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Canti popolari di Terra di Lavoro: "Ddoje ore 'e notte"
 

Analisi e commento a cura di Antonio Martone
Il testo musicale è stato trascritto dal M° dott. Guglielmo De Maria
Analisi del contenuto
Si tratta di un canto d'amore dalla melodia assai dolce e delicata. È strutturato in tre quartine; nella prima l'innamorata è in ansia per il ritardo del giovane e s'insinua in lei il sospetto che sia stata abbandonata per un'altra donna; ma poi finalmente c'è l'incontro furtivo nell'oscurità delle prime ore della notte; nella seconda c'è uno scambio di battute tra i due innamorati: lui la invita a scendere, lei preoccupata gli consiglia di avanzare guardingo per non farsi scoprire; nell'ultima il giovane elogia gli occhi della sua “ninna bella” paragonandoli alle stelle che “lùceno” in cielo insieme con una pallida luna.
Analisi metrica
tre quartine di settenari (il primo della seconda e terza strofa sono sdruccioli: … scénnere; … pàllida), rimano il secondo e terzo verso (anche bèlla rima con stélle, perché nella lingua napoletana le vocali finali si pronunciano in modo indistinto); l'ultimo settenario di ciascuna strofa è tronco: … me, … me, accussì).
Alcune note esplicative
Verso 1 “Ddoje ore 'e notte”: nel nostro Meridione fino all'Unità, il computo delle ore si faceva iniziare al tramonto del sole, con la prima, seconda, terza ora, e così di seguito; la sesta ora quindi corrispondeva alla mezzanotte; alle ore 18 era pertanto mezzogiorno, le 21 ore erano le tre circa del pomeriggio; alle ore 24 tramontava il sole e cominciavano le ore della notte.
Verso 2 “Ninnu mio”: da notare come resista la “u” finale di “ninnu” in casi come questo in cui il termine è seguito dall'aggettivo possessivo. “Ninno” è il bambino, ma qui è affettuosamente il giovane innamorato.
Verso 4 “M'ha abbandonato a me”: normali nella lingua napoletana la ripetizione, per rafforzamento, del pronome personale (mi + a me) e l'uso del complemento di termine dipendente dal verbo transitivo (abbandonare).
Verso 5 “Scénnere”: presenta il solito passaggio dal gruppo consonantico della lingua italiana -nd- a quello -nn- della lingua napoletana (altro esempio: quando > quanno);
Verso 7 in “vatténne” è da notare lo spostamento dell'accento in avanti, da “vàttene”;
Verso 7 “muro-muro”: interessante l'uso di questo raddoppiamento di un sostantivo con valore iterativo per indicare una azione che si prolunga (altro esempio: andare “casa-casa”); cfr. poi il raddoppiamento dell'aggettivo per la formazione del superlativo (un uso, questo, anche della lingua italiana): chianu-chianö, soru-sorö, etc.

Antonio Martone
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 10 Ottobre)

Il testo musicale è stato trascritto dal M° dott. Guglielmo De Maria
(Direttore del Coro polifonico di Pignataro)

DDOJE ORE `E NOTTE
testo

1.
“E so' ddoje ore 'e notte
e ninnu miö nun vène;
cacc'àta amante tène,
m'ha abbandonata a meI”.
2.
“E scinni, assì vuô scénnere,
p'a scalinata ô scuro!”
“Vatténne muro-muro,
si vuô parlà cu me!”.
3.
“Guarda che luna pallida,
e 'ncielo ce so' 'e stélle:
so' gli uócchi 'e ninna bella
che lúceno accussìl!”.

DUE ORE DI NOTTE
traduzione
1.
“E sono due ore di notte
e il mio ragazzo non viene;
qualche altra amante tiene,
e me, mi ha abbandonata!”.
2.
“E scendi, se vuoi scendere,
per la scalinata all'oscuro!”;
“Vàttene rasente il muro,
se vuoi parlare con me!”.
3.
“Guarda che luna pallida,
e in cielo ci sono le stelle:
sono gli occhi della mia ragazza
che luccicano così!”.