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Le bande sidicine (II parte)

 
 

Un personaggio indimenticabile e patetico era “Mastupeppe 'armiere" (al secolo Giuseppe Feola), un arzillo vecchietto suonatore di cornetta: la sera, veleggiando tra le volute di un sigaro sempre attivo ed i vapori dell'alcol che talvolta trasudavano persino dalla campana dello strumento, usava questo ultimo per piangere, anziché suonare!
Sono ancora tanti i musicanti sidicini impressi nei miei occhi, nella memoria e soprattutto nel mio cuore, anche perché (è arrivato il momento della confessione...) io ero il portaordini ufficiale della Banda Rossa, mobilitato a vista (talvolta con l'accompagnamento di ceffoni e pedate che finivano per trasformarmi in una sorta di novello messaggero alato come Mercurio...) da mio padre, che negli ultimi anni era diventato il responsabile organizzativo, per la convocazione dei colleghi.
Quante volte mi è toccato andare fino a Casafredda naturalmente a piedi per dire, ad esempio, al bombardino (al suonatore di bombardino) Pasquale Feroce, devoto sacerdote di Bacco: "Mastu Pascà, ha ritto papà, rimane ammatina ce verimme a e cinq e mmeze for a' funtana; purtateve a mmerenna; è na' prucessione, a Visciano,se va a 'ppere..."
Al primogenito e suo omonimo ha trasmesso sia la fede in Bacco sia (ma solo in sedicesimo) quella nel pentagramma (trombone d'armonia). Mastro Pasquale è passato alla storia bandistica o, se preferite, all'aneddotica bandistica teanese per via delle sue note libagioni serali che appesantivano a tal punto il serbatoio da bloccare le ruote, e così il nostro finiva per interrompere il pellegrinaggio domestico e rifugiarsi in un anfratto, alternando oniricamente visioni bacchiche e variazioni baritonali sul tema... in attesa del nuovo giorno.
E la famiglia, conoscendo il soggetto, si limitava ad aspettarne il rientro.
Della cosiddetta “piccola banda”, ossia della batteria o delle percussioni (grancassa, tamburo e piatti) entrò a far parte negli ultimi anni uno sfollato dell'interland napoletano, tale "on Pietro a' serenga". suonatore di tamburo, il quale alternava un quartino di quello rosso, offertogli dal malcapitato paziente di tumo, con una iniezione intramuscolo mediante siringa non sempre sterilizzata a dovere; il tutto ritmato dalla solita cantilena: chi beve birra campa cent'anni, ma chi beve vino non muore mai!
Conoscevo le attività, le abitudini ed i ritrovi di tutti e di ciascuno e quando li cercavo di pomeriggio sapevo bene presso quali chiese (osterie) recarmi per trovarli a colpo sicuro.
Qualcun altro, invece, lo trovavo sempre sul posto di lavoro, come l'indimenticabile Ferdinando De Ruosi, bidello della Scuola Elementare sul Loggione; suonava il clarinetto, malgrado fosse privo dell'anulare destro (in seguito ho conosciuto un teramano che, privo dell'indice destro, suonava divinamente il flicorno contralto). ll suo collega di lavoro, Lucio Salvi, suonava invece il trombone d'armonia.
Un'altra figura degna di ammirazione e di simpatia era quella di un altro organista, Paolo Parente, che. sebbene portatore di moncherino al braccio sinistro. suonava molto bene il corno in Mi bemolle. La sua passione per la musica è passata ai fratelli Gerardo, Gino, Gabriele (che attualmente si occupa di
zampogne) e, soprattutto, al figlio Gaetano, che si fa onore come pianista e maestro di coro, tenendo alta la bandiera al pari di altri suoi colleghi, come L. Pompa e l'infaticabile Don Tommaso Nacca, parroco della Cattedrale e Direttore della Corale Diocesana.
Prima di chiudere questa lunga ed originale carrellata non posso trascurare un suonatore di sax contralto del quale ci siamo già occupati in passato a proposito di soprannomi, Giuseppe Parolisi, detto “Peppone” o “Peppino u' cacciutto".
L'ultima citazione è una perla, e riguarda il compianto e mai troppo stimato maestro Vincenzo Napoletano, che gestiva nel tempo libero una merceria in Piazza della Vittoria; è stato un ottimo suonatore di clarinetto e di sax tenore, nonché un bravo direttore di banda.
Onore e gratitudine a quelli che ho ricordato e a quelli che, involontariamente o per ragioni di spazio, non ho nominato (Filippetto Salmè, Antonio e Cosimo Feola, Pasqualino Ruzzo, Antonio De Simone...)
A tutti indistintamente, compresi i giovani talenti emergenti (come il Prof. Rigliari e i fratelli Cataldo) il commosso ringraziamento e l'augurio ad maiora di tutti i Sidicini, me compreso.

Nello Boragine
(da Il Sidicino - Anno III 2006 - n. 2 Febbraio)

Foto ricordo negli anni intorno alla seconda guerra mondiale. Giuseppe Feola, Pasquale Chiacchio, Paride Fascitiello, Gerardo Criscuolo, Ferdinando Ruozzo, Serafino De Marco, Francesco Fascio, Paolo Parente, Giuseppe Parolisi, Luigi Fascio, Filippo Salmé, Salvatore Corso, Raffaele Chiacchio.