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Quello che non sappiamo su Monte Lucno

 
Foto di Mimmo Feola
 

Sappiamo che il diruto Monastero di Monte Lucno, venne edificato nell’alto Medioevo su ruderi romani, come spesso successe a cominciare dal periodo paleocristiano.
 Sappiamo che come prima dimora, prima di ritirarsi nel convento benedettino in Teano dopo la distruzione di Monte Cassino nell’884, i frati dell’importante Abbazia scelsero proprio il monastero di Monte Lucno.
 Apprendiamo ancora, da documentazione longobarda che il Monastero in quel tempo fu adibito a Xenodochio (accoglienza di pellegrini/cura di malati).
 Sappiamo ancora che il luogo nel XVI secolo fu rifondato da parte dell’ordine dei Servi di Maria, ed è in questo periodo che, in riferimento alla Chiesa del Monastero, ci imbattiamo in S. Maria di Costantinopoli. Conosciamo dalle cronache della terribile peste del 1656 che il Convento, rimasto spopolato, fu abbandonato. Venne poi ripristinato agli inizi del 1700, per poi essere definitivamente soppresso con le leggi di eversione della feudalità del 1806 da parte dei Francesi. .
 Ciò premesso, ci sia consentito considerare quanto spesso ci sfuggono altrettanti fatti storici tramandati per secoli dalla memoria popolare, attraverso canzoni, filastrocche, serenate o, come nel nostro caso, preghiere.
 Riportiamo qui, in riferimento a Monte Lucno, una preghiera che ancora oggi si giacula seguendo la statua della Madonna di Costantinopoli su per il monte e di cui pochi, o forse nessuno, conosce la portata storica delle reminiscenze contenute in essa.

Maria la Verginella
E ra Custantinopoli partì ‘na gran Signora,
Maria la verginella, Rifugium Peccatorum.
A Gaeta apprurau cu na cascia re cristallu,
e cu dui muoneci pe cumpagni.
La messa fui disposta, ru populu ce currea,
ce currea ma senza fede, ca Maria se n’andò.
Se n’andò sola soletta ‘ncoppa a ‘na muntagnella,
comma ‘na verginella si mise ad abità.
Ra chella muntagnella ascia ‘na fiammella,
Maria re Custantinopoli ce la facea stutà.
E se scpannea la ‘oce pe tutte le città,
“Maria re Custantinopuli che belle ‘razie fa”.

Una delle reminiscenze storiche che si scorgono nella preghiera, la possiamo agevolmente cogliere in quel: E ra Custantinopuli partì ‘na gran signora … a Gaeta fui scbarcata …. Come si sa presso l’Impero Bizantino si susseguirono cruente lotte iconoclastiche, spesso venivano emanati editti con i quali si ordinava la distruzione di tutte le immagini sacre in tutte le province dell’Impero. Così molti monaci, per sfuggire alle persecuzioni, si rifugiarono nel meridione d’Italia ove continuarono a professare la loro religione con le loro icone: a Gaeta apprurau cu ‘na cascia re cristallu e cu dui muoneci pe cumpagni. Va ricordato (solo di passaggio) che in Occidente quasi per due secoli la cristianità non conoscerà icone della Madre di Gesù e saranno proprio questi monaci venuti dall’Oriente ad introdurne le raffigurazioni.
Tale esodo, ovviamente, s’intensificò con la definitiva distruzione, da parte dei Turchi, di Costantinopoli e dell’Impero Bizantino nel 1453 con tutto ciò che tale millenaria istituzione aveva rappresentato per il mondo cristiano.
 Che le contrade dell’Italia meridionale fossero state influenzate da questi esodi greco-orientali e dalle antichissime raffigurazioni della Vergine di cui i monaci orientali ne erano gelosi ed orgogliosi depositari (pare che i monaci Basiliani avessero questo privilegio), ce lo testimoniano le numerose icone della stessa Vergine che si trovano nelle nostre Chiese.
 Così non bisogna andare molto lontano per scoprire che a Marzano Appio vi è una Cappella di Maria SS. Di Costantinopoli in una località che porta proprio il nome di “Costantinopoli”. O che ancora a Marzano Appio in località Tuoro Casale vi è una piccola ed antichissima Cappella ove al suo interno si può ammirare uno stupendo affresco di Santa Maria di Costantinopoli. Ancora, da un apprezzo della città di Teano, fatto per la Reggia Corte di Napoli nel 1738, leggiamo: “ … e ritornando fuori la porta della Rua a sinistra uscendo si trova la Cappella di S. Maria di Costantinopoli”.
E che tali icone avessero influenzato anche la nostra comunità, la Madonna di Costantinopoli in Monte Lucno e della venerazione (ancora oggi) di molto popolo nei suoi confronti ne sono una evidente testimonianza. V’è da aggiungere che non lontano da Monte Lucno, a Borgonuovo in un’antichissima Cappella, che preesisteva all’attuale Chiesa, con tutta probabilità si venerava un’antichissima icona orientale, come argomentato in un lavoro del sottoscritto di prossima pubblicazione.
Dalla preghiera, ricca di spunti, possiamo ancora cogliere una reminiscenza con radici evidentemente lontanissime: “Ra chella muntagnella ascea na fiammella/Maria re Custantinopoli ce la facea stutà.” Noi sappiamo che la città turrita in fiamme rappresentata ai piedi della Madonna di Monte Lucno, come vuole la tradizione popolare, non abbia quale significato lo spegnimento del vulcano dell’omonimo monte, in quanto, ovviamente, nell’era cristiana il vulcano era già spento. Come molte altre rappresentazioni della stessa Madonna, la città in fiamme rappresenta la distruzione di Costantinopoli e più in generale un attacco saraceno.
Adesso, che la fantasia popolare attraverso i secoli riavvicini avvenimenti storici incommensurabilmente così lontani non ha molta importanza. Ciò che ci sorprende e ci affascina è scoprire quanto gli echi di queste reminiscenze ci giungano da avvenimenti di cui se ne può trovare storicamente traccia.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno XIV 2017 - n. 6 Giugno)