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Finalmente! Piazza 23 settembre 1943 -

Luogo della memoria
 

Finalmente! A quasi settantacinque anni dagli infausti eventi del 1943 l'Amministrazione comunale ridenomina l'attuale Piazza Umberto I in Piazza 23 settembre 1943 – Luogo della memoria –, in ricordo dei tragici e sciagurati avvenimenti dell'ultimo conflitto, quando la piazza fu teatro dei fatti che portarono alla cattura e alla “stolta iniquità della deportazione”, di centinaia di uomini validi al lavoro, strappati ai propri cari, alle loro famiglie e costretti a umiliazioni, violenze e inaudite privazioni, nei campi di prigionia nazisti, quali “schiavi di Hitler”, da cui non tutti tornarono.
E a imperitura memoria delle centinaia di morti per i bombardamenti, i cannoneggiamenti e i mitragliamenti alleati, delle vittime degli eccidi nazisti, oltre che della terribile devastazione dell'intero paese.
Quel giorno, le truppe naziste della Panzer Division “Hermann Göring di stanza a Teano, cardine difensivo di una delle linee intermedie ritardatrici dell'esercito tedesco: la Linea Barbara, di primo mattino, secondo le direttive dell'Alto Comando, con camionette e autocarri, presidiato il paese, fecero radunare con l'ausilio di un banditore e dei Carabinieri, tutta la popolazione in Piazza Umberto I, la piazza per antonomasia dei teanesi, per far ascoltare loro un importante proclama del Comando tedesco.
La piazza, in breve tempo, si riempì di uomini e donne, accorse per sentire il Proclama, ma appena il Podestà, portato dai tedeschi in Piazza, sul terrazzo della Casina: l'allora Circolo del Littorio, ebbe letto con voce tremolante le direttive tedesche che disponevano agli uomini dai 18 ai 50 anni di restare e alle donne di tornare alle proprie case, si capì l'inganno perpetrato.
Il proclama era stato un espediente per far radunare gli uomini e poterli catturare e trasportarli per il lavoro coatto in Germania.
In tal modo, oltre trecento uomini validi al lavoro, furono catturati e dopo varie tappe e traversie trasportati sul suolo germanico, in campi di prigionia, adibiti al lavoro coatto per l'esercito tedesco.
In Germania, rinchiusi in lager sovraffollati, freddi e malsani, infestati da pulci e pidocchi, con una parvenza di alimentazione che li ridusse a esseri scheletrici sempre in preda alla fame, in balia di malattie, furono costretti a lavorare nell' industria, nell'agricoltura, nell'edilizia e in ogni settore in cui serviva mano d'opera.
Perché i lavoratori coatti, gli italiani in particolare, considerati “Badogliani traditori” dovevano lavorare per il popolo tedesco e in sua vece, per liberare forze e braccia da mandare in guerra per il Fuhrer. L'angoscioso calvario durò fino alla fine del conflitto, con la sconfitta militare della Germania nazista, e solo allora, dopo quasi due anni di internamento, poterono ritornare nel proprio paese.
Ora, finalmente, dopo tutti questi anni di ignavia, di colpevole ignoranza e sottovalutazione, da parte della classe dirigente, dell'enorme catastrofe abbattutasi sulla Città, in termini di vite umane spezzate, devastazione, perdita di un ingente patrimonio storico culturale, con la delibera di G.C. n. 100 del 16/05/2018, finalmente si cominciano a mostrare i primi segni di sana resipiscenza e si dà visibilità alle vittime della deportazione, ai caduti, ai sopravvissuti, che in questo lunghissimo periodo erano stati quasi completamente rimossi dalla memoria collettiva.
Finalmente, dopo gli innumerevoli appelli rivolti da chi scrive, dalle pagine de “Il Sidicino” e sulla stampa, per l'intitolazione della piazza principale al ricordo di quei tragici eventi, qualcosa comincia a muoversi, qualcosa che pian piano dovrà portare allo sbriciolamento di quel muro di silenzio e di rimozione, ridando contezza a ognuno di noi, e principalmente alle giovani generazioni, di quel funesto e angosciante periodo che ha così duramente colpito i nostri genitori, i nostri nonni.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno XV 2018 - n. 5 Maggio)

Collezione Di Benedetto