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I balestrucci nel nostro contado

 

Ogni primavera nel nostro contado v'è l'usanza di osservare il cielo con una certa insistenza, e non per rimarcare le orme del ben noto filosofo (Talete) che per osservare gli astri cadde in un pozzo con grande ilarità della sua graziosa serva tracia che non perse occasione per motteggiarlo. Gli anziani fanno questo in memoria della loro fanciullezza: aspettano le prime rondini che poi sono i balestrucci della specie hirundo delichon, li chiamano così perchè ad ali aperte in volo somigliano ad una balestra. L'altra rondine della famiglia delle hirundinidae, che abita le nostre zone è la hirundo rustica, per intenderci quella che nidifica(va) nelle stalle essa è molto più bella ed elegante dei balestrucci. Vi sono anche i rondoni che vengono confusi con le rondini ma questi non fanno parte dell'ordine dei passeracei e quindi della famiglia delle hirundinidae.
Quest'anno abbiamo guardato invano fino a tutto maggio ma di balestrucci nemmeno l'ombra, poi qualcuno è comparso, timido, con le penne arruffate, non più di qualche dozzina in certi luoghi di ritorno, in altri di poco più numerosi ma non certo centinaia, una volta migliaia: stanno scomparendo e nessuno se ne cale. Il balestruccio è un uccello insettivoro perciò da sempre protetto: i pesticidi, la modifica del proprio habitat naturale ne hanno ridotto drasticamente il numero.
Mezzo secolo fa stridevano nei cieli a migliaia. Come tutte le rondini il balestruccio è instancabile nel volo e certo non impiegava molto, a quei tempi, a rimediare il cìu (pasto) per i suoi piccoli, nei giorni in cui sciamavano i moscerini gli bastava volare a bocca aperta per procurarsi un lauto pasto. Noi fanciulli di allora che non avevamo televisione, piscine, palestre, mezzi di trasporto, internet, etc. passavamo il giorno ad osservare il mondo circostante. Si faceva a gara per il primo avvistamento, chi deteneva questo primato decideva sull'argomento balestrucci fino alla prossima primavera, le decisioni erano del tipo: quanti nidi bisognava sfrecuniare con un frecone (quanti nidi bisognava bucare con una lunga pertica) o se e come bisognava salvare un uccelletto caduto dal nido. Al primo avvistamento di balestrucci da parte di ognuno seguiva un piccolo rito: era di buon'aurio toccare la terra per tre volte con la pancia eseguendo delle orazioni, di ciò ne avrebbero giovato i visceri addominali. E qui non possiamo non pensare per affinità all'Augùro etrusco e poi romano che scrutava la volontà degli Dei attraverso il volo degli uccelli ma soprattutto scrutava il cìu che portavano in bocca o appeso agli artigli per i loro pulcini, per poi dare l'auspicium. Non sappiamo quanto queste tradizioni, ormai quasi scomparse, abbiano avuto a che fare con questi antichi riti, sappiamo però che esse ancora oggi vengono praticate da qualche nostalgico anziano.
Una delle prime occupazioni del balestruccio tornato sotto al proprio tetto era quella di ristrutturare il proprio nido o per le giovani coppie iniziare una nuova costruzione. Dopo le ultime piogge primaverili lungo le carrere si formavano delle pesche d'acqua che con il calore diventavano di fango: qui i balestrucci venivano a prendere la lote (evidente latinismo usato correntemente ancora oggi: lutum fango). Questa lote diventava un particolare e tenace impasto quando era ricca di resti di pagliuzze e di erbe maceratesi nella precedente stagione estiva, esso era molto ricercato dai piccoli uccelletti (d'altro canto la lote era già conosciuta dall'uomo anticamente, essa veniva usata dai contadini per lotare le commessure di porte e finestre e delle stesse loro povere abitazioni). Le pozzanghere più frequentate dalle rondini erano quelle utrate: usate da qualche animale domestico come i maiali ed in particolare da qualche scrofa che amava togliersi i parassiti in queste pesche di acqua e fango. Come si sa i balestrucci non amano posarsi né sugli alberi né sui tetti, né tanto meno per terra, ma per l'occasione questi delicati uccelletti scendevano sulle pozzanghere, sempre ad ali aperte, per riempire il proprio beccuccio di lote e poi volare verso i tetti sotto ai canali. Non era raro scorgere qualche donnola acquattata nei piccoli anfratti d'erbe ai bordi di queste pozzanghere per ghermire qualche rondine.
Dunque portavano questo impasto di fango sotto le sporgenze dei tetti fatte di canali (antichi coppi), qui lavoravano ulteriormente l'impasto con la saliva e incollavano i primi pallottolini di fango al materiale molto poroso dei canali che si prestava molto bene allo scopo (vi erano fornaci di canali lungo i nostri rii ed a volte su di essi si scorgevano, e si scorgono tuttora, le impronte delle dita degli uomini che li lavoravano e li preparavano per la cottura). Oggi con le nuove tecniche e con i diversi materiali da costruzione è diventata un'impresa ardua per i balestrucci attaccare i propri nidi sotto i tetti. Prima della riproduzione essi riempivano il nido di morbide piume ove deponevano quattro cinque uova che covavano per una dozzina di giorni circa, i piccoli nati venivano accuditi per circa un mese. Succedeva spesso che i passeri depredassero i nidi dei poveri balestrucci: allargavano la piccolissima fessura che serviva da entrata al nido e buttavano giù ogni cosa che trovavano finanche le uova o i piccoli appena schiusi, poi vi carriavano (portavano) come è loro abitudine fili di fieno ed erba secca in quantità e vi depositavano le proprie uova. Quasi sempre succedeva che i nidi crepassero e loro stessi precipitassero al suolo mentre erano intenti alla cova delle moltissime uova che vi stipavano.
A fine agosto i balestrucci non più occupati nelle incombenze riproduttive volteggiavano nei cieli, con le loro nuove nidiate, dall'alba al tramonto emettendo monotoni stridii che facevano pensare ad un chiacchiericcio senza fine. Al mattino sfrecciavano sulle stoppie dei pratali ove ormai le notti diventate più lunghe alimentavano fresche rugiade scintillanti di mille colori. A sera non era raro sentire i loro acuti stridii mentre segnalando un pericolo inseguivano a migliaia, contro il sole che tramontava, qualche piccolo rapace che per la verità non mostrava alcun segno di fastidio, mentre loro sembrava che scomparissero in mille puntini neri.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 8 Agosto)