TEANO

 
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L'Acqua Ferrata
 
L'ACQUA FERRATA: una risorsa nel nostro futuro
 
Troppo spesso pensiamo a un futuro privo di prospettive per la nostra Teano.
Eppure ci sono tante risorse per un futuro diverso. Le risorse le abbiamo, ma non pensiamo a valorizzarle e soprattutto a sfruttarle economicamente.
L’Acqua Ferrata potrebbe essere una valida risorsa già nell’immediato.
Dedichiamo tre pagine del giornale a quest’argomento nella speranza di suscitare un dibattito tra i lettori e di sollecitare l’opinione pubblica e chi ci amministra a non abbandonare l’idea di sempre: riportare la sorgente delle Caldarelle agli antichi splendori.
 
UNA RISORSA CHE POTREBBE ESSERE VINCENTE

Di qualcuno finanziariamente intraprendente si diceva una volta che “era capace di trarre sangue da una rapa”, intendendo sottolinearne le capacità d'inventiva economica.
Una sorta di sottile dispregio da parte di una cieca borghesia abituata al lavoro routinario, dalle ferree regole della ricerca del profitto sicuro e della resa stabilizzata, o da parte di un indolente mondo operaio pavido di ogni intrapresa autonoma.
Eppure nacquero i Ferrero, gli Zanussi, gli Agnelli e tante altre migliaia di individui capaci di “creare” una fonte di reddito per centinaia di migliaia di altri individui.
E nacquero uomini dalle idee sulle quali pochi avrebbero scommesso, ma sulle quali poggia oggi l'ossatura della economia mondiale.
Era il primo periodo della economia capitalistica occidentale che, con tutti i suoi difetti, produsse ricchezza e progresso; poi si diffuse il credo del “posto sicuro” che solo lo Stato poteva garantire.
E fu corsa all'insegnamento, all'arruolamento, al concorso pubblico.
Un filone destinato inesorabilmente ad esaurirsi: per le più svariate cause, ma soprattutto per la insita mancanza di inventiva.
Oggi il quadro del mondo produttivo è completamente cambiato: il posto fisso, con tredicesima, quattordicesima e ferie pagate, è una vecchia chimera. Il lavoro bisogna inventarselo.
E così come fece chi intuì che il mondo potesse aver bisogno di lavatrici e frigoriferi, di auto e motocarri, di merendine ed altro, bisogna oggi avere profonda attenzione per quelle che potrebbero essere le richieste del mercato.
Si lavora molto meno di cinquant'anni fa, ma il tipo di lavoro, pur avendo nella quasi totalità trasferito lo sforzo umano dall' impegno fisico a quello intellettuale, è non meno defatigante.
E se una volta poteva bastare un buon riposo a letto o una gita al mare, adesso occorre altro, conforme alle esigenze di sanità della mente e del corpo, che ci vogliono sempre belli, riposati e curati (Berlusconi in bandana e lifting docet).
I night-club, le balere sono passate di moda; le discoteche lo faranno. Fiuggi, Castrocaro, Montecatini, Ischia, Abano, restano con la loro offerta di benessere che, per quanto la si voglia negare al potere delle “acque”, resta comunque legato ad una immersione (è il caso di dire) nella natura incontaminata.
Un paese che possiede salubrità di clima, ricco di acque alcune delle quali di proprietà curative scientificamente accertate, immerso in una natura ancora per poco verdeggiante, non può consentire la costruzione di deturpanti opifici che si trasformeranno in breve in ancor più deturpanti macerie industriali. Oggi, a Teano, chi abbia lume politico ed amministrativo, non lo può consentire.
Eppure è stato fatto.
Se solo ieri, e non l'altro ieri, si fosse seriamente pensato ad una politica di rivalutazione ambientale di riqualificazione dei luoghi, con rivalutazione dei corsi d'acqua e delle risorse idriche annesse (leggi corso del Savone e sorgente delle Caldarelle) forse oggi Teano avrebbe, insieme all'offerta storica ed archeologica, un posto di rilievo nella richiesta turistica della gente.
Nel 1991 una strana amministrazione (strana per la eterogenea composizione che vedeva parte della DC, del PSI, del PLI e del PSDI in un ambito di stragrande maggioranza democristiana, e strana per la durata, meno di un anno) tentò di percorrere questa strada affidando uno studio di fattibilità per un villaggio turistico alla Valtour. Ma tutto fu bloccato dalle amministrazioni succedutesi.
Brescia, Bergamo, Ferrara, Treviso hanno trovato un ottimo rilancio economico nell'organizzare mostre di pittura di grandi artisti e sono state sommerse di visitatori. Una idea piccola, ma tanto coraggiosa, che certo impegna capitali enormi, ma che altrettanto certamente non nega un abbondante ritorno.
Intervento pubblico o privato? E' stupido perdersi in simili disquisizioni: sono necessari entrambi, nello esatto ordine espositivo. Se uno Zanussi locale fosse esistito, ma soprattutto se avesse incontrato l'appoggio ideologico e materiale degli enti pubblici, oggi avremmo, probabilmente, le “Terme dell'acqua ferrata”. E se lo Zanussi non fosse esistito localmente, ne sarebbe venuto un altro da fuori per approfittare della buona volontà di una amministrazione orientata in tal senso.
A voler trarne il succo, a quanti troppo superficialmente guardano ad un futuro privo di prospettive per il nostro paese, vorremmo ricordare che le risorse ci sono, le abbiamo, ma dobbiamo seriamente pensare a valorizzarle e a sfruttarle. Con capacità, certo, ma soprattutto con tanta, tanta, tanta continuità; costruendo senza distruggere quanto altri hanno già costruito.
Si abbia il coraggio di pensare e di pensare con coraggio, oltre i propri interessi elettorali.

Claudio Gliottone
(da Il Sidicino - Anno II 2005 - n. 01 Gennaio)


QUANDO NON C'ERA LA FARMACOPEA QUELL'ACQUA ROSSASTRA ERA VINCENTE

Che l'umanità avesse grande stima quale farmaco di cose (acqua, piante, ecc.) che farmaco non sono, lo si spiega con l'ignoranza dominante dei fenomeni e la credulità che persiste tutt'oggi (vedi il fiorire di maghi, di oroscopi, di Vanna Marchi, di miracoli, ecc…).
L'acqua, in particolare (“sorella acqua”, direbbe Francesco d'Assisi) che disseta, deterge, scorre, rinfresca, purifica, era al primo posto in tale credo.
Dove era una sorgente, ivi era un fonte battesimale. La pochezza umana ed il suo peccato originale erano (e sono) mondati dal sacramento, per immersione o per aspersione.
L' acqua che arrossa il suolo (l'acqua ferrata) era un mistero e, forse, faceva miracoli.
Così si spiega la presenza delle numerose monete trovate in località Caldarelle.
C'era un tempio, forse?
Nella fontana di Trevi si gettano sempre le monete del ritorno. Si spera di tornarci, a Roma. Un regista ci immerse una abbondante attrice…beneaugurante!
L'acqua ferrata la si beveva, ci si bagnava.
In un'epoca senza la farmacopea ufficiale e senza la farmacopea fasulla della omeopatia, il rosso liquido era vincente. Credere negli effetti terapeutici mirabolanti era una logica conseguenza.
Per l'uomo d'oggi che c'è di vero?
Quale uso, oltre quello potabile molto gradevole, se ne può fare?
Accantonata per il momento la differenza pratica tra lo ione ferroso e lo ione ferrino che lasciamo ai biochimici diciamo che il ferro ha proprietà antianemiche.
Sta nel sangue, cioè dentro i globuli rossi (eritrociti), nell'emoglobina che trasporta l'ossigeno con labile legame.
La mancanza di ferro equivale all'anemia sideropenica, cioè ferropriva.
Allora, o anemici, rechiamoci non nelle ricche farmacie, ma alla sorgente Caldarelle e beviamo l'acqua salutare per noi vecchi da morire, per le donne gravide, per i bambini.
Le sole categorie per le quali la prescrizione “ferrata” ha significato.
L'effetto terapeutico maggiore sarebbe la passeggiata antistress.
Lontano dai rumori, dallo smog, dalla velocità (maledetta auto e tempo reale!), dai telefonini.
Passeggiare in pace. Rotta solo dai cani bastardi (non solo loro) disseminati lungo il percorso da insensibili cittadini, insensibili ad ogni civile esigenza.
Muniti di “sassi” per una battaglia perduta.
Sasso è il cognome di un combattente.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno II 2005 - n. 01 Gennaio)


I bagni e il "rito" della fresella

Certamente tutti i nostri concittadini conosceranno, almeno per sentito dire, dell'esistenza, nel nostro territorio, della sorgente dell'acqua ferrata. Ma in modo molto superficiale, quasi disinteressato, perché noi siamo abituati a lamentarci sempre per non avere questo o quello e nel contempo mandare alla rovina quello che abbiamo.
Così come accadeva per i grandi beni archeologici trascurati ed abbandonati al vandalismo ed al saccheggio dei tombaroli.
Ma almeno per questo vi fu, a suo tempo, una amministrazione comunale che mosse le acque, un Gruppo Archeologico che sensibilizzò l'opinione pubblica, e finalmente la ferma volontà di una persona, peraltro neanche indigena, purtroppo sottovalutata ed osteggiata, che creò i presupposti per la valorizzazione di tanta ricchezza.
Così non è stato per l'acqua ferrata. Vero è che l'atteggiamento del proprietario del fondo in cui è situato il viale di accesso alla fonte ha sempre impedito di trovare un accordo, ma mai ho visto ed udito che le competenti autorità si siano seriamente impegnate a trovare una via di soluzione al problema. Chi scrive si è anche personalmente impegnato più volte per riuscirvi, fino al punto di progettare una società per azioni nella quale il proprietario del fondo avesse quote valutate in proporzione al valore del terreno, ma ne ottenne solo tentennamenti.
Anche il discorso con le autorità comunali di varie amministrazioni si è sempre dimostrato difficile, sia nel passato che in tempi più recenti. Finora tutto tace.
Dopo la critica veniamo ai fatti: cosa era per Teano la sorgente dell'acqua ferrata?
Era il nostro fiore all'occhiello: se ne parlava a Teano e fuori, nei paesi limitrofi. Tutti elogiavano i benefici prodotti da quell'acqua, i medici la consigliavano ai bambini anemici ed alle donne in attesa. Ricordo che anche in Seminario, dove sono stato alcuni anni, molti seminaristi erano forniti giornalmente di una bottiglia di quest'acqua che un tale, incaricato dai genitori, andava ad attingere alla fonte.
E, giacchè essa è effervescente, ci si divertiva, di nascosto, ad agitare un po' le bottiglie e ad allentare i tappi che ad un certo punto, nel silenzio assoluto richiesto in refettorio, cominciavano a saltare con una serie di botti.
Tutti erano interessati a beneficiare dell'acqua ferrata: nelle belle giornate gruppi di amici e famiglie, nonché giovani coppiette si avviavano a fare la salutare passeggiata, forniti della “fresella” da inzuppare e del fiasco per bere e per portarne a casa. Ma solo un fiasco, perché dopo un giorno il fondo del recipiente si copriva di una ruggine ferrosa depositata dall'acqua.
Però il maggior pregio era costituito dal piccolo stabilimento sorto sul posto. Era piccolo, ma importante, perché allora non esistevano i tanti stabilimenti termali ormai sorti dappertutto. Vi si accedeva da una sala tappezzata di testimonianze rese da persone eminenti perfino del periodo romano. Ora questa è dirupata e invasa dalle spine così come la diecina di cabine con vasca dove si poteva godere del tepore dell'acqua riscaldata da una caldaia a legna.
Ed il bagno lo facevano non solo i nostri concittadini. Dai paesi vicini venivano col calesse o con la carrozza per effettuare il periodo prescritto per la cura. Qualcuno veniva da lontano e sostava presso parenti o in piccoli appartamenti, con indubbio beneficio anche dell'economia locale.
Ma le clienti più numerose erano le donne considerate sterili, e giacché non si conoscevano metodi per accertare se la causa della sterilità era maschile o femminile, esse si sottoponevano alla cura sperando nel buon esito. E l'affluenza era incrementata anche dal fatto che più d'una di esse affermava di aver realizzato il proprio sogno per effetto della cura.
Però, come al solito, le malelingue non mancavano e cominciò a corre voce che il merito era del baldanzoso bagnino che vi operava.
Io, naturalmente, non posso né confermare né smentire, ma penso sia ora di mettere alla prova la validità delle affermazioni delle signore.

Paride Squillace
(da Il Sidicino - Anno II 2005 - n. 01 Gennaio)