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Educare alla legalità

TRA IL POTERE DEL “C” E RECUPERO DELLA “L”, E' CERTAME TITANICO
ALL'INTERNO DELL'ALFABETO MENTRE LA LEGALITA'RIMANE IN SONNO
 

Il focus del ns. contributo è quello della legalità e lo spunto, come tutti ben sanno, viene da lontano, sia in relazione al tempo che in relazione allo spazio. Viene però anche da vicino, quindi dai ns. giorni e dalla ns. amata terra, con la sua poliedrica e pesante attualità. E se il sonno della ragione genera mostri, forse è il caso di chiedersi: cosa genera il sonno della legalità? La prima risposta che viene spontanea è l'anarchia. E questa, per usare un'immagine biblica, può sfociare nella tristemente nota Torre di Babele o, per tornare ai nostri giorni, può trasformarsi in un apocalittico tsunami umano oltre che politico e sociale… Dunque è il caso di aprire gli occhi e mobilitare le menti e le coscienze per una concreta e urgente presa d'atto d'una realtà che ormai supera continuamente e clamorosamente la fantasia. Ora: a) considerato che, cambiando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia, il che significa che i tre enunciati del titolo sono intercambiabili e ciascuno li può collocare nell'ordine che più gli fa comodo, b) ricordato che la parte centrale vuol essere solo una metafora di un'operazione sottile e complicata qual è quella che Sartre definiva la “militarizzazione della cultura” e che Gianrico Carofiglio, nella “manomissione delle parole”, paragona ad un processo patologico di vera e propria conversione del linguaggio all'ideologia dominante, un processo che si realizza attraverso l'occupazione della lingua… fino a trasformarsi in un cavallo di Troia per un disegno autoritario o per uno strumento di potere con l'obiettivo di ipotecare la storia, quanto meno quella presente (qui ogni riferimento al berlusconismo è scientemente voluto!). E' il caso di aggiungere che più si riduce il numero delle parole, se ne controlla l'uso, se ne orienta il significato, si contrae la gamma di idee e modelli di interpretazione della realtà (fenomeno noto come ipocognizione), più si restringono l'ambito e l'agire della democrazia e, conseguentemente, la coscienza, il rispetto, la pratica della legalità; c) chiarito che ciascuna lettera dell'alfabeto è “bisex”, ossia femminile (come lettera) e maschile (come grafema o segno), sgombriamo subito il campo dagli equivoci con un “absit iniura verbis”, per significare che il “c” del primo enunciato è assolutamente estraneo all'anatomia e, nel nostro caso, sta ad indicare solo la chiave di lettura e/o le coordinate entro cui si colloca il presente contributo, che ha come obiettivo principale e prevalente la Legalità, chiaramente evocata (mai verbo fu più appropriato e necessario, visto lo stato in cui essa versa) dalla sua iniziale che chiude il primo enunciato; entriamo nel merito partendo dai possibili e prevedibili significati dati da chi legge alla terza lettera del ns. alfabeto.
Esclusi quelli “anatomici” o volgari, si parte dalla Costituzione e in questo caso nulla questio: non c'è partita tra Costituzione e Legalità! Allora si passa al “cash” o, se preferite, al Dio denaro, e qui lo scontro è inevitabile, perenne e cruento con la Legalità. Ma già sento folle oceaniche e vocianti: È il Cavaliere! Dobbiamo riconoscere che hanno ragione pure loro…ed anche quelli che pensassero alle Crociate, non importa se per celebrare con lui l'ultima cena o per divinizzarlo sulla croce! Rischiamo di finire in un casino, o, peggio, di ritrovarci in un cesso con la cacca fino al collo! E meno male che c'è il calcio, così, almeno a Napoli, diventano tutti sordi, muti e ciechi nei confronti dei cumuli di monnezza e della camorra! Si potrebbe continuare a lungo con gli esempi, le similitudini e i giochi di parole, ma noi vogliamo rientrare nel cuore dell'argomento in discussione e lo facciamo cancellando contrapposizioni e discordanze fra le due lettere alfabetiche finora poste artificiosamente in competizione tra loro ed assumendole invece come due veicoli riconducibili a sintesi tramite un mediatore troppo spesso trascurato e sottovalutato: l'educazione.
Nel nostro caso è opportuno parlare di “educazione alla legalità”. Senza la prima non ci può essere la seconda, il cui esercizio o la cui pratica, tra l'altro, sono nel contempo mezzo e fine di un processo che si autogiustifica e si autoalimenta. Volendo esemplificare, dobbiamo ritornare alla pluricitata lettera “c”, che in fatto di educazione, scuola e lezione la sa davvero lunga, al punto da richiamare alla nostra memoria le famose “4c” della tazza di caffè, che a loro volta ci aiutano a ricordare quelle ben più importanti della “lezione”, coincidenti con le coordinate innanzi citate, sempre necessarie e preziose per sviluppare efficacemente e rigorosamente una lezione, un discorso, un articolo di stampa, oppure un progetto, un programma, e simili. E' in questa visione, allora, e in questa dimensione semantica che vogliamo adottare e trattare la prima lettera del primo enunciato, assegnando alla seconda il significato di “educazione alla legalità”. Quali sono, intanto, le coordinate della legalità? La prima è il contesto, ossia il destinatario (o i destinatari) del messaggio. In proposito Platone scrive nel Timèo: E' ben diverso parlare degli Dei ai mortali o dei mortali ai mortali! Nel primo caso c'è l'inesperienza e l'impossibilità di verifica, nel secondo caso no. La seconda “c” (coordinata) è il contatto, l'approccio, strettamente legato all'uditorio. L'esempio di cui sopra vale anche qui, dove possiamo aggiungere il riferimento che lo stesso autore fa nel Crizia, all'indulgenza degli ascoltatori (contesto) nei confronti di chi parla. La terza “c”, infine è il concetto o la conclusione (il succo, il risultato). Il passaggio obbligato, a questo punto, è una breve incursione nel virtuoso ma complesso mondo dell'educazione, il cui scopo sta fondamentalmente nella promozione dell'uomo, sia in senso verticale (sviluppo della personalità), sia in senso orizzontale (sviluppo della dimensione sociale). Storicamente si sono susseguiti modelli e teorie diversi, talvolta contraddittori: concezione sociocentrica (prevalente, salvo eccezioni, fino al secolo XVIII); concezione egocentrica e/o individualistica, ai confini con l'anarchismo che, con Lev Tolstoi, nella scuola di Jasnaia Poiana (1869), solo in assenza di qualunque autorità consente all'individuo di raggiungere l'autodominio; concezione contemporanea, finalizzata ad uno sviluppo libero, armonico e globale dell'uomo.
Naturalmente il processo educativo è lungo (e permanente); esso viene da lontano: praticamente nasce nella famiglia, anzi, ancora prima, nel grembo materno. Contemporaneamente e parallelamente intervengono e interagiscono, non sempre sinergicamente, altri soggetti o agenzie educative (vicinato, parrocchia, quartiere, associazioni…). Ed ecco l'ingresso nel magico mondo della scuola ed i primo epidermici approcci con la nostra Costituzione Repubblicana, attraverso l'educazione morale e civile dei programmi didattici del 1955, l'Educazione alla convivenza democratica e gli studi sociali (Prog. did. del 1985); alla scuola media inf. Il nostro percorso prosegue con l'Educazione civica; nella scuola media sup. il processo di formazione viene accompagnato e approfondito dal docente di storia e filosofia o da quello di diritto; all'Università, ovviamente, si deve parlare di “autoformazione”. Sotto il profilo normativo, gioverà forse sapere che il problema di “educare alla legalità” è stato sollevato ufficialmente dall'allora ministero della P.I. con circolare n. 302 del 1993. Ci piace aggiungere che l'ONU ha dedicato all'educazione ai diritti umani il decennio 1995/2004; che a cavallo dell'anno 2000 in Terra di Lavoro c'è stata l'apertura di una cattedra universitaria di educazione alla legalità, a Casal di Principe! Ma occorre precisare che, sul terreno della legalità, i primi passi sono stati fatti dalla Chiesa; vedi documento della commissione “Giustizia e Pace” della CEI, recante il titolo “educare alla legalità” risalente al 1991; e, ancor prima, c'è stata una lettera collettiva dei vescovi italiani, quella del 2.2.1954, dove si legge che è necessario riaffermare ”il rispetto della legittima autorità dello Stato e l'osservanza delle giuste leggi, premessa indispensabile perché regni l'ordine nella vita intera dei popoli”. Da quanto fin qui esposto, discende una conclusione lapalissiana: la marcia per il recupero della legalità coincide con un percorso che, in costanza di sviluppo, interagisce sino a identificarsi con il processo educativo dell'individuo che, occorre ribadire, nasce nel grembo materno, per crescere nel corso dell'esistenza con il concorso intenzionale e/o casuale di numerosi operatori e agenzie, i più importanti dei quali restano famiglia, scuola e società.
Dopodichè, forse è il caso di chiedersi: ma che cos'è esattamente la legalità? Semanticamente si presenta come sinonimo di “legittimità” o, anche, di “conformità alle prescrizioni di legge”. Per Goethe legalità = libertà e noi siamo pienamente d'accordo, considerato che la seconda, a sua volta, fa il paio con “responsabilità”, che rinvia al dovere, notoriamente intrecciato col diritto e a questo proposito ci conforta Mazzini, che nel suo famoso scritto sui “doveri dell'uomo”, asseriva: “…ogni vostro diritto non può essere frutto che di un dovere compìto”. Ci soccorre altresì la scrittrice francese Simone Weil, che nella prima metà del secolo scorso precisava: “…un uomo, considerato per se stesso, ha solo doveri… gli altri, considerati dal suo punto di vista, hanno solo dei diritti. A sua volta egli ha dei diritti quando è considerato dal punto di vista degli altri, che si riconoscono degli obblighi verso di lui”. Come si fa, a questo punto, considerata pure l'amara realtà “migratoria” di queste settimane, a non fare nostro il motto rivoluzionario francese sostituendo alla fraternitè la legalitè? Ma torniamo al nostro assunto per ribadire anche che la legalità va intesa pure come riconoscimento del valore della Legge e quindi come cultura dei valori umani, civili, sociali, politici, etici e religiosi. Ci piace concludere con le parole di Cosimo Laneve (doc. Univ. di Bari), secondo cui “soltanto una testimonianza concreta del vero senso della legalità può dare un contributo per educare alla legalità…occorre che ciascuno avverta il senso del suo porsi come modello di comportamento legale e riconosca la forza del contagio”.

Nello Boragine
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 5 Maggio)