acquatici, i sicofani, le paglioniche, i froncilli, i merli, gli ortolani ed altri. Tra volatili indigeni sono i colombi e colombette, i falconi, gli astori, gli scorticatori, i nibbi, gli sparvieri, i gufi, le civette, gli alocchi, le cornacchie, le piche, i cuccoli, gli ascioni, i passeri, i cardellini ed altri. Non ci sono signorie, vincoli, e contribuzioni per la caccia suddetta, né tampoco vi sono luoghi chiusi e riservati. Non v'ha dubbio che fra gli animali suddetti vi hanno di quelli, che recano danni campi vitini, ad uliveti, anche per ragion del vitto ne percepiscono. Il metodo ordinario di far preda degli animali da pelo è lo schioppo, e le occulte insidie che machinano i contadini dette tagliole. Per li volatili poi si fa uso de lo schioppo, e nella stagione di autunno per prendere i tordi, si fa ben anche uso del vischio in più modi. Per lo addietro i cacciatori sono stati in gran numero, al presente sono diminuiti.

Pesca
Ne' rivoli e piccole tenute di acque di Teano, e sue pertinenze, non che nel fiume che passa per Vairano si pesca con reti piccole, e con altri artifici. Per l'oggetto medesimo si compongono ben anche delle pastiglie, che buttate nell'acqua e mangiate da pesci escono poi semivivi al lido e si prendono. La calce viva polverizzata e buttata nell'acqua produce l'istesso effetto. Si prendono de' barbi, pesci schiami, lamprede, anguille, capitoni, ed altro. Il tempo adattato a questo divertimento è la Primavera e l'Està. La fetazione pertanto ha de' suoi discapiti.
Di questo pesce talvolta si fa vendita, ed a giusto prezzo, ma non è che possa soddisfare la popolazione. Viene bensì il pesce di mare da Scavoli, Gaeta, Mola, Sessa e Mondragone, e si vende con assisa degli uffiziali communali. Non sempre ne' tempi estivi perviene il pesce fresco, oppure allora quando viene accagionato dalla pioggia, nel qual caso è poco vendibile, e talvolta nel totale guasto di esso, si butta via.

Pastorizia
Nel circondario di Teano la pastorizia non è che ben scarsa, e deficiente. La medesima è promiscua ed errante senza riconoscere luoghi chiusi, e si esegue tanto ne prati colti, che incolti. La medesima reca del profitto all'agricoltura si per ragion dell'ingrasso, che per la fatiga. Il bestiame ha doppia specie, di armento cioè, e di gregge come cavalli, cavalle, asini, porci, capre, pecore, bovi e vacche. Sono li medesimi indigeni la quantità de' quali non è molta.
Nelle cennate specie d'animali non vi è degenerazione, né migliorazione, ma serbano un certo stabile equilibrio, qualora vengono ben nudriti e custoditi, tranne però delle circostanze particolari che possono avvenire onde van soggetti gli animali sudetti a deteriorare o migliorare. L'ordinario alimento di questa classe di bestiame si ritrae da pascoli campestri tanto nelle pianure che nei luoghi montuosi, e ciò per le staggioni di primavera, està ed autunno, giacché ne' ripari dell'inverno per lo più sono alimentati con de' mezzi di riposte, cioè di paglia, fieno, stoppia, ed altri generi. Per gli animali poi cavallini, ed asinini con della biada, orzo, spaltra, granone, crusca e altro. Pochi sono gli animali mantenuti a cielo scoperto.
Vi sono tanto ne' paesi, e piccoli villaggi, che nelle case rurali, dette masserie delle stalle, e stalloni di fabbriche coverti a tetti, nonché delle pagliaie fornite di legna e vestite di paglia di frumento, o di avena a fasci duplicati e ritorti.
Vi sono puranco delle grotte naturali ne' luoghi montuosi ridotti ad uso di stalle, che dan ricovero a bovi, porci, capre ed asini. Le acque che bevono sono buone in Teano, ed alcuni luoghi del circondario, giacché in certi altri ne' tempi d'inverno sono torbide, e limacciose, e ne' tempi d'està ne scarseggiano, come Pietramelara e sue pertinenze.
Le malattie contaggiose che si veggono assalire un dato genere di bestiame, derivano da certi alimenti che sono di loro natura nocivi come il cercis siliquistratum, Hypericum erispum, il cherofillium ternatum, l'anemone appennin, ortensis e coronaria. L'uso della cicuta, de Lativi e delle parnasie. Talvolta derivano da mal condotta nel farli sortire cioè di buon mattino, onde si danno a pascolare dell'erbe ancora bagnate della notturna brina, che cagionano dolori terribili de visceri digestorj.
Derivano finalmente dal soverchio succidume, o letame corrotto, e riscaldato in quelle stalle troppo anguste e che di raro vengono mondate. Ad oggetto di potere scansare la serie de' mali fisici de' bestiami, per quanto detta la prudenza, sarebbe quella di moltiplicare i prati artificiali, e sfuggire i naturali che abbondano d'erbe spontanee nocive. Giova ancora la mondezza delle stalle e ricoveri e di proibire la sortita degli animali in tempo, che le brine non sono ancora sgombrate, o svaporate da sopra l'erbe da pascolo.
Per l'oggetto della coltura delle campagne sono addetti i bovi per arare i terreni, e per le altre necessarie fatiche si fa pur anche uso de' cavalli, cavalle ed asini, mettendo da bando il travaglio delle braccia de' contadini e campagnuoli.
Sono ben poche le razze delle cavalle e li polledri che nascono da esse non sono di molto preggio. Le medesime adoprate nella trebiatura del fromento non risentono danno, allorchè il travaglio è limitato, e ne siegue il riposo. Muli non ve ne sono nel circondario di Teano, e se da qualche individuo di colonia, o di negoziato si tiene, d'altronde ne ha fatto l'acquisto.

Prodotti della pastorizia
Siccome nel circondario di Teano vi è scarsissima quantità di pecore, ed a piccola società, così non ci è un particolare attenzione, e raffinamento in la lana, e quel minimo prodotto di essa in parte si vende, ed in parte si fila, e se ne compongono de' rustici lavori per la gente povera di campagna.
Il totale prodotto non può precisarsi, non sapendo il numero delle pecore. Il prezzo di essa è di quattro in cinque carlini il rotolo a un di presso. Circa il latte pecorino del circondario per lo più si mischia col latte caprino, e se ne forma del formaggio a piccole pezze, di cui si fa uso fresco, giacchè non riesce di qualità atta a stagionarsi essendo facile al guasto. Ciò nasce da chè oltre la miscela del latte caprino col pecorino non si sa ben manovrare, in conseguenza di che fassi del detto formaggio poco conto.
Il latte poi caprino è salubre agli infermi, che vi sono addetti. Del medesimo il prodotto basta alla popolazione del circondario, ma non se ne fa commercio altrove. Gli animali da macello, tranne i piccioli, come capretti, agnelli, castrati e capre che non mancano, quelli poi che sono grandi, cioè buoi e vacche sono sì pochi che non bastano alla popolazione del circondario, ed i macellaj son costretti farne compra altrove. I cuoj vaccini si vanno a vendere in S. Maria di Capua, e talvolta girano de' compratori di altri circondari che ne fanno acquisto, come altresì delle pelli degl'altri animali. Si vendono pur a costoro il grascio degli omenti per materia di sevo.
Questa parte d'industria non offre che piccioli vantaggi. Il maggior capo d'industria pastorizia di questo circondario è riposto negli animali porcini, che cresce nella ragion diretta de' prodotti di sussistenza, e segnatamente de' cereali, e decresce nell'inversa de' medesimi, come è succeduto in questo anno 1816, per la nota scarsezza, ed avvanzato prezzo de' viveri.

Piccoli animali domestici
L'industria di piccioli animali domestici volatili, come galline, galli, colombi e galli d'India vi è e siegue similmente la ragione de' cereali medesimi circa l'aumento e decremento. Ella è di poca considerazione.

Api
Le arnie, e ricettacoli delle api son formati di legno, e ad arte costrutti, che volgarmente si appellan cupi, e sono quadrati della lunghezza di circa palmi quattro, e della larghezza di circa un palmo, vuoti al di sotto e riposti su di pietra piana, o su d'un mattone, in guisa che vi resti lo spazio di poche linee aperto per lo traffico delle api. Per lo stesso scopo si formano tanti buchi nel mezzo di detta arnia dalla faccia anteriore. Al di sopra dell'arnia medesima vi è la copertura di legno amovibile. Questi ricettacoli alle volte son naturali, ed hanno la figura cilindrica, giacché vengono somministrati da quegli alberi che i contadini recidono, e li trovano vuoti nel centro interiore, e sono all'uopo i migliori. Le dette arnie si pongono in luogo alquanto eminente, battuto da sole, e la facciata d'avanti deve riguardare l'Oriente, o il Mezzogiorno.
La posizione di loro permanenza è da collocarsi nei territori ortalizi o frutteti. Nella primavera e nell'estate le api trovano il loro alimento, che la natura provvida le offre, ma nell'inverno si costuma oltre la piccola provvisione lasciatali di miele nella passata ricolta del medesimo, cuocere della fava e ridurla a modo di pasta inguainata nel miele, ed apprestarla per vitto all'api poco discosto dall'arnia. Per Teano, e villaggi ve ne sono in modica quantità e quelle che si perdono, vengono poi rimpiazzate da nuovi sciami in tempo d'està. Il miele colla cera si ricava una sola volta l'anno ne' principi d'autunno, e non tutto, giacché si deve rimanere almeno il quarto per la vita delle stesse nel sopravegnente inverno, come dietro si è detto. Il prodotto a un di presso, fra il più ed il meno e dedotto ciocchè si può perdere per qualche arnia che ha sofferto discapito, può fissarsi a circa carlini cinque per ciascuna in ogni anno.
Non è possibile, che tal prodotto basti alla popolazione. Del miele adunque che occorre per le speziarie e loro usi, nonché per le botteghe, se ne fa acquisto dall'Apruzzo, la Calabria, ed altrove. Vanno soggette le api a perire ne' gran rigori dell'inverno nelle continuate nevi, o geli, nonché per la mancanza del vitto, e per taluni vermi che si annidano sotto le arnie che si chiamano tignuole.
Contro le ingiurie del tempo non vi han de' ripari. Per la deficienza del vitto vi si provvede alla meglio, e per li vermi, si usa da contadini la diligenza di vistare le arnie, e trovandoli si fan morire schiacciati. Quest'industria nello stato discreto si può tirare avanti nel circondario, ma volendola ulteriormente ampliare non è possibile, giacchè non son abbondanti gli alberi, frutici, ed erbe donde le api vanno a carpire quel grato succo analogo per la produzione del miele. Infatti i frassini, i salici, i frutti estivi, gli olmi, gli aceri, le rose, i vovi non sono in molta copia.
Non lo sono puranche l'erbe odorose, come le rosmarine, le mente, le betoniche, i timi ed altre che all'uopo servir possano. Il costo intanto del miele, fra il più ed il meno, è di circa grana 30 il rotolo, e la cera vergine è di circa grana 36 la libra.

Vermi da seta
Nel circondario di Teano quandunque non molto estesa coltivasi l'industria della seta. Vi hanno all'oggetto de' gelsi, d'onde le tenere foglie ricavansi per cibo de filugelli. I semi di questi si schiudono a piccol calore de' panni riscaldati, e talvolta nel petto delle donne, senza far uso de' forni. Il tempo è quello della primavera, e quello appunto nel quale si vedono i gelsi forniti delle tenere primizie delle fronde, schiusi che sono di giorno in giorno van crescendo, apprestando loro il sopradetto tenero cibo. Il loro progresso, e governo, essendo materia ben nota a ciascuno mi astengo perciò a descriverlo. Giova solo per una digressione confacente ad interessi sanitarj, far presente al Governo, che in questa tenue industria, che per lo più è coltivata dalla povera gente della città si nasconde un potente veleno, atto ad infettare l'aria delle abitazioni, e soggetto a propagarsi per la città medesima.
La povera gente adunque ne i loro abituri schiudono i vermi della seta, che poscia con il loro incremento riempiono quel piccolo locale. Nell'avvanzarsi il calore verso la fine di maggio, e giugno, che detto vermi sono arrivati alla massima grossezza, e cominciano ad infrascarsi per la formazione, ad orditura de bozzoli, ne muoiono gran quantità e si putrefanno, e coll'aggiunta degl'escrementi de' vivi, si sviluppa il nero gas amoniacale atto a render l'aria mal sana. Ivi dunque ammucchiata e ristretta vive un'intera famiglia a segno che tante volte si ammala intieramente, e col favore della calda stagione, comincia a grassare l'endemia. Io ch'esercito la medica professione, ed entro nelle case d'ogni sorta di gente, ho veduto in ogni anno con dolore, un tale periglioso dissesto.
Ho declamato sempre che siffatto ramo d'industria è dannoso dentro l'abitato per l'infezione, che ne risulta dell'aria, ed ho consigliato che si facesse nelle case di campagna, o almeno in quelle che sono meno abitate, e spatiose, e che trovansi esposte alle mura esteriori della città, usando però de mezzi necessarij per estirparne tuttocciò che fa di corruzione, e d'immondezza. Ma ritornando al proposito, è da notarsi che giunti i bozzoli alla loro maturità, e perfezione, si van raccogliendo, ed indi si consegnano alli tiratori della seta, li quali usano li ordigni alla piemontese.
La seta che si ricava nello stato grezzo è di un color gialletto, o di corteccia d'arancio, o bianco più o meno. Questa seta grezza non si manifattura nel circondario, ma da possessori di essa si porta a vendere a mercadanti di seta di Napoli, che la pagano a ragione dell'annata più o meno fertile, e presso a poco da carlini 20 a 24 la libbra. Quest'industria dedotte le spese de gelsi, e delle fatiche, a un di presso calcolate, si può fissare alla ragione del 60 per 100, cosicchè chi spende per esempio ducati dieci, per detta industria ne ricava sedici, ossia ducati sei di più, che risulta di guadagno netto. Volendo la medesima aumentare e spaziare più oltre, mancano i gelsi. Nella posizione presente non è capace di migliorazione, salvochè di raffinamento nel tirarla.
(Fine I parte)

Giampiero Di Marco
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 3 Marzo)

(Archivio D'Amico)

 

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