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Indice Mario Biscotti
 
 

Italiani nella guerra di secessione americana

 
La Legione borbonica combattente nelle file dell'esercito sudista confederato e i garibaldini nell'esercito unionista del nord
 

Non si parla mai dei 684 volontari della “Brigata Borbonica” che, dopo la caduta del Regno delle Due Sicilie, decisero di emigrare in America e di combattere al fianco delle truppe del Presidente Jefferson Davis, primo Presidente degli Stati Confederati d'America. Uomini del Sud che con altri uomini di un altro Sud presero parte a molte importanti battaglie della Guerra Civile Americana e offrendo un alto tributo di sangue e coprendosi di gloria.
Anche tra le file dei reparti unionisti militarono diverse centinaia di volontari provenienti dalla penisola, molti di fede mazziniana e repubblicana, attratti dalla figura e dagli ideali del presidente Abraham Lincoln. A decorrere dal 28 maggio 1861, i quasi mille volontari italiani “nordisti” furono inquadrati nell'Italian Legion e nella Garibaldi Guards, combattendo per la causa delle “giacche blu”.
Dopo la battaglia del Volturno, 1° ottobre 1860, che determinò il tracollo dell'esercito di Francesco II di Borbone, circa 1.800 tra Ufficiali, Sottufficiali e soldati dell'ex esercito borbonico, non disposti all'integrazione nel costituendo esercito nazionale, si imbarcarono, grazie all'interessamento del console americano a Napoli, Joseph Chandler e nonostante le vivaci proteste di Cavour (che avrebbe preferito internarli o deportarli!), su sette navi (Charles & Jane, Utile, Olyphant, Franklin, Washington, Elisabetta e Monroe) dirette a New Orleans, ove giunsero nel gennaio del 1961.
I Confederati accolsero a braccia aperta gli esuli borbonici, uomini d'arme bene addestrati. Nacquero così il battaglione dell'Italian Guards e la Garibaldi Legion (dal nome del comandante ligure Gian Battista Garibaldi, nato a Lavagna nel 1831 e morto nel 1914) soldato che in virtù del suo inusuale ardimento venne seppellito a Lexington accanto al “suo” generale Lee.
A partire dalla primavera del 1861, altri esuli borbonici andarono ad ingrossare alla spicciolata svariati reparti confederati che, successivamente, vennero incrementati da altri elementi borbonici giunti nel frattempo dall'Italia grazie, questa volta, ad un ripensamento del Cavour che a causa gli elevati costi per il mantenimento dei prigionieri delle Due Sicilie (migliaia di irriducibili che, essendosi rifiutati di prestare giuramento ai Savoia, erano stati rinchiusi nei campi di concentramento dell'Italia del Nord, come la tristemente famosa fortezza di Fenestrelle, dove tantissimi meridionali morirono di stenti, tra i quali è doveroso ricordare il nostro concittadino Palmieri Biagio, di anni 23, morto il 5 febbraio 1862), permettendo ai reclusi borbonici di espatriare nelle Americhe.
Tra il 1861 ed il 1864, le Unità Borboniche confluirono, assieme ad altri gruppi non italiani, nel Sesto Reggimento “European Brigade” mantenendo tuttavia una propria bandiera e partecipando, come si è detto, a numerosi episodi bellici. Il 15 settembre 1862, ad Harpers Ferry, i borbonici in giacca grigia, ebbero l'occasione per venire alle mani con i volontari unionisti italiani, sconfiggendoli piuttosto agevolmente. L'epilogo di questa guerra è noto. Tuttavia sono meritevoli di riflessione i fatti d'arma accaduti a conclusione della guerra.
Alle ore 15,45 di domenica 9 aprile 1865 ad Appomattox, in Virginia, il Generale Lee firma la capitolazione. Il Commiato della sua intrepida Armata della Virginia settentrionale ha gli stessi accenti strazianti di quello di Francesco II dagli eroici difensori di Gaeta. Come nelle Due Sicilie, gli invasori non si accontentarono della vittoria, ma proseguirono, negli anni a venire, nella politica di rapina e di asservimento coloniale dei vinti. Come la pace “cartaginese” dei trafficanti e degli usurai; gente che non ha rispetto, né pietà.
Terminata la guerra, molti dei nominativi dei volontari borbonici andarono perduti, giacché il 20 maggio 1865, il generale Kirgy Smith, decretò lo scioglimento di tutti i reparti, compresi quelli in cui militavano i nostri connazionali. Non soltanto, egli fece anche bruciare tutti i fogli di leva per evitare che cadessero in mano nordista. Non a caso, negli atti ufficiali di resa del 26 maggio non viene fatta alcuna menzione circa i disciolti Reggimenti e Battaglioni. Fortunatamente, a ricostruire l'archivio e a ridare un nome, soprattutto ai tanti caduti ignoti meridionali che indossarono la giacca grigia, ci pensò, nel 1920, lo storico Andrei B. Booth che, a termine di un lungo e difficile lavoro, ricostruì l'organico, e le gesta della “Legione Borbonica”.

Mario Biscotti
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 4 Aprile)