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Il referendum del 17 aprile - 16 milioni di italiani al voto

 

Il referendum del 17 aprile contro le trivellazioni in mare, nonostante l'invito da parte del Presidente del Consiglio all'astensione, e l'assordante silenzio dei media, ha visto la partecipazione di ben 16 milioni di italiani, oltre il 31% degli aventi diritto e la vittoria schiacciante, con oltre 13 milioni, del Sì.
Nella nostra cittadina hanno votato in 2840 pari al 27,32% con 2432 Sì, 3 punti in meno della media nazionale ma 3 punti in più della media della provincia di Caserta dove hanno votato il 24,5%.
Grazie all'impegno di SEL, del M5S e del Comitato No Triv Teano, che con gazebo e volantini hanno informato e sensibilizzato la popolazione.
Il quorum del 50% + 1, per l'abrogazione della norma che permette “sine die”, fino all'esaurimento dei giacimenti, il rinnovo delle concessioni per la ricerca e l'estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia nautiche, uniformandosi così all'Europa, non è stato raggiunto né, realisticamente, poteva essere raggiunto. In primo luogo perché la partecipazione al voto degli italiani negli anni si è sempre più assottigliata, fino a far divenire l'astensione il primo “partito” con  oltre il 40% e nelle ultime regionali a sfiorare e in alcuni casi a superare il 50%.
Poi per gli ostacoli di ogni tipo messi in campo dalle lobby del petrolio, per il silenzio e la disinformazione delle Tv e dei giornali e per l'invito del Presidente del Consiglio, supportato dall'ex Presidente della Repubblica, a non votare.
Invito che, oltre a sviare ogni discussione nel merito per seguire fuorvianti e false questioni legate ai posti di lavoro che si  sarebbero persi in caso di vittoria del Sì, e in cocente conflitto con ben 7 regioni a guida Pd, sulle 9 che avevano richiesto il Referendum,  ha rappresentato un vero e proprio “vulnus” per la nostra democrazia.
Nonostante tutto, hanno votato 16 milioni di cittadini, oltre un terzo degli italiani, che costituiscono molto di più di quelli che hanno consentito l'attuale maggioranza che guida il Paese.
Rimarcando l'urgente necessità di un cambiamento strategico e strutturale della nostra politica energetica, nel rispetto degli accordi sottoscritti  recentemente a Parigi con il Cop21, che ci impegnano all'abbandono del fossile entro il 2050.
Perché, oggi più che mai, la politica deve affrontare il nodo cruciale dei cambiamenti climatici, del fabbisogno energetico, della salute e del patrimonio ambientale. Perché i nostri veri giacimenti, il nostro vero petrolio (quello estratto in Italia rappresenta solo l'1% del fabbisogno nazionale e il gas metano il 3%), sono le ricchezze artistico culturali e paesaggistiche del nostro territorio. Tanto più che l'economia del rinnovabile produce 10 volte più posti di lavoro di quelli generati dalle fonti fossili.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 4 Aprile)