TEANO

 
Arte e archeologia
 
Il parco archeologico di Teanum Sidicinum
Esigenza assoluta per il futuro del nostro territorio

In tempi in cui si parla in ogni sede, e ad ogni livello, di Beni culturali,  e delle positive ricadute socio-economiche che  politiche  ed interventi indirizzati alla tutela e alla valorizzazione delle ricchezze ambientali, storiche, architettoniche e archeologiche possono innescare e determinare, il convegno sul tema del “parco archeologico”, tenuto il 20 ottobre scorso nella sala conferenze del ”Loggione” del Museo ha costituito un ulteriore momento di riflessione e di analisi.
L’occasione, infatti, si è rivelata utile opportunità per discutere e confrontarsi da parte della classe politica, degli operatori culturali, delle associazioni e dei cittadini; prefigurando possibili scenari futuri, con la consapevolezza dell’enorme valore  che la dovizia e il pregio di queste ricchezze, frutto della sedimentazione e stratificazione delle varie epoche e civiltà succedutesi, rappresentano per il nostro territorio.
Sembrano fortunatamente passati gli anni in cui gli amministratori della nostra Città vedevano come il fumo negli occhi quelli che parlavano di tutela ambientale, di salvaguardia del patrimonio archeologico, e anteponevano il recupero e la valorizzazione delle vestigia del nostro passato alla cementificazione incontrollata e  priva di qualsiasi qualità.
Anni in cui si immaginava uno sviluppo industriale, e si prevedeva una crescita demografica mai supportata da analisi scientifiche,  che portò, con l’alibi dell’emergenza terremoto, allo sventramento di borgo S. Antonio abate, con la demolizione della cortina edilizia seicentesca, all’ingresso del paese, che funse da testa di ponte per l’edificazione di un complesso residenziale sull’area prospiciente il Teatro, con l’alterazione irreparabile di quel continuum, fisico e visivo, tra la Teano romana e quella medioevale.
Tempi di contrapposizione dura e decisa, fatta di scontri, dibattiti, denunce, petizioni e interrogazioni parlamentari, portata avanti dall’allora Partito Comunista, dagli ambientalisti, e pochi altri, amanti delle  “prete vecchie” come con scherno venivano (venivamo) apostrofati.
Periodi in cui si “programmava” l’abbandono del centro storico, invece di intervenire per il recupero edilizio e funzionale  dello stesso, che presentava (e presenta tuttora) un considerevole  numero di vani abitativi, di negozi vuoti e abbandonati, in pieno degrado, e si deliberava la cancellazione dell’area verde-cuscinetto attorno al perimetro delle mura dell’acropoli e del centro storico, soffocandolo e inglobandolo tra nuove costruzioni. 
Pur tuttavia, sarebbe stato certamente possibile cominciare a discutere proficuamente, e intervenire in maniera lungimirante, già allora,  privilegiando il bene pubblico e  l’interesse collettivo, come si evidenziò nella seconda metà degli anni “80”, quando per pochi mesi quel partito, con un proprio rappresentante in Giunta, fu al governo della Città, e determinò il dirottamento del finanziamento dell’ ”ERCE”, che si  voleva utilizzare per la costruzione di una strada di collegamento tra Viale S. Antonio e l’area di S. Reparata, prossima alla lottizzazione (di un privato).
Finanziamento che si impiegò, invece, per il risanamento della zona medioevale di S. Caterina e di S. Pietro in Aquariis, e di quella dei “Cappelloni”, con opere  fognarie, idriche, di illuminazione e di pavimentazione, ridando dignità ai quartieri e agli abitanti,  restituendo, così, parte considerevole del tessuto urbano alla piena fruizione dei cittadini e dei visitatori.  
La pervicacia di quella parte della comunità, il venire meno delle speranze di una crescita economica legata al sogno di un’industrializzazione mai decollata e poi tramontata del tutto, il crescere di una nuova sensibilità, e l’affermazione a livello nazionale di tematiche legate allo sviluppo endogeno e allo sviluppo autocentrato, hanno  fatto sì che quelle istanze divenissero patrimonio comune, lessico imprescindibile per chiunque.
Inoltre, negli ultimi tempi si è avuto un germogliare di iniziative, di studi, e di scoperte sensazionali  di notevole livello storico, scientifico e artistico, grazie anche al lavoro scrupoloso e incisivo del responsabile dell’Ufficio  per i Beni Archeologici di Teano, dott. Francesco Sirano. E’appena il caso di citare tra le altre: - le indagini, su un’estesa area a sud est del Teatro, nella zona compresa dal santuario di Giunone Popluna, il Teatro e l‘area della “Trinità”, condotte con il metodo dell’elettroresistività, da ricercatori della “British School at Rome” (tra cui Andrei Hadrill e Sophie Hay), che hanno evidenziato che il tessuto, ancora sepolto, della città antica è molto ben conservato, con la presenza di notevoli e importanti edifici;
- la campagna di scavi, lungo Viale ferrovia, sull’area che negli anni “60 era stata destinata alla costruzione dell’”Antiquarium” che ha posto in luce notevoli e importanti resti archeologici pertinenti ad un grande complesso pubblico della Città destinato, molto probabilmente, a “Macellum”;
- l’individuazione, nei saggi sull’area di Loreto, del sacello e dell’ara  successivamente inglobati nel tempio di Popluna, con il rinvenimento di reperti di coroplastica di eccezionale qualità artistica;
- la scoperta di una “domus” con ninfeo, in occasione dei saggi preliminari al paventato intervento di insediamento produttivo nell’area dell’Anfiteatro;
- le ricerche, al fine di contrastare scavi clandestini, nella necropoli di “Settequerce”, già indagata nel 1998 dalla dott.ssa  G. Gasperetti, che hanno portato alla luce altre 17 sepolture, tra quelle intatte e quelle  depredate, di cui una, la tomba n. 5, appartenente ad un  personaggio di alto rango della società Sidicina, attestato dal ricco corredo funerario costituito da uno scettro, vari bronzi, di cui un singolare e raro filtro/aspergillum, e un servizio di ceramica da banchetto riferito al consumo del vino;
- i lavori per il progettato recupero e restauro del Teatro, con lo scavo della parte ancora sepolta della cavea e di parte dell’edificio scenico, e la scoperta, da parte dell’arch. Alfredo Balasco,  della rampa di collegamento tra il Teatro e l’area sacra del soprastante Santuario.
Felici stagioni suggellate dalla manifestazione “Teanum Sidicinum” al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dal 7 aprile al 10 maggio 2006, curata da Marco de Gemmis (sidicino d’elezione), Richard Neudecker e Francesco Sirano,  che ha confermato l’interesse e l’attenzione degli studiosi, italiani e stranieri, verso la storia e la cultura del nostro territorio, e che ha richiamato un gran numero di visitatori. Evento suddiviso in due momenti: la mostra dedicata ai “Ritratti Rituali” del fotografo Luigi Spina, con la presentazione di una selezione di immagini in bianco e nero, di terrecotte, ex voto, provenienti dai santuari sidicini, tratte dal suo lavoro pubblicato da  Federico Motta editore, e la mostra “Alta Terra di Lavoro. Nuove scoperte da Teano e Presenzano”, dove sono stati  presentati e illustrati gli ultimi rinvenimenti  di quei territori; mostra poi riproposta a Roma  presso l’Istituto  Archeologico Germanico, nell’ambito della giornata di studi sull’archeologia Sidicina.
Ebbene, tanto fermento, tanto fervore  avrebbero dovuto,  logicamente e conseguenzialmente, orientare ogni sforzo da parte delle classi dirigenti, stimolandole ad adottare linee e indirizzi di salvaguardia e  di valorizzazione del territorio, e dei siti di importanza archeologica e ambientale, preservandolo da ogni tentativo di aggressione, deturpazione e depauperamento.
Invece, nonostante tutto, questi indirizzi sono ancora in nuce, solo timidi abbozzi e i rischi di aggressione al nostro territorio, più sottili e insidiosi e perciò meno afferrabili a prima vista, scientificamente  fomentati  con bizantinismi e arzigogoli, sono sempre all’ordine del giorno.
Basti pensare al tentativo, per ora bloccato, dell’attacco all’area del Teatro, con il progetto di costruzione di villette a schiera, l’“insediamento produttivo” previsto a ridosso dell’Anfiteatro, fortunatamente sventato, e tutti quelli che, invece, sono sorti a macchia di leopardo nel breve volgere dell’agosto scorso, deturpando il paesaggio e l’ambiente.   
E’ urgente e necessario, pertanto, attivarsi da subito senza tentennamenti e intervenire al fine di recuperare, preservare e tramandare, la memoria  di ciò che il popolo di questo territorio ha rappresentato, in termini di costruzione di una civiltà, a suo tempo, ricca e fiorente.
Di quando la “..Teano preromana  (e romana)…….. era una terra felice, più felice della stessa Capua, boriosa e ombrosa di troppa ricchezza, perché gli agi non dovevano dissociarsi da certa arcadica compostezza di vita patriarcale, tra colli, e selve e acque fruscianti e ........ risparmiata dagli orrori della guerra (tra Silla e Scipione) continuò a prosperare per tutta l’età dell’impero fedele ai suoi numi, agli innumerevoli sacelli disseminati tra selve, pascoli e sorgive” (Amedeo Maiuri).
Risale al lontano 1993 il progetto per il Parco Archeologico, a cura degli architetti A. Balasco, T. Taffuri e R. Bonavolontà, con la direzione scientifica della Soprintendenza, che fu presentato in occasione del Convegno sul tema “Beni culturali e pianificazione nell’Alto Casertano”,  nella sala conferenze del Loggione.
Da allora, di Parco Archeologico non si è più discusso, se non in occasione della predisposizione di programmi elettorali delle forze politiche locali, o alla presentazione di nuove scoperte; poi  l’argomento veniva rimosso.
Il Convegno sul “Parco Archeologico di Teanum Sidicinum” ha avuto il grande pregio di riportare all’ordine del giorno questo fondamentale tema per il futuro del nostro paese.
Perché non è più il momento dell’enunciazione di intenti, bisogna, abbandonando la logica di interventi episodici e simbolici, avviare una programmazione che sia frutto di un disegno strategico complessivo. Partendo dal progetto del 1993, rimodulato alla luce delle nuove scoperte e acquisizioni scientifiche, considerando parte integrante dello stesso, non solo quelle aree di proprietà pubblica e interessate già da vincoli, quelle di interesse archeologico e le fasce di rispetto contigue, bensì buona parte del territorio Sidicino, come illustrato dall’arch. A. Balasco, a partire dal Centro Storico, dall’ipotizzato “parco fluviale del Savone”, e da quei pregevoli insediamenti rurali che costellano il nostro paesaggio; con il Museo Archeologico cuore e cardine del sistema.
Di modo che  si vada oltre l’ambito e i limiti territoriali storicizzati, ad oggi definiti, per un dimensionamento adeguato allo scopo, e per evitare  possibili futuri errori di valutazione che l’originalità e la peculiarità dell’insediamento della Teanum Sidicinum può comportare.
Come quello che, negli anni settanta, rese possibile la realizzazione di  interventi di edilizia economica e popolare nella zona a ovest di Viale Ferrovia, non inclusa, da eminenti studiosi (Schmiedt, Johannowsky), nel perimetro urbano, che portò alla distruzione di un intero quartiere  risalente al III secolo a.c.
Mobilitandosi, poi, affinché il nostro territorio e le sue ricchezze, quali formidabili “attrattori culturali”, diventino veicolo  capace di attrarre, canalizzare e concentrare risorse economiche, all’interno di attività sinergiche tra diversi soggetti pubblici e privati.
Prevedendo, nel contempo, collegamenti e accordi, progettando strategie comuni in un ottica di sistema, con le realtà territoriali omogenee circostanti, al fine di ottimizzare  finanziamenti, sponsorizzazioni, politiche di tutela, di gestione e promozione; favorendo, altresì, attività  di formazione e di ricerca scientifica.
Creando un ambito territoriale culturale che parta da  quello  costituente il  Circuito dei Teatri antichi “Teatri di Pietra”, (Teano, Calvi, Alife, Sessa A., S. Maria C.V), contemplando l’allargamento a un circuito medioevale, con l’inclusione dei  borghi pittoreschi e suggestivi di Riardo, Vairano, Pietravairano, Mignano M., con  la presenza di mura, camminamenti e castelli, e  includendovi Carinola, la “Pompei quattrocentesca”, per la sua straordinaria   architettura  catalana.
Nell’ottica della realizzazione di  un  Distretto Culturale dell’Alto Casertano, che possa, poi, ancorarsi e raccordarsi al futuro Distretto di “Terra di Lavoro”,  di cui alla recente dichiarazione d’intenti, siglata dal Ministro dei Beni Culturali a Caserta.
Tutto questo, logicamente, obbliga la città a scelte politiche chiare e congruenti con gli obiettivi prefissati, e anche di forte impatto e valenza economica e ambientale, qualora dovessero risultare necessarie. Basti considerare quelle che l’Amministrazione di Cortona ha deliberato, per ottemperare a quanto previsto nell’organizzazione del proprio Parco Archeologico, con lo spostamento di un tratto di strada provinciale  e di un tratto di fiume. A cominciare dalle scelte da operare con l‘attuazione del Piano Urbanistico Comunale (PUC), con la necessità di farvi ricadere, a cascata, tutte le indicazioni e le prescrizioni indispensabili per improntarlo alla filosofia del “Parco”, rendendo impraticabile qualsiasi intervento incompatibile e contrastante.
Dando, finalmente, attuazione al vigente “Piano di Recupero” del centro storico; rendendo concreto il “Piano del colore”; realizzando un vero “Piano parcheggi”, attorno al circuito delle mura urbiche, adeguato alle necessità odierne e a quelle prevedibilmente indotte dai flussi turistici futuri, chiudendo, così, il centro storico al traffico veicolare; rivedendo il “Piano commerciale”, prevedendo tutta una serie di incentivi ed esenzioni per favorire l’apertura, l’ammodernamento e il ripristino di attività consone ad un centro storico di una città d’arte.
Obiettivi di  portata strategica e di valore incommensurabile, che possono davvero far decollare un intero territorio, in termini di crescita culturale, sociale  ed economica, affrancandolo da ataviche arretratezze e suicide miopie, per il raggiungimento dei quali occorre, a parte un impegno economico particolarmente forte, una convinzione, una fermezza, e una perseveranza fuori dal comune.
        Per questo, sarebbe auspicabile la costituzione di un “Comitato per il Parco”, con la partecipazione di rappresentanti dei vari soggetti interessati (Soprintendenze, Comune, Provincia, Partiti politici, Cittadini, Associazioni culturali, Imprese) per ratificare il Progetto,  prevedere e definire i  tempi di realizzazione, e fungere da pungolo e  controllo.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 2 Febbraio)