L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Mario Biscotti
 
 

17 marzo 1861 - La proclamazione del Regno d'Italia

 

Con l'espugnazione di Gaeta (febbraio 1861) l'Italia meridionale era completamente liberata. Il 18 febbraio si riuniva a Torino il primo Parlamento italiano che aveva all'Ordine del Giorno la proclamazione del Regno d'Italia ed il nuovo titolo del Re Vittorio Emanuele II. Il 26 febbraio 1861 il Senato Italiano approvava con 129 voti, contro 2 la mozione che conferiva a Vittorio Emanuele II ed ai suoi discendenti il titolo di Re d'Italia, costituendo così lo Stato unitario italiano. La Legge sarà approvata per acclamazione della Camera il 14 marzo 1861 e promulgata, finalmente, il 17 marzo 1861 con Legge n.4671. Il 23 marzo 1861 è costituito il primo governo italiano presieduto da Cavour, il quale morirà improvvisamente il 6 giugno 1861, e viene incaricato di formare il nuovo governo il barone toscano Bettino Ricasoli.
In pochi anni l'Italia era stata fatta! Quanta strada percorsa dalla “fatal Novara!”, Mazzini l'apostolo, l'educatore della coscienza nazionale, Garibaldi il condottiero geniale e intrepido, Cavour il “tessitore” infaticabile, avevano lavorato per vie e con metodi diversi, ma per un identico fine, al di sopra di tutti, un Re, che con fede incrollabile nella santità della causa, aveva saputo armonizzare gli sforzi dei grandi artefici dell'Unità e dominarli col prestigio e col fascino della sua rettitudine e della sua genialità. Con la proclamazione del Regno venne fatta una solenne affermazione di fede nel ritorno di Roma all'Italia: il 25 marzo il Cavour in un memorabile discorso dichiarò che “non poteva concepire l'Italia costituita in unità senza che Roma fosse la sua capitale”.
Il desiderio ardente di rendere finalmente una e libera l'Italia si manifestò nella prima metà del 1800 in mille modi; pur consapevoli di andare a finire nello squallore di un carcere o sul patibolo, schiere di audaci si adoperarono per sollecitare il grande evento.
Al compimento della grandiosa opera dell'unità e indipendenza d'Italia concorsero non tanto congiure, insurrezioni, martirii, eroismi, quanto la letteratura, che per circa un cinquantennio parve tutta intesa a collaborare alla grande causa.
Scrittori, romanzieri, novellieri, poeti, tutti parvero come obbedire ad una parola d'ordine: combattere la grande battaglia.
Nessun'altra nazione può vantare nella sua storia un superamento epico durante il quale un popolo si solleva e in mezzo ad una tempesta di fuoco si scaglia contro i suoi oppressori, deciso una buona volta a farla finita con l'odioso secolare dominio straniero.
La Camera dei deputati, in occasione del 50° anniversario della proclamazione del Regno d'Italia, nel 1911 onorò l'avvenimento con la pubblicazione di una grandissima opera, di grande entità, la pubblicazione in 15 volumi dei verbali delle “Assemblee del Risorgimento”. Essa è servita agli studiosi per analizzare il modo con cui negli Stati preunitari si tentava di ostacolare e all'opposto si costruiva fino alla risoluzione dell'Unità Nazionale.
Parliamo di documentazione ufficiale, dei discorsi pronunciati in pubblico, di una fonte unica, perché autentica “voce che giunge dal passato”. I mille e mille interventi riportati sono molto spesso di sconosciuti e più raramente di uomini destinati a rimanere non soltanto tra gli interpreti ma anche tra i protagonisti della vita unitaria. Basti un nome per tutti: Marco Minghetti, futuro ministro dell'Interno e presidente del Consiglio nell'Italia liberale, tra il marzo ed il maggio 1848 ministro dei Lavori Pubblici nello Stato Pontificio. Oggi nei primi giorni del 2011 lo scenario appare fiacco e limitato ad iniziative a volte superficiali. Un sostegno in termini di chiarezza importante ci è giunto dalla Chiesa che, attraverso il cardinale Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale, ha espresso un duplice auspicio, che “l'unità d'Italia sia un tesoro nel cuore di tutti” e che la ricorrenza sia resa “una felice occasione per un nuovo innamoramento del nostro essere Italiani”.
Eminenza, grazie per il Suo augurio, noi figli del risorgimento sosteniamo che l'innamoramento c'è, il sentimento di libertà ed unità nazionale anche e che l'ardore di ieri è ancora oggi vivo nel popolo italiano: ora è cenere, ma risorgerà come l'Araba fenice!
Viva l'Italia, viva il Risorgimento!

Mario Biscotti
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 2 Febbraio)