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Canzoni e filastrocche in vernacolo

 

L'appuntamento

Ninnella mia me ricette 'sera
Che 'nnanzi notte passava ra 'cca
Se fattu notte e nun se nere menì
Stu core mo' nun za ch'adda penzà
Vecu  'na pampanella ruculià
Sarà ru segnu che starà a menì

I sei versi rappresentano benissimo il pathos dell'attesa di questo innamorato per l'appuntamento datogli dalla giovane. Notare come la “Ninnella” non dà un esplicito appuntamento, inopportuno per quei tempi. Ma dice che “ 'nnanzi notte passava ra 'cca”, prima della notte fonda sarebbe passata per il luogo indicato, come per andare a fare qualche commissione, non certo di proposito.
Ma la ragazza tarda “nun se vere menì”, l'ansia cresce ed il cuore del poveretto “ nun sape ch'adda pensà” Scruta meglio, s'illude, e nel buio degli  ombrosi anfratti gli sembra di vedere dei pampini muoversi. E sarà di sicuro  “ru segnu che sta a menì”.
Non importa molto se poi l'innamorata sia o non sia andata al convegno, l'oggetto della sestina è l'ansia dell'attesa che nulla può  tenere a bada se non la presenza stessa di chi si aspetta.

Ietti all'infernu

Ietti all'infernu e me riceru canta
Nun putietti cantà pe ru tremente
Ce stea na ninna bella tantu
Ce cumbattea cu lu fuocu ardente
I gliel'addimmannai: “lu comme e quannu”
“Aggiu fattu l'amore e me ne pentu”.

Dunque: scesi all'inferno e m'intimarono di cantare. Ma io non potetti farlo perché troppo preso nel guardare una “ninna “ che era tanto bella e che si dimenava  in un fuoco ardente. Toccato e incuriosito gli domandai perché stesse lì (lu come e quannu): “Aggiu fattu l'amore e me ne pentu” mi rispose.
Altre versioni sostituiscono il “me ne pentu” col “nun me ne pentu”. Certamente quest'ultimo testo sarebbe più coerente con tutto il contesto e sicuramente più poetico. Soprattutto se consideriamo quell'illuminante “cumbattea cu lu fuocu ardente”, dunque ci par di capire che non si era assuefatta al pentimento.
Siamo sicuri che al gentile lettore non gli sarà sfuggito di venirgli in mente “Paolo e Francesca” di dantesca reminescenza. E non sarebbe la prima volta che ritroviamo in trasposizioni popolari, personaggi e fatti sia storici che letterari cantati in antichissimo vernacolo. Già in passato e su questo stesso giornale abbiamo avuto modo di parlarne (vedi il Sidicino anno IV N° 2 febbraio 2007)), ove in alcune Cantilene, come protagonisti, si potevano chiaramente scorgere: Pipino il Breve e Federico II.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 8 Agosto)

 
Mosè Bianchi - «Paolo e Francesca», 1877