TEANO
 
Gente d'altri tempi
 

"Ut vivam..."

 
In ricordo del sacerdote Francesco Tatulli, per decenni rettore della chiesetta di S. Maria Celestina ('a Parrucchiella), spentosi, novantaduenne, in Teano il 19 settembre 1964.
 

Era questa la frase con la quale ci si salutava quando ci si incontrava con Don Ciccio Tatulli: Ut vìvam. E lui con tremula voce baritonale rispondeva: in corde Iesu, semper. E l'accompagnava con un affabile sorriso mentre gli brillavano gli occhi.
Don Ciccio veniva da lontano: era stato assegnato qui dopo che aveva smesso il saio di frate ed aveva optato per il clero ordinario. Non essendoci parrocchie libere, perché allora di preti ce n'erano molti a Teano, gli fu assegnato l'ufficio di mansionario del Capitolo della Cattedrale con un compenso non certo lauto e quindi viveva da solo in un piccolo appartamento.
Però sapeva arrotondare le sue entrate. Poiché era frequente, in quel tempo, che chi poteva invitava il Capitolo per l'accompagnamento dei defunti all'ultima dimora, egli era sempre presente e dominava il coro dei canonici e mansionari nella recita delle preghiere, strettamente in latino, durante le funzioni liturgiche e l'accompagnamento.
Ma aveva anche altre risorse: sapeva suonare l'organo e, sostenuto dalla bella voce tremula e gioiosa, era spesso chiamato a suonare e cantare messa per matrimoni ed altre occasioni, a volte accompagnato da Don Paroccio (fratello di Don Leopoldo, ufficiale giudiziario) che metteva la sua bella voce a disposizione di chi lo compensava.
Ma Don Ciccio aveva anche da sbrigare le sue faccende personali e perciò lo si vedeva spesso attraversare le nostre vie sempre eretto nella persona e, con atteggiamento sorridente, salutare tutti e intonare il suo “ut vivam” o rispondere “in corde Iesu, semper”.
Questa frase era il motto che aveva scelto per la sua vita e che in italiano significava: "Affinché viva sempre nel cuore di Gesù". Molti giovani si affezionarono a lui e spesso per strada vi si intrattenevano; non amava perdersi in pettegolezzi e rispondeva alle domande in modo conciso ed incisivo, sempre impostato a contenuto etico e accompagnato da un gioviale sorriso.
Qualcuno alla pronuncia della ormai rituale frase volle aggiungere una domanda: e chi nun vo'sentì? E lui pronto: all'inferno adda i'!
L'aggiunta piacque molto e da quel momento nacque un motivetto che nell'incontro veniva cantato al posto del motto originario. Non mancò qualcuno più faceto che, esulando dalla serietà del tema, inventò una spiritosaggine e, fingendo di non conoscere il latino, al posto di dire “in corde lesu, semper", esclamava altra frase che, pur avendo la stessa concordanza, aveva ben altro significato, che non sono qua a riferire.
Anche in questo non v'era malizia e i brevi giocosi incontri continuarono fin quando funesti eventi ce ne
privarono.

Paride Squillace
(da Il Sidicino - Anno III 2006 - n. 2 Febbraio)