TEANO

 
Personalità da ricordare
 
Arminio DE MONACO
(25 novembre 1883 - † 21 aprile 1965)
 

Nel quarantesimo anniversario della morte (21 aprile 1965) ci sembra doveroso ricordare la figura di don Arminio De Monaco, zelante sacerdote e fecondo autore di storia patria.

Una così nobile tradizione di studi non si è fortunatamente spenta. A Sessa un aurunco di buon sangue, il Tommasino, ha ripreso animosamente la battaglia per la difesa di Sessa aurunca e romana, mentre nella borgatella di Casi, la più sperduta frazione di Teano, sepolta in un botro e raccolta fraternamente come un convento intorno alla chiesa, ho scoperto, nella pace della canonica, un nuovo studioso di Teano sacra e profana.
Ha un nome adatto a quella conventuale solitudine, De Monaco, in contrasto solo con la cera aperta e gioviale con cui mi accoglie nel suo studiolo eremitico. Sta scrivendo una storia di Teano; ma chi erano questi benedetti Sidicini? Storici antichi e moderni non bastano a chiarire il mistero.
Con Tito Livio alla mano, discutiamo animosamente fra un gruppo di giovani attenti e divertiti di quel nostro amichevole battagliare, come se fossero a scuola di grammatica e di retorica, mentre, dalla finestra, uno squarcio di sole rompe una bruma e irradia di luce una quercia che lascia cadere dalla possente impalcatura dei rami neri e stillanti acque le ultime foglie aurate.”

Così Amedeo Maiuri, in "Passeggiate Campane", presentava don Arminio De Monaco, all’epoca giovane parroco di Casi.
Don Arminio nacque a Casi, secondogenito di Alfonso e di Vincenza Saroli, il 2 dicembre 1883. Frequentò la scuola elementare pubblica a Teano, sul vecchio Loggione, poi entrò nel Seminario per gli studi ginnasiali e liceali. La sua vita sacerdotale si svolse tutta in Teano: parroco di Casi, professore di lettere e poi rettore del Seminario, infine canonico cantore del capitolo cattedrale.
Pur senza mai trascurare in nulla gli impegni del suo ministero sacerdotale, coltivò sin da giovane studi e ricerche sull'antica Teano, stimolate e sostenute dal suo grande amore per la terra natale. Nel 1948, quindi nell'immediato dopoguerra, pubblicò "S. Paride, la vita e il culto", nel quale riportò la sacra leggenda del Patrono, con gli antichi lezionari, e una dettagliata descrizione della cattedrale distrutta dai bombardamenti, la cui fine descrisse con trasparente intensa commozione. Nel 1957, in occasione della ricostruzione della cattedrale ne raddoppiò il testo, pubblicandolo con il titolo di "Glorie Nostre", aggiungendovi cenni storici sul seminario e sulla serie dei vescovi di Teano, nonché preziose relazioni sui rinvenimenti archeologici verificatisi durante la ricostruzione del tempio. Seguì, nel 1960, "Teano Osco e Romano", ricca sintesi delle conoscenze archeologiche su Teano di quel tempo. Non riuscì però a vedere pubblicato "Chiese e Conventi", che era alle stampe quando un malore improvviso lo condusse alla tomba ad 82 anni.
Al di là della produzione storiografica (pubblicò altri opuscoli e moltissimi articoli), il canonico De Monaco ebbe il grande merito di aver salvato dalla dispersione e dalla distruzione la biblioteca del seminario e tante opere d'arte e testimonianze storiche, che dopo i bombardamenti dell'ottobre 1943 erano esposti alla depredazione degli immancabili sciacalli e affidati alla insufficiente diligenza degli addetti allo sgombero delle macerie.
Con una presenza assidua, quasi quotidiana, sui cantieri di ricostruzione della cattedrale e del seminario, iniziati nel 1946 dal vescovo Medori e compiuti sul finire degli anni Cinquanta dal vescovo Sperandeo, faceva mettere da parte preziosi frammenti che venivano stivati nei locali a piano terra dell'episcopio. Da buon conoscitore della storia e dell'arte della cattedrale distrutta offrì preziosa collaborazione al Prof. Roberto Pane progettista e direttore dei lavori di ricostruzione della cattedrale. Se oggi possiamo ammirare il prezioso Crocifisso trecentesco del presbiterio della Cattedrale è per merito esclusivo di don Arminio, che lo trasse, irriconoscibile, dalle cataste di tavolame accantonato dalle maestranze per essere bruciato.
Nominato ispettore onorario della soprintendenza archeologica accorreva ad ogni segnalazione di scoperte di reperti e spesso riceveva spontaneamente monete, piccoli vasi e frammenti rinvenuti occasionalmente.
Spesso, durante le lunghe puntate (a piedi!) a Loreto, a Le Grotte (il teatro) o alla Trinità, si faceva accompagnare dai giovani, che incitava a studiare la storia, e prima di tutto a conoscere bene la storia del proprio paese, e che ammoniva con la consueta esclamazione: in questi luoghi le pietre sono parole!
Il suo grande cruccio era la mancanza di un museo o di un antiquarium che causava la dispersione di tutti i reperti delle campagne di scavo o dei tanti rinvenimenti occasionali (basti pensare ai due cippi funerari in tufo or esposti nel museo) in altri musei o nei magazzini della soprintendenza.
Dopo più di trent'anni dalla sua scomparsa Teano ha avuto il suo Museo Archeologico. Chissà quella sua “cera aperta e gioviale” di quanta luce si sarebbe illuminata e quanto intensa sarebbe stata la sua emozione vedendo la Cavallerizza trasformata in splendido museo.

Pasquale Giorgio
(da Il Sidicino - Anno II 2005 - n. 3/4 Marzo/Aprile)