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Canti popolari
 
Canti popolari di Terra di Lavoro: Lavoro e Ingiurie
 

Presentiamo in questo numero altri frammenti di canti popolari raccolti da Zi' Arcangelo di Pignataro.

LAVORO

J' nun lu faccio pe' lu faticare
Testo:
J' nun lu faccio pe' lu faticare,
lu faccio pe' veré la bella mia.
Traduzione:
Io non lo faccio per il faticare
Io lo faccio per vedere la bella mia
Commento: un distico di endecasillabi. Il lavoro è solo un pretesto: il giovane innamorato si reca al lavoro solo perché così gli si offre l'occasione per incontrare e vedere la sua bella.

Pare mill'anni che vene lu mete
Testo:
Pare mill'anni ca vene lu mete
Che m'a voglio truvà la nnammurata;
se vota na nenna: “Che ô fa'e lu mete;
chillo lu mete chi l'ha semmenato!”
Traduzione:
Pare mille anni che viene il mietere
Che me la voglio trovare l'innamorata;
si volta una ragazza:
“Che vuoi fare del mietere;
quello lo miete, chi lo ha seminato”
Commento: quartina di endecasillabi con rima alternata; nei versi dispari la rima è costituita dalla stessa parola (lu mete); in quelli pari è normale (-ata / -ato) considerando che nella lingua napoletana la vocale finale della parola è per lo più muta.
La mietitura nella società contadina di antico regime era l'occasione propizia per conoscere ragazze e allacciare rapporti d'amore.
Il giovane sospira in ansiosa attesa di quel tempo. Ma ecco che riflessione di una ragazza assennata: non bisogna attendere il tempo della mietitura, perché il grano è il frutto che spetta a chi ha seminato. Insomma la ragazza, bisogna corteggiarla; è sempre tempo dell'amore!

Quanto me pare longa sta semmana
Testo:
Quanto me pare longa sta semmana:
me pare Coraésema r'abbrile.
Traduzione:
Quanto mi pare lunga questa settimana:
mi pare Quaresima d'aprile.
Commento: distico di endecasillabi.
Semmana: è forma contratta di settimana; Coraésema: da notare il fenomeno della metatesi: la sillaba iniziale (Qua-) si è trasformata in Coa- e in essa si è inserita la R della sillaba successiva.
Abbrile: da notare lo scambio delle consonanti labiali P>B e il raddoppiamento di quest'ultima.
Perché quella settimana appare così lunga? Probabilmente è tale per un innamorato che solo alla fine di una settimana di lavoro finalmente avrà il tempo di incontrare la sua ragazza. Per indicare un tempo assai lungo, qui si ricorre ad una espressione (“Coraésema r'abbrile”) di carattere religioso, come spesso accade nella società di antico regime, pervasa e influenzata dalla Chiesa Cattolica.
Una espressione un po' strana e di non facile spiegazione. Tentiamone una. La Quaresima è il periodo di penitenza dell'anno liturgico che precede la Pasqua; la sua durata, come indica il nome (da Quadragesima dies) è di 40 giorni, anche se attualmente, nel rito romano, è di 46: incomincia il mercoledì delle Ceneri e termina il Sabato Santo (incluso); precedendo la Pasqua, che è una festa mobile, la Quaresima può iniziare dal 5 febbraio al 10 marzo e terminare quindi dal 21 marzo al 24 aprile; i mesi interessati sono dunque febbraio, marzo ed aprile. La data più alta della Pasqua è il 25 aprile: in tal caso si avranno 22 giorni di quaresima a marzo e 24 in aprile. È forse questo il caso in cui la Quaresima è appunto più lunga nel mese di aprile; da ciò “Coraésema r'abbrile”.

INGIURIE

Testo:
Comme te sî fatta nera,
me pari nu craóne;
'a notte ruormi sola;
pecché nun vieni cu me?
Traduzione:
Come ti sei fatta nera,
mi pari un carbone;
la notte dormi sola;
perché non vieni con me?

Nota metrica: quartina; i versi 1 e 4 sono ottonari (ma l'ultimo è tronco); gli altri due sono settenari.

Probabilmente il colorito scuro della ragazza va inteso in senso metaforico: nero non è il volto, bensì il suo animo; il motivo potrebbe dipendere dal fatto che lei la notte dorme sola, senza che alcuno accanto la consoli; da ciò l'invito di lui: “Vienitene con me”!

Testo:
Quanto sî brutta, te venga na peste!
Pare che lu rïàulo t'ha vista!
Traduzione:
Quanto sei brutta!Ti venga una peste!
Pare che il diavolo ti ha vista.

Un distico di endecasillabi; in tal caso “riàulo” è da considerare un quadrisillabo: ri-a-u-lo.

Si tratta di una ingiuria bonaria? Oppure di un vero e proprio giudizio negativo sull'aspetto di questa donna?
I termini usati per indicare la bruttezza sono la peste e il diavolo; la prima devastava il fisico in poco tempo e portava alla morte; il secondo portava soprattutto la dannazione dell'anima.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 9 Settembre)