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Indice Esterina De Rosa
 
 

ITALIANO... Questo sconosciuto!

 

Oramai è risaputo che la lingua italiana è la più complicata tra tutte le lingue conosciute in Europa.
Essa rappresenta appieno l'italianità dell'italiano medio.
Come gli italiani sono creativi, estroversi, coerenti nell'incoerenza, così la loro lingua: inventano una regola ma, siccome non la usano nella parlata abituale, il suo contrario diventa un'eccezione che, a loro dire, la conferma.
Così per esempio “fare” non è prima coniugazione ma seconda perché viene da “facere” oppure “dire” non è terza ma seconda perché viene da “dicere”, poi ancora non sappiamo bene se si dice “diti o dita”, il plurale di ciliegia è, secondo la regola, ciliegie ma contravvenire alla regola scrivendo “ciliege” non è errore, “è piovuto” col tempo è diventato “ha piovuto” ma nessuna maestra ormai lo segna più con la penna rossa.
Però alcune cose sono basilari e bisogna saperle, per questo motivo voglio regalare a puntate una piccola gustosa grammatica in rima per rispolverare almeno le regole fondamentali.

LA GRAMMATICA

La grammatica è una cosa un po' oscura
mi parla chiaro ma non son mai sicura;
da tante regole mi sento oberata
e a volte ingarbuglio la parlata.
La pietra miliare è l'alfabeto
lo memorizzo e lo rendo concreto,
mischio le lettere tutto il giorno
e non me le levo mai di torno.
Sono 21 quelle italiane
le unisco, le avvinghio come liane
a volte le scrivo piccoline,
a volte grandi senza fine.
Le minuscole sono un mito
le uso sempre all'infinito;
le maiuscole le uso soltanto
se do il nome a tutto quanto.
Le metto se scrivo nome e cognome,
o se a qualcuno do un soprannome,
se è un posto o una popolazione,
un titolo, un'opera o un'associazione.
Il nome di un secolo o una solennità
religiosa o civile importanza non ha.
E dopo il punto o le virgolette?
La maiuscola è d'obbligo! Sempre si mette!
Dell'alfabeto non c'è conoscenza
se non capisci la differenza
tra le vocali e le consonanti:
poche le prime, le altre tante!
Le vocali in questione sono ben 5,
uomini o donne, ciascun le distingue;
si chiaman tutte “a, e, i, o, u”
le conosci da sempre: non sono tabù.
Suonano aspre se son di “sapore”
diventan dolci in “nubi“ incolore.
A volte le trovi insieme legate
in dittonghi e trittonghi affratellate.
Ma se le aspre fan comunella,
o la dolce è tonica e con esse favella,
dal loro incontro nasce uno iato
non una sola emissione di fiato!
Le consonanti sono proprio tante,
ad impararle ci vuol più d'un istante;
sono ben 16, son un po' troppe,
qualcuna è dritta, qualcuna è zoppa.
Si chiaman dentali e palatali
sonore, nasali o gutturali
sorde o vibranti, dipende dal tono,
oppure dall' organo che le sprigiona.
Ce n'è una che è strana e muta,
stai sempre attento, è molto astuta,
tra due vicini lei si intromette
e cambia il suono che la sillaba emette.
Da qualche tempo con le italiane
si scorgon tipe di certo un po' strane;
noi ci chiediamo: “Saran forestiere?”
Qualcun ci risponde: “ Sono straniere!”
Arrivate in sordina come le talpe
sono le nostre cugine d'oltralpe;
le trovi in parole di altre parlate
ma ormai per noi non son complicate.
È cosa frequente veder per la via
persone affette da xenofobia;
ma han jeans color kaki presi a Pekino,
e con wafer e yogurt fan lo spuntino.
Questo alfabeto con tutto il contorno
non vedo l'ora di levarlo di torno;
è così pieno zeppo di difficoltà
che la testa mi ciondola di qua e di là.

Esterina De Rosa
(da Il Sidicino - Anno XV 2018 - n. 9 Settembre)