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Teano incontra... Antonio Moresco

 
Foto di Mimmo Feola
 

Si è concluso con un bilancio molto al di là delle aspettative l'incontro letterario del 28 aprile intitolato “L'increato e i suoi satelliti – L'universo narrativo di Antonio Moresco da Clandestinità a L'Addio”. Più di cento persone hanno assistito all'evento organizzato dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Teano e dalla Biblioteca Comunale in collaborazione con l'associazione culturale Un'opportunità per Teano, nella cornice della sala conferenze del Museo Archeologico. Si tratta di numeri non da poco, considerata la fama di scrittore non certamente “pop” da cui è circondato Moresco, autore di romanzi-fiume di inaudita potenza espressiva e innovativa che hanno prodotto una mutazione genetica nella letteratura italiana a cavallo tra gli ultimi scorci del '900 e il nuovo millennio.
Come ha ben detto il prof. Osvaldo Frasari aprendo la sua prolusione critica, si tratta di un autore “da prendere molto sul serio”. Perché si tratta di un autore che si prende sul serio, aggiungiamo noi: negli anni in cui in Italia si era imposta la dittatura strisciante di modelli minimalisti e postmoderni di importazione “atlantica”, mentre si assisteva al fenomeno (da noi ancora allo stato germinale) delle scuole di scrittura creativa che sembravano spingere per un appiattimento della narrazione letteraria sui modelli più svelti e fruibili dell'audiovisivo; con le Lezioni americane di Calvino che avevano preso a dettare legge tra gli scriventi, predicando virtù opinabilissime come sobrietà, leggerezza, brevità; con la società letteraria in genere che, assisa ai bordi delle ceneri ancora fumanti del Comunismo realizzato, smarrita ogni plausibile prospettiva utopica o di alternativa sociale al turbo-capitalismo globale ormai padrone della scena, si era ridotta a concepire i propri prodotti come puri intrattenimenti da salotto… Moresco si comportava fin dai suoi (faticosi) esordi come un salmone che risale eroicamente la corrente contraria del gusto e delle convinzioni imperanti.
Ma egli era tutt'altro che un conservatore: se il suo atteggiamento verso la scrittura (quel prenderla nuovamente “sul serio”, appunto, e considerarla non come un gioco da salotto, ma come una cura per i mali del singolo e della collettività) poteva evocare una risonanza con gli scrittori del passato, del tutto inedite erano le coordinate compositive che egli delineava per sé e per le generazioni future: macro-narrazioni “massimaliste” in cui la propria esperienza autobiografica, così come la cronaca stessa della realtà contingente, venivano trasfigurate quasi in allegoria cosmica; in cui si tornava a parlare di grandi eventi storici, di cataclismi e stravolgimenti, di Dio e del Diavolo, della vita e della morte, delle cose ultime che interessano la nostra coscienza di specie: il tutto, senza più complessi di inferiorità verso le grandi narrazioni del passato, quelle considerate “fondative” della nostra civiltà. Un tentativo di rimescolare le carte, insomma, affrontando la tradizione (le tradizioni) a testa alta e fronte scoperta, cercando nuove strade da battere, nuove “crune”, nuove vie d'uscita. Osando anche l'inosabile, dicendo l'indicibile: con incursioni spericolate nel mondo del marketing pubblicitario, delle istituzioni religiose, della cronaca nera, della teologia, della prostituzione, della pornografia estrema, fino alla catabasi conclusiva nel mondo dei morti (con quei due ultimi romanzi, Gli increati e L'addio, di cui si è discusso abbondantemente durante l'intervista teanese condotta da Marco Palasciano). Un'immaginazione sfrenata, metafisica, posta al servizio di un sentimento vivo e addolorato della realtà storica e antropologica del presente.
Ma sarà solo dopo il 2001, a seguito del trauma dell'attentato alle Torri Gemelle, in piena crisi economica globale e mercè un radicale cambio di sensibilità sia a livello politico che estetico, che le provocazioni di Moresco raccoglieranno a pieno i loro frutti: un'intera generazione di scrittori più giovani, molti dei quali identificabili per comodità nella costellazione narrativa del N.i.e. (“New Italian Epic”, dal titolo dell'omonimo saggio-manifesto pubblicato dal collettivo Wu Ming1 nel 2008), si può dire debitrice in maniera più o meno diretta delle intuizioni dell'autore mantovano. Tra questi, certamente Roberto Saviano, che fino all'età di 25 anni ebbe modo di affinare il suo sguardo partecipando alle riunioni di redazione della rivista Nazione indiana, di cui Moresco era stato tra i fondatori.
Notevole è stata anche l'attività di promotore e di agitatore culturale del nostro, estrinsecatasi appunto nella creazione di due riviste (la citata Nazione Indiana e Il primo amore) e nella fondazione della cosiddetta Repubblica nomade, una comunità di “camminanti” che ha attraversato più volte a piedi l'Italia ed altri Stati europei con precisi intenti simbolici, legati alle istanze politiche e sociali di cui veniva condivisa di volta in volta l'urgenza. Proprio nell'ambito della prima di queste iniziative, denominata Cammina cammina - da Milano a Napoli ricuciamo l'Italia con i nostri passi, Moresco aveva attraversato nel 2011 il territorio teanese giungendo qui da Sessa Aurunca attraverso l'antica Via Adriana.  Chiaro l'intento polemico nei confronti delle spinte separatiste espresse dalla Lega Nord di Maroni, all'epoca ancora saldamente al potere con in pugno alcuni ministeri-chiave.
Non ci stupisce, quindi, che la prima richiesta che Moresco ci abbia rivolto sia stata, appena sceso alla stazione di Teano e prima ancora di scaricare le valigie in albergo, quella di essere accompagnato nei pressi del cippo commemorativo dello Storico Incontro. È cominciata così, da questo abbraccio simbolico con il passato, una giornata che dovremo annoverare in futuro tra le più dense e rappresentative per la vita culturale della nostra piccola comunità.

Emiliano D'Angelo
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 6 Giugno)

Foto di Mimmo Feola