TEANO
 
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Centro storico ed interventi edilizi
 
La Casina
 
Centro storico e interventi edilizi

In questi giorni è stato affidato l’incarico per la sistemazione di Piazza Umberto I, il progetto prevede l’abbattimento dell’edifico detto la “Casina” in funzione della creazione di un ingresso diretto dalla piazza al Museo Archeologico Statale di Teano. Riconosciuto che il Museo Archeologico Statale di Teano debba integrarsi in maniera più compiuta con il contesto urbano della città, ma anche con i suoi cittadini che sono i primi fruitori delle memorie storiche del territorio, attraverso la realizzazione di un ingresso provvisto di servizi  per la vendita di materiale didattico, evitando, però, il suo abbattimento per molteplici ragioni.
 Fermo restando che decisioni di tale importanza per la città, non solo, andrebbero democraticamente dibattute in una fase precedente al progetto, come  accade in ogni paese civile che abbia in considerazione il pensiero dei suoi cittadini, per evitare che vengano commessi errori, come, purtroppo,  è già avvenuto in un passato recente. Vedi ad esempio il caso dell’Annunziata, ove un grossolano progetto, sic! di restauro, ha completamente stravolto, ciò che la guerra aveva risparmiato, l’architettura di quella che era la più bella chiesa barocca dell’Alto Casertano.
Il centro storico di Teano, al di là delle emergenze architettoniche più notevoli in esso presenti, riveste principalmente un  valore ambientale, concetto ampiamente riconosciuto per l’edilizia cosiddetta minore, ove il singolo episodio, seppure preso a se stante potrebbe sembrare banale e di scarso interesse, concorre con gli altri edifici a definire un contesto urbano di grande suggestione e interesse.
Piazza Umberto I, frutto di un intervento tardo ottocentesco, è uno spazio concepito come una sorta di teatro all’aperto, con  gradinate che la circondano sostanzialmente su tre lati e su cui prospettano decorosi palazzi, anch’essi ottocenteschi, nonché il piccolo edificio della “Casina”. Quest’ultimo poggia su una sorta di basamento in blocchi di pietra lavica di Roccamonfina e chiude l’invaso della piazza verso sud est, alla stregua di una quinta scenica preceduta da un ampio terrazzo che protende su un tratto del Corso V. Emanuele.
Più a nord, in continuità con la parete della “Casina,” v’era un ingresso arcuato abbattuto verso gli anni cinquanta del secolo scorso e di cui rimangano i resti inglobati all’interno di una discutibile struttura moderna in legno, nata come ingresso provvisorio alla manifestazione annuale di Teano Jazz e mai più tolta, chissà perché. 
Tale accesso, che si configurava come una vera e propria porta, separava la piazza dal retrostante cortile di palazzo Zarone e dall’ala ovest del Loggione.  
Entrambi gli edifici   costituivano, ad iniziare dalla seconda metà del XVI secolo, il nucleo residenziale del complesso del castello che occupava buona parte del settore est della città medievale. Ciò mostra, ulteriormente, che la piazza nasce all’origine come uno spazio chiuso e  priva, quindi, di passaggi  (ad eccezione della suddetta porta arcuata) e coni visivi studiati volutamente per esaltare scenograficamente il retrostante complesso del castello. Tuttavia, quest’ala del castello nel XIV secolo era interessata da un ingresso monumentale aperto su tre lati, di cui rimane un’intera arcata libera su Via Nicola Gigli, attuale ingresso al Museo archeologico. Tale accesso, forse utilizzato in epoca basso medievale come sedile della città, venne parzialmente interrato  proprio nella seconda metà dell’ottocento per realizzare la piazza e il cortile di palazzo Zarone. L’insieme di questi elementi sono certamente collegabili ad un unico e coerente  progetto di sistemazione di un’ampia zona della città, che include tutto il Corso V. Emanuele, le piazze e i palazzi che vi si dispongono.
Di conseguenza, un possibile abbattimento della “Casina”, oltre a costituire un pericoloso precedente di sventramento all’interno del centro storico,  in contrasto, tra l’altro, con le norme tecniche di attuazione del Piano di Recupero vigente, altererebbe in maniera irreversibile l’equilibrio urbanistico della piazza e la sua unitarietà architettonica. Perché allora non pensare ad una soluzione progettuale che salvaguardi questa unitarietà e distribuire i nuovi servizi del Museo all’interno di un percorso tutto interno alla “Casina” e con un tragitto graduale verso il Museo?
L’altro aspetto, non secondario, è il particolare legame che quest’edificio ha con l’immaginario collettivo della città, in quanto sede di partiti che per circa un secolo, nel bene e nel male, hanno segnato la storia di Teano.
Tutto ciò non significa che non si debba intervenire, ma  di sicuro con un ottica più democratica e coinvolgente delle forze politiche, intellettuali e sociali della città e con la precisa volontà di giungere a soluzioni progettuali di alto livello. Premessa che solo  un concorso di architettura per idee, adeguatamente pubblicizzato attraverso l’Ordine degli Architetti e la stampa locale e nazionale, avrebbe potuto garantire con il confronto delle idee e la qualità delle scelte progettuali sotto il profilo architettonico e urbanistico. Ma, sfortunatamente, negli ultimi tempi la nostra città assiste inerte ad una serie scelte imposte in modo autoritario dall’alto, sebbene inserite in un  quadro normativo regionale, per alcuni aspetti rivoluzionario, volto al recupero dei centri storici, ove i margini di discussione e di confronto democratico cittadino si riducono sempre di più. Basti pensare al varo del recente Piano Colore del centro storico, che presenta gravi carenze di analisi scientifica e generalità in termini di indicazioni cromatiche non sufficientemente agganciate alle molteplici e differenziate realtà del tessuto storico abitativo di Teano centro e di quello delle frazioni.
E che dire del modo in cui vengono indette le gare di progettazione con procedure a dire poco anomale rispetto al quadro normativo della vigente legge sugli appalti pubblici. I bandi, infatti, sono affissi esclusivamente all’Albo Pretorio, che rimane un atto dovuto per legge e certamente non equiparabile ad un adeguato strumento di conoscenza, che dovrebbe, invece, avvenire attraverso l’affissione di manifesti e la diffusione a mezzo stampa a scala regionale e nazionale.
Tutto ciò, viene da chiedersi, perchè?

Filippo Antinorio
(da Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 5 Maggio)