L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Carlo Antuono
 
 

Le strade ferrate - La stazione di Maiorisi

 

Da millenni la morfologia del terreno che va dai primi contrafforti calcarei collinari del “Matese” al gruppo vulcanico tufaceo di “Roccamonfina” ha rappresentato una porta naturale per il passo di vie di comunicazione che dal Lazio portavano verso la “Campania Felix”. E' di lì che su tracciati già esistenti sorse la via Latina che da Roma portava a Casilinum, è di lì che sono passate le “carrozzabili”, gli eserciti invasori venuti dal Nord, le strade moderne, le autostrade e, nell'Ottocento, le strade ferrate.
I Borboni, non ultimi fra le Case Regnanti Europee, aderirono agli entusiasmi verso l'utilizzo di quello che si era rivelato essere un formidabile mezzo di trasporto: il treno. Così re Ferdinando II il 3 Ottobre del 1839 inaugurò il primo tronco ferroviario in Italia, costruito a doppio binario da Napoli a Granatello presso Portici. Poi seguirono la Napoli-Salerno e la Napoli-Capua-Cassino: quest'ultima attraversa il territorio sidicino a Est di Teano, la cui stazione sorge ove la collina dirada verso la pianura. Da una cartina del 1861 allegata ad una “Guida-Orario per Le Corse De Convogli” per le suddette tratte, ad unità d'Italia avvenuta, il percorso fino a Capua risulta funzionante mentre il tratto Capua Cassino si scorge ancora in costruzione. Noi sappiamo ciò anche da una testimonianza del giornalista Alberto Mario che era al seguito di Garibaldi nella spedizione dei “mille”: “Noi, percorrendo attraverso i campi e sui primi abbozzi di una via ferrata l'ipotenusa del gomito descritto dalla strada … ci arrestammo ad un bivio per attendere Garibaldi. …” questo avveniva una mattina del 26 ottobre 1860 mentre di buon'ora la pattuglia, proveniente da Calvi, raggiungeva Garibaldi che doveva trovarsi al quadrivio di Caianello ad aspettare il Re che dopo aver pernottato in Presenzano nel palazzo dei Del Balzo si sarebbe mosso alla volta di Teano.
Attraversava il territorio teanese un'altra ferrovia, detta linea degli Aurunci, che muovendo da Sparanise (sulla Roma-Napoli) faceva capolinea a Gaeta, ove esisteva una curiosa piattaforma girevole che consentiva l'inversione di marcia alle locomotive. Aperta nel 1892, la ferrovia fu realizzata anche per motivi di strategia militare, per favorire l'approvvigionamento di derrate ed armi alla fortezza di Gaeta. Tale linea acquistò maggiore importanza al compimento del primo tratto della futura direttissima Roma-Napoli, ovvero il tronco che dall'Urbe portava al porto di Formia: in tal modo la Gaeta-Sparanise fungeva da collegamento tra una ferrovia ancora incompleta e quella invece già da tempo in funzione per Napoli. Quando intorno agli anni trenta, in pieno periodo fascista e periodo d'oro delle Ferrovie Italiane, fu terminata con pompa magna la direttissima Roma-Napoli (via Formia), la linea degli Aurunci (Gaeta-Sparanise) perse progressivamente importanza: così nel 1957, a causa del traffico limitato, fu sostituita da un servizio di Autobus e venne progressivamente smantellata. A Maiorisi, ove adesso sorge un grosso complesso commerciale, era posta l'omonima stazione fra Sparanise e Carinola: essa rappresentava una fermata di interesse locale ed era legata alla custodia di un importante passaggio a livello sulla via Appia; distrutta nel corso del secondo conflitto mondiale, fu poi ricostruita per essere disabilitata nel 1957. A questa stazione è legato un curioso detto “ Fai comm'o Capostazione e Maiorisi” per dire: emuli il capostazione di Maiorisi che, negli ultimi tempi, attendeva ad ogni compito: di capo gestione, bigliettaio, casellante, spazzino e per ultimo fischiava la partenza dei treni. Per rimanere nel campo delle curiosità va detto che nel 1976 un tratto di questa ferrovia dismessa viene utilizzato come location per il film poliziesco “ Squadra antifurto” di Bruno Corbucci con Tomas Milian: famose rimangono le riprese dello spettacolare inseguimento in moto lungo i binari.
Vale la pena di ritornare sulla “ Guida – orario per le corse de convogli del 1861 delle province Napolitane: intanto salta agli occhi una precisazione per gli utenti che non lasciava dubbi sul fatto che la lira fosse ormai la moneta corrente nell'Italia unita e quindi anche le “province Napolitane” si sarebbero dovute adattare alla scomparsa dei “Rucati”: “Per la moneta dell'alta Italia di argento e rame, che ora è in corso in queste parti meridionali … si offre il presente rapporto … cinque lire pari a Ducati 1 e grana 17 …”. A quei tempi i treni davano ai passeggeri un servizio di 1a, 2a e 3a classe: un biglietto di prima classe Napoli - Capua costava lire 2,67, di seconda 2,05 e di terza 0,89 lire. Nella parte delle avvertenze, fra l'altro, si legge: “ I ragazzi fino a 3 anni, tenendosi sulle ginocchia, potranno viaggiare gratuitamente; da i 3 ai 7 in prima classe pagheranno un posto di seconda, ed in seconda classe uno di terza. Da sette anni in poi si paga lo intero posto.” E' interessante riportare come le misure di peso per i bagagli vengono rigorosamente usate quelle Borboniche: Cantaio pari a circa 100 Kg; Rotolo pari a circa 890 g.. Le unità di misura in tutte le sue forme saranno difficili da sradicare nel'ex Regno napoletano, ancora oggi è molto usata nelle nostre zone come misura di lunghezza per i terreni la Canna corrispondente a 2,65 metri.
I treni hanno sempre affascinato tutti, grandi e piccini, una volta si portavano i bambini a vedere i treni, quelli a vapore col caratteristico fischio e l'immancabile fumo che tingeva di fuliggine i visi d'improvvidi passeggeri che si affacciavano ai finestrini. Entrare in una stazione era come entrare in un altro mondo: passeggeri convenuti da ogni dove, grandi orologi, caratteristici campanellini che annunciavano, qualche minuto prima, gli arrivi, i convogli fermi sui binari morti, treni merci lunghissimi che transitavano stancamente, l'odore acre dei macchinari.
A volte si vedeva rientrare sulle biciclette , in fila indiana, per i viottoli che costeggiavano la ferrovia, una squadra di ferrovieri sotto la pioggia con i loro caratteristici impermeabili e cappelloni a falde larghissime (ognuna di queste squadre attendeva al proprio troncone con l'azionare gli scambi, controllare la tenuta dei bulloni, sistemare il brecciame sulle traverse etc...; erano uomini rudi cotti dal sole e dal gelo).
Infine si attendeva il fischio del capo stazione (figura carismatica col berretto rosso) che comandava la partenza del treno. Una volta a bordo lo sferragliare cadenzato degli scambi, la monotonia dei campi favoriva spesso un dolce dormiveglia, era quello il momento in cui si potevano accarezzare i propri sogni. Il raggiungimento della propria meta, la fermata e l'uscita dalla stazione ed il rientrare nella realtà giornaliera era sempre un poco triste.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 2 Febbraio)