L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Martino Amendola
 
 

La fontana di S. Maria la Nova

 
Una questione di metodo e di priorità
 

Con deliberazione di G.C. n. 156 del 26/08/2014, l'Amministrazione comunale ha ritenuto di intervenire, con atto d'indirizzo politico programmatico, relativamente all'ipotesi di “riqualificazione di alcune aree del centro storico nel tentativo di recuperare alla vita urbana e sociale porzioni di tessuto edilizio oggi completamente dimenticate”.
Le aree interessate sono: Piazza S. Maria La Nova, Via Pioppeto e Piazza Duomo.
Intenzioni decisamente encomiabili e degne della massima considerazione ma che denotano nella sostanza, purtroppo, un approccio assai poco sistematico e “more solito” nel solco delle iniziative estemporanee legate a situazioni contingenti e a visioni strettamente soggettive.
Detto che occorre intervenire urgentemente per la riqualificazione dell'area a ridosso delle mura medievali di S. Maria La Nova, così come previsto dal vigente Piano di Recupero, pervicacemente e ottusamente mai attuato, e da pregressi atti d'indirizzo per liberarla dalle sconcezze delle baracche presenti e predisporla ad essere la degna porta d'ingresso all'area del Parco Archeologico (anch'esso rimasto, dopo tanti annunci e proclami ancora solo sulla carta), con la creazione di un'area verde polifunzionale e di parcheggio per auto e bus per l'accoglienza del flusso turistico che, nonostante tutto, è ancora attratto dalla nostra storia e dai nostri monumenti.
E, che non è più ammissibile il degrado che rende impraticabile la via “Pioppeto” (a quando la dedica a W. Johannowsky?) e pienamente fruibile il Teatro romano e l'area del Tempio di Giunone Populonia, che getta continuo e insopportabile disdoro su tutti.
Quello che preoccupa, invece, è l'approccio e la molla che ha fatto scattare il tutto: lo stato di abbandono e di incuria della fontana di S. Maria La Nova e la soluzione prospettata.
Invece di considerarla parte integrante e fondamentale della riqualificazione dell'area di S. Maria La Nova, la si vorrebbe riportare nell' “originaria” posizione di Piazza Duomo; da qui la riqualificazione della Piazza e lo studio di fattibilità.
Ignorando, o tralasciando di specificare, che la fontana non è stata ideata per la nostra città e per il posizionamento in Piazza Duomo ma è stata gentilmente concessa dalla città di Napoli dopo la ristrutturazione di fine ottocento di Piazza del Plebiscito, ove era collocata assieme ad una seconda identica fontana. E rimasta in Piazza Duomo fino agli anni '50 quando, per le rimostranze dei proprietari dei palazzi prospicienti, che denunciavano pericolose infiltrazioni alle cantine sottostanti, fu spostata in Piazza S. Maria La Nova.
Sottacendo l'enorme problema che assilla la città: il traffico caotico e continuo e la mancanza di un minimo di aree di sosta, e posticipando all'infinito l'attuazione della prima e più pressante azione per la riqualificazione di Piazza Duomo, e del Centro storico: liberarla dal traffico e dalla sosta che la soffocano e impediscono di viverla pienamente.
Questo voler intervenire su problematiche tanto complesse, quali il recupero e la riqualificazione, senza nessun preventivo coinvolgimento della comunità rappresenta sicuramente un “vulnus” della democrazia partecipata e dell'urbanistica condivisa, a parole sempre invocata, che va invece costantemente ricercata e attuata.
Perpetuando, in caso contrario, atteggiamenti e azioni, che pensavamo aver finalmente messi in archivio, legati solamente a vecchie logiche che teorizzavano la liceità di qualsiasi intervento amministrativo in virtù solamente del fatto di essere stati scelti per governare.
Producendo, poi, quello scempio, che sarà difficile e grandemente oneroso da risanare, della ristrutturazione di Piazza Giovanni XXIII che ha desertificato, cementandolo insensatamente, un ameno spazio verde prima oasi tranquilla per i vecchietti dell'adiacente Ospizio e per i tanti bambini e ragazzi del quartiere.
E il tentativo, fortunatamente sventato, grazie all'impegno del “Comitato per la salvaguardia della Casina e di Piazza Umberto I” di demolire la “Casina” perché ritenuta costruzione “piccola e insignificante” e non come poi dimostrato, parte della cortina muraria medievale che cingeva il Castello e il Palazzo Magnifico.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno XI 2014 - n. 9 Settembre)