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Avevamo ragione!

 
I lavori di restauro della "Casina" confermano le ragioni del Comitato sorto per la sua salvaguardia
 

I lavori per il restauro della “Casina”, avviati alla fine dello scorso aprile, in conformità al progetto definitivo di riqualificazione e sistemazione della Piazza Umberto I, stanno riportando alla luce l'aspetto originario e funzionale della cortina muraria che, inglobata nell'edificio in questione, ha costituito, volutamente e significativamente, una quinta scenica della Piazza-Teatro, pregevolmente ideata e realizzata nella seconda metà dell'Ottocento.
Questa funzione, però, aveva quasi del tutto cancellato, anche visivamente, la memoria storica della costruzione originaria, tanto che la Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali di Caserta, a riscontro delle tesi portate avanti dal “Comitato per la salvaguardia della Casina e di piazza Umberto I”, in opposizione alla progettata demolizione dell'edificio nel 2004, aveva, semplicisticamente e perentoriamente, rigettato le censure avanzate assumendo che si era in presenza di un'opera “insignificante”e, pertanto, “sacrificabile” per una migliore visibilità del palazzo Zarone e dell'ingresso agli uffici del Museo.
Senza considerare minimamente neppure i rilievi e la documentazione fotografica, a corredo di un articolo de “Il Sidicino”, a firma dello scrivente, del settembre 2005 che evidenziavano alcune feritoie difensive, poste sulla sommità posteriore dell'edificio e visibili dall'ingresso degli Uffici del Museo Archeologico, che denotavano chiaramente la specificità e l'importanza storica della cortina e la sua funzione, oltre a datare in maniera pressoché certa il periodo costruttivo.
Solo grazie alla tenacia del Comitato, delle associazioni, e alla determinazione dei cittadini, che in più di mille sottoscrissero una petizione inviata al Ministero dei Beni Culturali, fu scongiurato tale sciagurato progetto e modificato totalmente l'orientamento della Soprintendenza, a favore della riqualificazione e dell'adeguamento funzionale della Casina.
E' bastato appena avviare i lavori, con la demolizione del tetto e lo spicconamento dell'intonaco, che sono immediatamente riemersi gli elementi architettonici che connotavano funzionalmente e stilisticamente il tratto murario inglobato dalla costruzione della Casina.
Si sono evidenziate una fitta serie di feritoie difensive, sulla parte sommitale della cortina, e due archi a sesto acuto sulla facciata, che restituiscono uno squarcio significativo della città antica e una serie di preziose testimonianze del tessuto architettonico e urbanistico del centro storico.
In particolare, gli archi, il primo più basso e il secondo più alto, poggianti su un unico pilastro, fanno ipotizzare un sistema tri-arcato, con quello centrale più alto quale accesso principale all'area del Castello e del Palazzo del Principe o Palazzo Magnifico, fulgido esempio di architettura tardo gotico edificato nel 1370 per la famiglia Marzano, uniti da un passetto su cui insiste l'attuale Palazzo Zarone.
Quest'area, delimitata e protetta proprio dalla cortina muraria con le feritoie, divideva, spazialmente e visivamente, la parte signorile privata: “Il Palazzo principale del Padrone… edificio antico e molto magnifico” come descritto nelle carte del Vicerè di Napoli e Principe di Teano (negli anni 1707/1708 e poi 1713/1719) Wirich Philipp Lorenz von Daun, con lo spazio pubblico antistante che, fino ai primi dell’Ottocento, risultava un grande invaso quasi privo di costruzioni e insediamenti civili.
Queste risultanze, nel determinare che la “Casina”, oltre a “costituire una significativa quinta muraria che delimita Piazza Umberto I”, rappresenta anche un'opera di enorme valore storico, ci inducono, con rinnovato entusiasmo e fervore, capitalizzando la positiva esperienza vissuta in concorso con le Associazioni e i cittadini, a continuare nell'impegno e ad andare oltre.
Perché, non bisogna più accettare supinamente scelte, partorite nel chiuso di una stanza e tra pochi eletti, che incidono strategicamente sull'assetto urbanistico, architettonico, ambientale, sulla storia culturale del territorio, delineandone gli sviluppi immediati e futuri, ma esserne partecipi e pienamente coinvolti.
Non basta più vigilare e, successivamente, attrezzarsi in difesa di beni collettivi messi in pericolo, bisogna agire, nella quotidianità, affinché tutti abbiano la piena consapevolezza dell'enorme fortuna rappresentata dallo stratificarsi di una cultura millenaria, ricca di un patrimonio storico, culturale, ambientale e di valori immateriali “sentimentali”, legati alle tradizioni, al vissuto, alla storia minuta e collettiva di intere generazioni.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 6 Giugno)