Sono trascorsi 80 anni da un episodio, avvenuto nella nostra città nel 1924, e nella memoria collettiva il tempo ne ha sempre maggiormente sbiadito il ricordo, fino a cancellarlo quasi del tutto.
Chi conosce cosa accadde veramente in quella calda giomata di giugno, quando una folla di contadini, muniti di pertiche e randelli, invase il centro del paese? Pochi, probabilmente.
Eppure, questo avvenimento appartiene, a giusto titolo, alla storia della nostra città e ne costituisce una pagina che merita di essere ben ricordata.
Tenterò, nel narrare i fatti, di essere il più conciso possibile, e di riportare, soprattutto, le testimonianze di quelli che ne vissero lo svolgimento o ne furono, comunque, parte in causa.
Vediamo, quindi, cosa scriveva, con il consueto linguaggio burocratico, ma anche con una certa fedeltà, il comandante della locale stazione dei Carabinieri, nel verbale inviato alle autorità competenti.
“L'anno 1924, addì 10 giugno noi ... riferiamo alla competente A.G, per ciascuno per la parte che lo riguarda i seguenti fatti: verso le 8 del giorno 9 corrente mese noi maresciallo Mondo avemmo notizia che al ponte degli Svizzeri presso Teano si erano concentrati circa mille contadini armati di randelli e pertiche. Poiché era noto un certo malcontento avverso il commissario prefettizio, specie tra i contadini delle frazioni e delle borgate per la disposta riscossione delle tasse di esercizio focatico ed animali per gli anni 1922-23-24, malcontento sfruttato da elementi della passata amministrazione comunale e da fascisti espulsi dai ranghi, noi predetto Mondo credemmo necessario di intervenire subito ed affrontare con le forze disponibili i contadini stessi..."
L'intervento della scarsa forza pubblica non ottenne, peraltro, lo scopo di far recedere o disperdere la folla radunata che si rimise, senza indugio, in marcia verso il Municipio.
“A circa 60 metri, continua il predetto verbale, detta folla fu ancora una volta fermata. Breve sosta perché nonostante a questo punto fossero intervenuti il Segretario Politico del Fascio e (un altro importante personaggio) i quali esortarono la massa a nominare una commissione e recarsi al Municipio, i contadini vieppiù eccitati gridando "Al Municipio, al municipio, abbasso il Commissario, abbasso le tasse, viva il re, viva Mussolini", raggiunsero il palazzo municipale. ln tale frattempo, un'altra colonna di dimostranti provenienti dalla direzione opposta, avanzava per congiungersi alla prima.
Erano per congiungersi quando noi Maresciallo Mondo, scorgemmo il commissario prefettizio che, già aggredito e ferito, tentava tra la folla stessa di raggiungere il portone municipale... riuscimmo a poterlo liberare nonché a trattenere la folla.
Ma questa, dopo qualche minuto, al colmo dell'esasperazione, vincendo ogni nostra resistenza, riuscì a irrompere violentemente nei locali municipali. lvi fu cominciata l'opera di distruzione e di vandalismo.
Furono scassinati quasi tutti i mobili esistenti, danneggiate le porte, prese le carte, registri dagli archivi e dagli scaffali e tutto buttato dalle finestre...
A tal materiale, la folla rimasta in piazza subito vi appiccò il fuoco.
Mentre la fiamma distruggitrice divampava colà, un grosso numero di dimostranti, prontamente distaccatosi, si recava all'Esattoria Comunale, dove... richiesto a quel tesoriere I'immediata consegna dei ruoli delle tasse comunali ed ottenutili, li distruggevano sulla pubblica via...
Gli stessi individui successivamente sempre gridando si dirigevano all'ufficio daziario dove forzata la porta incendiavano tutti i mobili, bolletterie, conti esistenti.
Compiuta l'opera di distruzione la folla stessa si portava verso i luoghi della fiera di S. Antonio dove per la circostanza erano state impiantate sei baracche per la riscossione del dazio che incendiarono...
La distruzione delle baracche della fiera completò l'azione che la folla si era prefissa in quanto verso le 10,30, i tumultuanti, nello stesso modo come erano venuti, cioè in due colonne, abbandonarono il paese rientrando nelle loro rispettive frazioni.”
L'eco di quegli eventi, non tardò a diffondersi in tutto il Paese anche attraverso la stampa a livello nazionale che diede ampio risalto agli stessi, anche se, successivamente, attraverso veline semiufficiali, si tese sempre più a sminuire la portata degli avvenimenti, riducendoli ad una improvvisa esplosione di jacquerie, dovuta a pochi facinorosi.
Ecco, come ad esempio, appaiono gli avvenimenti su “ll Roma" dell'11.6.1924 (appena 14 righe): "I fatti di Teano sono esagerati... Le narrazioni fatte da qualche giornale sono esagerate. La pretesa distruzione del Municipio consiste, esclusivamente, nella distruzione di qualche mobile e di qualche carta. L'ordine è stato immediatamente ristabilito.
Il Commissario prefettizio è stato già rimesso al suo posto.”
Come conseguenza, comunque, di tali awenimenti, furono rinviati a giudizio davanti al Tribunale di S. Maria C. V. 91 imputati, di cui la maggior parte (60) contadini e braccianti, con vari capi d'imputazione che andavano dal danneggiamento aggravato alla violenza e resistenza all'Autorità e alla forza pubblica, dal porto di armi (coltelli e una rivoltella) alla lesione aggravata nei confronti di un carabiniere.
Venne, quindi, del tutto ignorato il fatto, penalmente rilevante, che la rivolta era stata chiaramente premeditata ed organizzata nei minimi particolari.
Si tentò, quindi, di cercare un capro espiatorio nella persona del Commissario prefettizio che, anche se non aveva amministrato, in maniera molto oculata, non poteva certamente essere considerato come la causa unica di quella protesta.
“È mia convinzione, scriveva nel verbale di querela e denuncia il Macciocchi, che il fatto delle tasse non sia che un pretesto per mascherare il malcontento contro il Fascio locale, malcontento che specialmente era nutrito da coloro che prima ed ieri erano i dominatori di Teano".
La linea difensiva degli imputati si può riassumere,invece, nelle parole, sia pur intrise di una certa retorica, pronunciate dall'avv. Matteo Maffuccini, durante l'arringa difensiva. "...com'è noto, i cittadini della pacfiica e Iaboriosa popolazione di Teano, mal tolleravano certi sistemi di quel Commissario Prefettizio, ritenendo - bene o male... che essi sapessero di inconsulto arbitrio. Donde si spiega I'esasperazione degli animi che menò ad uno di quei moti di folla che, comunque incomposti e forse deplorevoli, traggono le loro scaturigini dall'istinto umano. È lo spirito animato ed infastidito che protesta, irrompe, insorge.
Così si spiega il furore del popolo teanese del 9 giugno e non altrimenti. Può darsi anche che la dimostrazione sia stata preordinata e organizzata da quelli che per motivi personali e per ragioni di partito o per desiderio di popolarità, non tralasciano mai, specie in piccoli paesi del Mezzogiomo, una qualsiasi occasione per mettersi in mostra e trarne profitto."
La sentenza emessa dal Tribunale fu, in realtà, abbastanza mite. I maggiori imputati (28) furono condannati ad una pena che andava da un massimo di sei mesi ad un minimo di un mese, riconoscendo praticamente che gli atti dagli stessi compiuti non erano premeditati.
Una tale sentenza potrebbe lasciare perplessi, se non si tenesse nel debito conto la situazione generale del Paese in quel periodo. Erano giomi molto difficili per il fascismo, alle prese con gli sviluppi del caso Matteotti e con una profonda crisi che provocava latenti tensioni nel Paese e che sfociò, dal punto di vista istituzionale, nella cosiddetta secessione dell'Aventino.
Si volle, probabilmente, di fronte ad una rivolta popolare, sia pure con fini non certamente antifascisti, evitare di esasperare ancora maggiormente un clima che diventava sempre più pesante.
Indubbiamente, sulla causa della rivolta ebbe un peso notevole l'esasperazione che regnava nel mondo contadino, in particolare in quello delle frazioni, che vedeva, come il fumo negli occhi, l'inasprimento della tariffa daziaria, specie sui suini, e il fatto che il dazio sugli animali venisse calcolato non a capo ma a peso.
A tutto ciò si aggiungano le tensioni esistenti all'interno del Fascio locale, ed ecco trovata, probabilmente, la chiave per comprendere la rivolta e le sue ragioni.
A conferma di ciò si può constatare come, anche dopo che la situazione dell'ordine pubblico era ritornata nella normalità, traspaia negli atti amministrativi relativi al periodo immediatamente successivo, ancora una certa preoccupazione nei confronti dei cosiddetti borghigiani, tant'è che la locale sezione del PNF avanzò un esposto alle autorità comunali, nel quale prospettava l'ancora sensibile malumore che serpeggiava tra gli abitanti delle frazioni che continuavano a lamentarsi della maggior imposta sulle cami suine sollecitando il ripristino della tariffa del 1923 e la fissazione del dazio a capo e non apeso.
Di fronte a tale esposto, l'autorità comunale fu abbastanza sollecita e, con deliberazione n. 94/24, modificò la tabella daziaria nel senso che la voce “carni suine”, “sia fissata in regime di £ 20,00 al capo".
Costantino Lauro
(da Il Sidicino - Anno I 2004 - n. 6 Giugno) |