Mastro Vincenzo Stabile
ultimo calzolaio
della "Discesa"
 

TEANO

 
Il passato
 
Manifatture e vecchi mestieri
 
La concia delle pelli e la calzoleria
 
CONCIATORI E CALZOLAI

Le arti della concia e delle calzature ebbero grande sviluppo in Teano già prima del XV secolo e raggiunsero nei secoli successivi dimensioni di tutto rispetto. E' difficile stabilire le cause che determinarono il fiorire di tali arti perché, come sempre accade da noi, l'unica fonte di ricerca è data dagli archivi ecclesiastici che nel caso specifico sono quasi interemante periti. Fortunatamente essi furono in parte scandagliati dai nostri memorialisti Broccoli e De Monaco, nelle cui opere abbiamo attinto le notizie che riportiamo.
L'Arte dei conciatori e calzolai - corbiseri et cordones - dette vita alla Congregazione laicale di S. Reparata, che il 1 dicembre 1489 ottenne dal vescovo Orso Orsini la concessione della cappella di S. Reparata nella cattedrale. L'istrumento, rogato dal notaio De Leone e riportato da Michele Broccoli in Teano Sidicino, ci tramanda molte notizie dalle quali traspare la condizione di agiatezza in cui vivevano all'epoca calzolai e conciatori.
Nell'atto di concessione i confratelli si obbligarono a riparare la cappella entro due anni e le opere da fare non erano di poco conto. Dovevano rifare tetto e pavimento, costruire un nuovo altare, ornare la cappella con un dipinto della santa e provvedere alla suppellettile e ai paramenti necessari per l'officiatura. Si obbligarono inoltre a far celebrare una messa alla settimana, nonché a realizzare due sepolture per i confratelli nella stessa cappella. La Congrega aveva inoltre l'obbligo di soccorrere i confratelli colpiti da infermità e di fornire alle figlie di tutti i confratelli una dote matrimoniale di ben cinquanta ducati.
Un'idea delle buone condizioni economiche dell'arte dei calzolai e conciatori si ricava anche dagli statuti della confraternita del 1631. I mastri calzolai donavano alla cappella tutto il pelo e la "carneccia" rasati dalle pelli ancora fresche e tutti i ritagli di lavorazione delle pelli conciate. Il tutto fruttava alla congrega circa sessanta ducati all'anno cui venivano ad aggiungersi le rette annuali, che all'epoca erano di due carlini per i mastri e un carlino per i lavoranti e gli apprendisti. La cofraternita possedeva inoltre un orto denominato "Saetta", sito dove ora sorgono l'edificio del Giudice di Pace e un parco residenziale, dal quale ricava trenta carlini l'anno di rendita.
Anche la piccola chiesa della Madonna di Costantinopoli presso la Porta della Rua, oggi sede della rosticceria Rendina, era di pertinenza della confraternita che vi faceva celebrare una messa al mese.
L'8 ottobre, festa di S. Reparata, i canonici della cattedrale officiavano, a spese della Congrega, la messa solenne e la processione della statua. In occasione della festa la congrega faceva macellare un vitello per distribuire la carne ai confratelli, mentre la testa veniva data in omaggio al vescovo.
Alla fine del Seicento l'arte dovette subire un notevole declino e difatti il vescovo Giberti, severissimo prelato dell'Inquisizione, proibì di erogare doti e altri soccorsi al di là di quanto consentivano le rendite.
Gli ultimi statuti - Regole e capitolazioni della laical cappella o sia congregazione di S. Reparata dell'arte dei calzolai e dei conciatori - furono redatti nella seconda metà del Settecento sotto il regno di Ferdinando IV di Borbone che li approvò nel 1776.

I confratelli della Confraternita di S. Reparata dei conciatori e calzolai di Teano nell'istrumento del 1489.
Antonio de Vito, Giacomino de Cercia, Giacomo dello Grillo, Giacomo Fecato, Mastro Paolo Scapparisi, Sabatinello Mollica, Mastro Luca Gentile de Nicola, Francesco Gambatesa, Giovanni degli Untuzone, Bernardo Gambatesa, Palmidesse Zarrello, Vincenzo Fortino, Mastro Francesco de Crispano, Lisi de Ciccarello delli Fiori, Caletto Proino, Leonardo de Pari, Giacomo Janapaca, Bernardo de Petri de Lisi, Antonio Florentino, Bernardino Magnanella, Masello de Salledino, Bernardino de Cappuccio, Angelo Verzillo, Masuccio delli Fiori, Giacomo Mollica, Giovanni De Fanello, Cobello Amore, Bianchino De Cozzolillo, Bernardo de Saverio, Francesco Colezzo, Francesco rainone, Monaco gambatesa, Lisi de saverio d'Angelo, Tamante della Luna, Bernardino de Apostoloro, manganello de Garamo, Angelo Magnanella, Antonino Longo, Urbano Compagnone, Paride de Ciedro de Thora, Giovanni Perillo, Masuccio de Gonnello, Anello de Formicola, Micco Romano, Santo Pagliaro, Tiano Sadolfo, Epifanio de li Fiurj, Angelo Vergarella, Salvatore de Sproicieri, Jannuccio de Ailano, Jesemundo Martino, Giacomo de Lillo, Benedetto Prencipato, Ciedro de Formicola, Antonio Capresso de Theano.
Mastri procuratori erano: Paolo de Garamo, Costanzo delli Fiori e un tale Andrea.
Pochi sono i cognomi teanesi: de Vito, Grillo, Mollica, Gentile, de Pari, Fiorentino, Verzillo, d'Angelo, de Garamo, Compagnone, Martino, Capresso (Cipresso).

'A scesa ri Cauzulari
Oggi è per tutti Via Nicola Gigli, ma fino a qualche decenni addietro era per tutti semplicemente la Discesa dei Calzolai. Discesa perché in forte pendenza, dalla Piazza alla Porta della Rua; dei Calzolai perché vi avevano sede decine e decine di botteghe di calzolai. Calzolai, autentici e raffinati maestri artigiani in grado di soddisfare ogni richiesta della più variegata clientela. Quasi degli artisti, anche se nel nostro gergo quando si vuole denigrare un professionista, lo si chiama <<scarparo>>.
Questa strada è un pezzo della nostra storia, come i mulini, i frantoi, le ferriere, le concerie, le botteghe dei sellai e degli sportellari, tutte cose scomparse poco a poco dopo l'ultima guerra.
Non che tutti i calzolai avessero bottega lungo la "loro" Discesa, perché molte stavano nella strada di S. Agostino, oggi Via Porta Roma, che della Discesa costituisce la prosecuzione verso la porta superiore della città antica. C'era un calzolai anche lungo il Corso, mastro Raffaele, un distinto vecchietto di cui aveva cura la figlia nubile, Lucietta. C'era anche un calzolai "ambulante", Mast'Antonio 'u romano, che era originario di Roma, aveva molto mestiere ma non aveva bottega. Si vantava di aver lavorato in gioventù nei famosi calzaturifici di Varese. Conduceva quai vita da barbone, dormiva in un piccolo vano all'interno di un portone in Piazza Marconi e finì i suoi giorni alla Confidenza Castallo. Quando gli veniva commissionato un lavoro, non avendo bottega, lo eseguiva in quella di qualche compiacente collega, poi oziava per giorni e giorni nelle cantine fino a quando non aveva speso l'ultimo centesimo del compenso riscosso.
In Via Porta Roma c'erano le botteghe molto affollate di mastro Antonio Corrado e Mastro Ernesto Criscuolo, quest'ultima non riusciva mai a soddisfare tutte le richieste che riceveva dalla clientela nonostante vi fossero molti lavoranti e apprendisti. Mastr'Antonio Boragine era invece specialista nelle calzature femminili che confezionava con molto gusto e con raffinata fattura. Seguivano le botteghe di Salvi, Turco e Imondi.
E veniamo alla nostra Discesa. Quando portavo ancora i pantaloni corti e la percorrevo ogni giorno poiché abitavo all'angolo di Largo Giardino, c'erano ancora tantissime botteghe che si alternavano a quelle di falegnami, barbieri, sarti, a qualche cantina e a due negozi di alimentari che quasi facevano a gara a inondare la strada dell'odore acre delle sarache in barile e del baccalà posto in ammollo in grosse vasche bianche smaltate. Allora circolavano pochissime automobili e la zona di S. Pietro e della Viola erano densamente abitate, di conseguenza la Discesa era frequentatissima in tutte le ore del giorno.
La prima bottega sul lato destro scendendo era di Mastr'Antonio De Simone, seguiva quella di Mastro Peppino De Giulio, poi Mastr'Erminio Martorelli e Mastro Paruccio Pilotti, famoso per i suoi "prussiani". La bottega di Mastr'Antonio De Masi era la più grossa: cinque aiutanti e tre apprendisti, di cui due ragazzini sempre impegnati a raddrizzare i chiodi sul gradino d'ingresso o a riempire bottiglie di freschissima acqua alla vicina fontana di largo Giardino, dove spesso si attardavano a giocare a pallone con gli altri e venivano redarguiti dal mastro. C'erano anche le botteghe degli Schiavone, Antonio e Armando, di Alfredo Marino, Zancaglione, Mastro Giuseppe Pilotti e Mastro Luigi Milano, alias 'u Tesoriere.
Il lato sinistro, quello che si apriva con l'indimenticabile negozio di giocattoli di Nicola 'a Cazetta, aveva un pari numero di botteghe: Parente, Capriolo, i due Diana, i due Verrengia, i due De Francesco, Tridente, Natalino 'o Russo per via dei capelli, Crispino, Rispoli, Grillo, Feroce, Silvetri, Zanni, Notarianni, Gammella, Coppola, Supino, Mastr'Antonio 'u Zuppetto.
Come si può notare dai cognomi c'erano intere famiglie e molti napoletani. tra questi eccelleva per bravura Gaetano 'u Napulitano. Qualcuno divideva il mestiere con altre attività: Zancaglione faceva anche il sellaio, Mastro Lisandro Boragine era sacrestano part-time ma sempre puntuale alla Madonna delle Grazie, Feroce e Crispino suonavano nella locale banda musicale, De Masi era anche fuochista.
Di tutta questa infinità di botteghe che sfornavano migliaia di paia di scarpe e le esportavano nei centri vicini e anche in città lontane non resta più nulla se non l'ostinazione dell'unico superstite, Vincenzo Stabile, alias 'a Veloce, che ancora tiene aperta la vecchia bottega tappezzata di foto del Duce e del Ventennio e siede mesto e inoperoso sulla soglia a rinvangare con la mente chissà quanti ricordi.

Pasquale Giorgio
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 12 Dicembre)

 
 
Siamo grati a Pasquale Corrado per averci cortesemente fornito queste due foto, riprese qualche anno prima dell'ultima guerra, dell'antica bottega paterna in Via Porta Roma. Nella prima foto: Mastro Antonio Corrado al lavoro con Nicola Feroce e Paride D'Andrea. Nella seconda foto: con la figlia Enza, Paride D'Andrea e un giovanissimo Rodolfo Gammardella in posa di aspirante artigiano.