Gli animali
L’asino (II parte)
7. Chi vó veré' 'u ciuccio suójo – s'ha da métte' 'a cavallo a chigli 'e gl'ati. (Chi vuol vedere [se è valido] il suo asino, ha da mettersi a cavallo di quelli degli altri).
Se uno confronta gli animali (e quindi persone e cose) degli altri con i propri, si rende conto che in fondo i propri non sono poi così cattivi come pensava, anzi possono risultare migliori e se ne consola.
È questo uno dei non molti detti in cui l'asino serve ad esprimere un fatto positivo.
Il verbo cavalcare deriva da "mettersi sopra un cavallo" (riferito poi anche ad altri animali, per es. "mettere a cavallo di un porco").
8. U ciuccio nun ha maje puntato 'a vraca; 'na vota che 'a porta, tutto se caca. (L'asino non ha mai portato, indossato, una braca; una volta che la porta, tutto si caca).
Da notare subito la perfetta rima tra vraca e caca; inoltre va notato anche il ritmo dei due versi che risultano, - forse per caso? –due endecasillabi.
Detto di uno che non ha mai indossato un bel vestito; se talvolta ne indossa uno, subito se ne gloria e diventa vanitoso. Sul piano fonologico: braca > vraca.
9. U sfizio r'u ciuccio è 'a rammégna frésca. (Lo sfizio dell'asino è la gramigna fresca).
L'etimo di sfizio (gusto, diletto, desiderio) è oscuro: il D'Ascoli riferisce di un `s[atis]ficio'; la `rammégna' è la gramigna, un'erba dannosa che infesta i campi, ma per l'asino che s'accontenta di poco, e soprattutto se è fresca, costituisce un ottimo cibo.
Il senso del detto è: "Hai voglia di aspettare, il desiderio non si realizzerà!".
10. U ciucciariéglio picciriglio pare sèmpe gióvane. (L'asinello piccolino pare sempre giovane).
“L'asino più piccolo è chiamato asellus (asinello) ed è più utile dell'altro [quello di taglia più alta] perché tollera bene la fatica, anche se non è trattato con molti riguardi” (F. Maspero, A. Granata, Bestiario del Medioevo, Píemme, Casale Monferrato, 1999). È uno dei pochi detti in cui l'asino, meglio l'asinello, viene per così dire elogiato.
11. Pare 'u ciuccio r'u turrunaro! (Pare l'asino del venditore di torroni!).
In occasione delle feste patronali dei tempi passati, il torronaro piazzava in un punto strategico del paese il suo banco di vendita, mettendo in esposizione torroni, oltre che castagne variamente preparate (tra queste quelle 'del monaco'), `semmienti' (semi abbrustoliti), lupini, ecc.; e non mancavano vari tipi di giocattoli.
Egli naturalmente si spostava da una festa all'altra, trasportando la merce su un carro trainato dall'asino che, durante i giorni di festa se ne stava a riposare in un angolo.
Il detto probabilmente nasce con un tono canzonatorio e di critica piuttosto malevola nei riguardi di quelle persone che sono sempre presenti alle feste per divertirsi, e spesso son proprio quelle che poco o niente offrono in danaro per contribuire alla realizzazione di queste manifestazioni religiose; di costoro si afferma che "aspettano che astùtano le lampiuncelle", cioè che spengano le lampadine delle luminarie, vale a dire sono le ultime a ritirasi a casa al termine della serata di festa, così da sfruttare e godersi la festa fino all'ultimo minuto.
Il detto si è poi esteso ad ogni persona invadente che è sempre presente dappertutto, anche là dove non dovrebbe esserci.
12. Ciénte niénte accerèreno a 'nu ciuccio. (Cento niente uccisero un asino).
Molte cose, pur di poco peso o di poco conto, messe assieme, riescono ad ammazzare anche una persona resistente e forte.
Da notare la perfetta rima delle prime due parole del detto (ciente/niente); inoltre qui 'niente' è usato come sostantivo plurale.
13. Quanno `u sole tramónta – lu ciuccio se `mpónta. (Quando il sole tramonta, l'asino s' impunta).
Impuntarsi: puntare i piedi a terra, rifiutandosi di camminare. L'asino è ormai stanco e chiede di riposarsi: l'allusione è al bracciante che si rifiuta di continuare a lavorare, mentre il padrone vorrebbe che il sole non tramontasse mai.
Da notare la rima perfetta (-onta) e il ritmo dei due versi con due accenti tonici ciascuno (anche se il primo verso è un settenario, l'altro un senario).
14. I ciucci avànzano e i pullitri rèstano. (Gli asini vanno innanzi, mentre i puledri restano indietro).
I puledri sono generalmente giovani cavalli, pieni di forza e di vita. Dunque qui c'è contrapposizione tra asini e cavalli, tra vecchi e giovani, soprattutto tra incapaci e capaci in una società ingiusta e corrotta in cui non c'è meritocrazia.
L'asino dunque occupa nella nostra graduatoria il primo posto: se da un lato, questo primato è dì segno negativo perché su 14 detti, solo qualcuno evidenzia qualche aspetto buono dell'animale; dall'altro la sua alta frequenza sta comunque ad evidenziare l'importanza che esso aveva sul piano pratico nella vita quotidiana del contadino dei secoli passati, la sua utilità, messa anche in relazione al fatto che esso si contentava di poco per nutrirsi.
Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno XI 2014 - n. 6 Giugno)