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La chiesa di Erchemperto

 

La visita della chiesa che accolse anche il nostro Erchemperto è stato il momento più emozionante della Giornata. M'è parso di percepire sui volti di molti visitatori un diffuso senso di smarrimento e insieme di raccoglimento, il primo causato forse dalla freddezza dell'edificio, eccessivamente intonacato e dipinto d'un giallo intenso, reso acre dai potenti neon allineati alle pareti, il secondo originato forse dalla comune percezione dell'intensa sacralità dell'area che si avverte nettamente anche se la vista è offesa dalla sciatteria di un restauro devastante e incompiuto.
Dalla ricostruzione dopo l'incendio dei tempi dell'abate Rageprando la chiesa non ha subito ingiuria maggiore di quella recatagli dalla Soprintendenza ai beni architettonici di Caserta.
I D'Andrea, che l'avevano acquistata nell'Ottocento dai De Quattro, insediativisi dopo la confisca napoleonica dell'intero complesso e delle rendite annesse, l'avevano adattata al gusto non molto apprezzabile del secolo; i Martellini, loro eredi, l'avevano maggiormente ornata e tutto sommato non avevano fatto guasti. La piccola abside centrale era stata trasformata in sacrestia, innalzando una parete dietro l'altare e un arco trionfale all'altezza delle prime due colonne, e il tetto era stato celato da una volta incannucciata. Francesco D'Andrea l'aveva inoltre dotata delle rendite del suo fondo “Scapuci” e i fratelli Ademiro ed Ernesto Martellini, care figure di farmacista e di medico della nostra infanzia, vi avevano fondato, nel 1932, anche una cappellania per l'officiatura.
Nel dopoguerra,fino alla sua elezione episcopale, Mons. Leonardo vi celebrava ogni domenica e la folla di giovani che lo seguiva superava sempre la capienza della chiesa.
Nel 1968 era ancora funzionale, dotata di banchi, di armonium e di una bella statua di S. Benedetto. Venne in mente a qualcuno della Soprintendenza di restaurarla!
Iniziarono i lavori senza avere nemmeno l'accortezza di asportare banchi, armonium e statue. Abbattettero le aborrite superfetazioni, compreso il coretto e la scala che consentiva ai Patroni l'accesso dall'attiguo palazzo; rimossero il pavimento; sventrarono l'abside e …andarono via. Per anni fu ricovero di colombi e di altre specie meno nobili di animali. Progettista e direttrice del “restauro” era l'arch. Margherita Asso. Intanto il tetto minacciava di crollare e così, dopo trent'anni, ripresero i lavori che dopo quarant'anni non si possono dire terminati!
Hanno steso un massiccio intonaco alle pareti, anche su quelle delle navatelle che mostravano prima una bella muratura di blocchi squadrati di tufo grigio locale, forse risalente alla chiesa dei tempi di Erchemperto, ma non hanno risolto il restauro della zona absidale, il cui assetto lascia pensare che da quelle parti siano passati nuovamente Goti e Saraceni.
Hanno pavimentato le navate, ma solo fino ai gradini delle tre absidi, con un modesto cotto gettando in un angolo, tra immondizie varie, la pietra tombale dei Confratelli della Purificazione, la Confraternita eretta nella chiesa nel 1604 da S. Roberto Bellarmino che ne era abate commendatario. La sepoltura era davanti al presbiterio e l'iscrizione riveste non poca importanza anche per lo stile epigrafico.
Ma l'epigrafia, come l'araldica, e il recente rifacimento del pavimento di S. Francesco ne ha dato amara drammatica dimostrazione, non interessa la Soprintendenza.

Guido Zarone
(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 8 Agosto)