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Lo strano connubio "Sant'Antonio Abate - porco"

 
Teano - Chiesa di S. Antonio Abate - La statua di S. Antonio Abate
(foto di Mimmo Feola)
 

Che sant'Antonio Abate, il grande vegliardo egiziano del III sec. d. c., eremita poi Abate, considerato il fondatore del monachesimo, non fosse rappresentato con il maiale ai piedi lo si può desumere dalle prime icone, del Santo, pervenuteci. Quando avverrà questo accostamento del porco all'immagine del santo non è facile attestarlo con margini di attendibilità, ma fu certamente un retaggio di antichi riti propiziatori pagani, come tantissimi altri, poi, opportunamente cristianizzati dalla Chiesa.
A tal proposito possiamo affermare, con l'ausilio delle carte, che la Chiesa dovette faticare non poco, ed il disagio degli autori cattolici fu fin troppo evidente nel tentare di conciliare l'abbinamento iconografico e liturgico fra il santo e tale animale, considerato proprio dai cristiani immondo, lo stesso S. Agostino dedicò all'argomento molta attenzione nei suoi sermoni.
Nelle stesse tavole di fondazione del cristianesimo viene posta l'identificazione fra porco e demonio: Gesù trasferisce i demoni dal corpo dell'esorcizzato in quello dei maiali, i quali precipiteranno nell'abisso, secondo le fonti sinottiche di Matteo, Marco e Luca. Ancora, se si dà uno sguardo alla simbologia del trattato medioevale del bestiario, il porco venne anche a rappresentare i peccatori carnali, gli eretici, gli immondi.
Fatto sta che fin dall'alto Medio Evo troviamo miriadi di testimonianze che ci rivelano l'affidamento del maiale a sant'Antonio Abate, di tale connubio ne troviamo anche una illustre testimonianza nella stessa Divina Commedia di Dante (Paradiso, XXIX, 124).
Così si assiste alla contraddizione che l'asceta severo che rifugge dal mondo era stato trasformato in un rustico patrono delle plebi contadine e del loro animale, certo più prezioso.
Ma qualcosa era avvenuto nella storia europea che scioglie almeno in parte l'accanimento di tanta devozione per il maiale: nell'economia medioevale contadina, il maiale ebbe un rilievo notevole come fonte alimentare di sostentamento, anche perché veniva liberamente allevato e ingrassato non solo con i pastoni, ma largamente con le ghiande disponibili in grandi quantità nei boschi che allora circondavano, in tutta Europa, i villaggi; tanto che troviamo, negli inventari fondiari, parti della foresta così valutate “foresta adatta a tanti maiali “.
Sant'Antonio Abate ed i monaci Antoniani, finiranno per diventare i protettori di questo mondo contadino, con un ritorno di grande abbondanza per gli stessi religiosi, a cui il popolo si affiderà per avere garanzie soprannaturali sulla salute dei loro animali, attraverso invocazioni e preghiere anche molto particolari (questa che riportiamo di seguito è del XII sec.): “Nel nome del Signore, questi porci che sono stati contati, S. Giovanni li guardi, San Martino li alimenti, amen, S. Biagio li corregga, e S. Antonio li protegga, amen; da ogni male , amen, alan talabin fugan saladdiel, da ogni male: È stata esaudita la tua preghiera”. Accanto allo schema della benedizione liturgica, come si può vedere, appaiono termini potenti di origine magica e cabalistica.
Col passare dei secoli, anche quando l'abbondanza delle ghiande comincerà a venir meno, troviamo i porci vagare liberi per i villaggi e persino nelle stesse città, alimentandosi dove e come potevano; e spesso essi, sparsi per ogni dove, erano causa di gravi incidenti per gli abitanti. Le cronache ci raccontano che nello svolgimento di un Palio in Siena, una scrofa imbestialita ed alla ricerca dei propri piccoli s'infilò nel bel mezzo della gara buttando a gambe all'aria cavalli e spettatori. Infine, ovviamente, non potettero essere sottaciuti i gravi problemi di igiene cui si andava incontro e di conseguenza i pericoli per la salute.
Così i re e le istituzioni cominceranno a mettere in campo ricorrenti provvedimenti, anche se con scarsi risultati, che vietassero l'allevamento dei maiali in libertà, pena il sequestro degli stessi animali, fatta, ovviamente, rigorosa eccezione per i porci che appartenevano ai religiosi di sant'Antonio.
L'eco di queste usanze ha attraversato i secoli ed è pervenuto fino a noi, tanto che in molti paesi d'Italia ancora oggi, non è rara l'usanza di ingrassare un porco liberamente per il paese da offrire poi a sant' Antonio Abate.
Nella stessa Teano, dove c'è una chiesa dedicata a Sant'Antuono Abate (in Campania sant'Antonio si trasforma in sant'Antuono), i più anziani ricordano che era usanza lasciare “'U puorc e sant'Antuon” girare per il paese ad ingrassare, poi nella festa del Santo il 17 gennaio veniva fatta “l'arriffa” dell'animale. La chiesa di sant'Antuono a Teano pare risalga al XII sec. e si ha notizia che fino al XVII sec. la struttura fosse occupata dai monaci e da un Abate.
Nell'Archivio Diocesano di Teano, nel corso di alcune recenti ricerche, mi sono imbattuto in un contenzioso, di cui si occupava la Congregazione Romana, fra il Vescovo di Teano e l'Abate di sant'Antonio, ed il 30 aprile del 1678 leggiamo che tale Congregazione si pronunzierà in favore dell'Abate di sant'Antonio. In breve, era successo che: il vescovo in occasione della visita ad limina, aveva sollevato delle lagnanze nei confronti del potente Abate e dei suoi monaci, perché “l'Abate di S. Antonio incaricava alcuni commissari, i quali ispezionando le diocesi, pretendevano appartenere a S. Antonio – e, come tali, li sequestravano tutti li animali che portavano una campanella appesa al collo o che avevano le orecchie o la coda tagliate”. La Congregazione Romana riconosce tale diritto a favore dei monaci Antoniani, fondato oltre che sulle numerose bolle papali emanate durante i secoli, anche su un privilegio di Carlo V d'Asburgo concesso nel Regno delle Due Sicilie, sempre in favore dei religiosi di sant'Antonio.
Ma perché la tradizione popolare volle fare l'accostamento di questo animale proprio con sant'Antonio Abate? Gli autori della letteratura popolare e le cronache in generale non fanno luce sulla questione. Riportiamo una delle innumerevoli giustificazioni della Chiesa, anche se non esaustiva, con la quale si cerca di venirne a capo. Questo animale immagine di fornicazione e del peccato si trova, simbolicamente, proprio ai piedi di quel Santo che, attraverso l'ascesi, aveva superato così vittoriosamente le tentazioni del diavolo.
Vi sono moltissimi altri tentativi, colti ed eruditi, di conciliare questo strano abbinamento iconografico e liturgico fra il porco e sant'Antonio, da parte dei padri della Chiesa.
Ma verrebbe da obbiettare: che l'immenso mondo contadino - vissuto in capanne di paglia dove, per tutto il Medio Evo e possiamo dire fino alle soglie dell'Età Contemporanea, non si discostava tanto dagli animali che allevava - cosa mai ne sapesse delle colte congetture teologiche e liturgiche di chi era intento a far quadrare il “Canone” per impiantare il proprio potere nei secoli dei secoli a venire???

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno XV 2018 - n. 9 Settembre)

 
Teano - Chiesa di S. Antonio Abate - Interno
(foto di Mimmo Feola)