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La "Piccola Casetta di Nazareth" da 50 anni a Francolise

 
La storia di un Prete, che frequentò Teano e aiutò tanti Teanesi, continua nell'opera dei suoi discepoli
 

Correva l'anno 1956, quello terribile che noi ricordiamo per le eccezionali nevicate e il mondo ricorda per il sangue versato in Ungheria; Francolise lo ricorda felicemente perché l'8 settembre di quell'anno, sulla collina di S. Rocco che fronteggia la torre, un modesto prete, ora Servo di Dio, porgeva a Mons. Sperandeo le forbici per il tradizionale taglio del nastro dell'istituto che aveva creato dal nulla.
Don Salvatore Vitale era nato a Frattamaggiore nel 1904 e subito aveva imboccato la via del seminario di Aversa, sognando sin da fanciullo di andare missionario in terre lontane. Una volta prete però, il suo vescovo lo aveva inviato a Casapesenna, a pochi passi da casa, ma ugualmente in terra di missione. Li aveva trovato una chiesa malconcia, una piccola canonica quasi inabitabile, molta povertà, tanta fame e una soggezione irremovibile alle leggi non scritte che da sempre regolano la vita associata in quelle plaghe. Da vero missionario non s'era scoraggiato e in pochi anni aveva ricostruito dalle fondamenta chiesa e canonica, aveva cominciato a parlare con i suoi parrocchiani e soprattutto aveva cominciato a farli dialogare. Poi era venuta la guerra e, forse senza nemmeno volerlo, s'era ritrovato la casa piena di bambini orfani della guerra, di quella tra nazioni che stava per concludersi e di quella tra clan che non ancora ha avuto termine. Don Salvatore e la sorella Candida, che lo assisteva, erano diventati all'improvviso genitori adottivi d'una moltitudine. E dovettero proprio sentirsi novelli Giuseppe e Maria se ribattezzarono l`umile canonica “Piccola Casetta di Nazareth”.
ll loro esempio di carità incarnata era troppo forte, specialmente in quel luogo, per non diventare contagioso e cosi Don Salvatore trovò subito delle giovani disposte, pur senza professare una regola religiosa, a dedicare tutta la loro vita a quei bambini. Quel Prete, che s'era fatto padre di piccoli abbandonati, per quelle giovani era la Regola, il modello di vita.

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A Francolise Don Salvatore era di casa. La nonna, Candida Matano, era francolisana e lo zio, don Andrea De Pascale, vi fu ininterrottamente parroco molto amato dal 1899 al 1954. ln tutta la diocesi di Calvi e Teano s'era inoltre diffusa la sua fama di apostolo dell'infanzia abbandonata. Dal canonico Caprio, più volte vicario generale e capitolare, a Mons. Perrotta, fondatore di istituzioni assistenziali a Calvi, a don Gaetano Mastrostefano, parroco di S. Pietro a Teano, tanti sacerdoti gli si rivolgevano per ottenere aiuto per i loro piccoli parrocchiani. Lo testimonia un lungo epistolario, che in parte pubblicai nel 1986 nel volume Trent'anni fa... I'amor di Dio e che fornisce anche una preziosa documentazione delle condizioni di vita a Teano nel dopoguerra.
Nel 1954 era poi venuto vescovo a Teano Mons. Matteo Guido Sperandeo che nello stemma aveva il motto “Mater mea, fiducia mea”. Per Don Salvatore che ripeteva giomo e notte, e soprattutto faceva ripetere a chi gli stava intomo, l'invocazione “Mia Madonna, mia salvezza" quel motto episcopale era più che un invito a entrare in confidenza con il vescovo, a metterne a frutto la squisita disponibilità, a beneficiare della sua grande generosità. Fu così che l'8 settembre 1956 anche Frahcolise ebbe la sua Casetta.

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In apparenza dimesso e affaticato, don Salvatore possedeva invece una personalità eclettica e un'anima che spargeva il profumo della carità. Possente tenore, compositore di musica sacra, poeta, autore di operette ascetiche, aveva in breve attirato intomo a sé delle vergini consacrate all'apostolato dei fanciulli. ln tutto l'Agro Aversano aveva conquistato tanta autorità morale da suscitare nella popolazione continui e inaspettati slanci di generosità verso le sue Casette, che intanto crescevano sempre più di numero e di ospiti. Gli mancavano però i sacerdoti. Verranno solo più tardi, a sostenerne l'apostolato e a continuarne poi l'opera.
Alla fine degli anni '60, quelli tempestosi della contestazione globale e degli autunni caldi, tra i seminaristi della Facoltà Teologica di Posillipo alle prese con le ansie e i tormenti del rinnovamento ad oltranza di ogni cosa, anche e forse soprattutto di quelle della Chiesa, qualcuno parlò loro, con grande ammirazione, dell'umile parroco di Casapesenna. Sei di loro, chissà per quali imperscrutabili ragioni, vollero andare in quel paese privo di fama, a conoscerlo. ll 18 marzo 1973 quei sei seminaristi venivano ordinati sacerdoti, condotti all'altare da Don Salvatore e incardinati nella diocesi di Aversa. Don Luigi, chierichetto nella parrocchia di Casapesenna, era diventato prete dieci anni prima. Le porte della Piccola Casetta ormai si erano aperte anche ai sacerdoti. Negli anni, ne verranno a decine, spesso approdati al ministero dopo aver intrapreso con successo attività professionali: ex ingegneri, ex professori, ex biologi, ex poliziotti. Verranno da vicino e da lontano: Campania, Lazio, Puglia, Sicilia, Sardegna, Veneto, Piemonte. ll clero della Piccola Casetta è come un`lnternazionale delle vocazioni!
Il 13 aprile 1981 anche per Don Salvatore venne il grande giorno. L'Opera ne restò orfana, ma era adulta. Sorella Vincenza, la Cofondatrice, governava saldamente il ramo femminile; a reggere quello maschile si insediò don Ciro, designato dallo stesso Fondatore. ll Vescovo di Aversa li riconobbe canonicamente come associazione pubblica di diritto diocesano; il riconoscimento pontificio è invece ancora da venire. Sarà in assoluto il primo riconoscimento di una congregazione religiosa mista, dopo quasi due millennni di separazione degli ordini religiosi in maschili e femminili.

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Don Salvatore aveva distinto le sue Casette in maschili e femminili, ma i Missionari e le Missionarie li aveva voluti insieme in tutte le Casette. Per i suoi piccoli non voleva degli ospizi, ma delle piccole case, capaci di sostituire quella casa che la sventura aveva loro negato.
Nella sua visione, che non è solo pedagogica, i Missionari e le Missionarie, pur facendo le veci del papà e della mamma, non devono sostituirli, anzi devono far sentire forte il legame con i genitori anche nelle situazioni più disperate. Possono aiutare i ragazzi a fare i compiti, ma non devono essere loro insegnanti: i bambini devono frequentare la scuola pubblica, anche se più d'uno dei Missionari potrebbe occupare molto degnamente una cattedra universitaria.
Ogni Casetta ha una cappella, ma i ragazzi la domenica devono partecipare alla messa in parrocchia come tutti gli altri bambini.
Non esistono divise o altri segni di distinzione; gli orari non sono scanditi da suoni di campanello, ma vengono cadenzati da musiche e canti che invitano alla sveglia, alla mensa, alla preghiera, al divertimento. Le porte della Casetta non hanno chiave dall'interno perché nessuno deve sentirsi costretto a starvi, ma nessun bambino è mai scappato.
Quando, agli inizi di questo secolo, la riforma dell'assistenza pubblica all`infanzia ha abolito gli istituti minorili per trasformarli in case di accoglienza, la Piccola Casetta non ha avuto bisogno di adeguarsi al nuovo. L'assistenza pubblica, con tutto l'enorme potenziale dei suoi mezzi finanziari, è giunta soltanto adesso al punto da dove Don Salvatore, provvisto solo di una sconfinata fiducia nella Provvidenza, era partito sessant'anni prima.

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Francolise ricorda quest'anno, con la benedizione del novello Vescovo Mons. Arturo Aiello, i primi 50 anni di vita della sua Casetta sulla quale vigila ancora Sorella Maria, che Don Salvatore pose a guida dei primi bambini e che da tempo non è più sola. Ha tante consorelle, giovani e giovanissime. Sorella Carmen e Sorella Rita sono sessane, vocazioni fiorite in questa nostra terra, come quella di Sorella Luisa, francolisana, volata troppo presto al cielo. Vi risiedono stabilmente anche tre missionari sacerdoti. Don Vincenzo, gragnanese, che Don Salvatore pose a dirigere la Casetta quasi per caso e che negli anni si è caricato anche il non lieve peso di governare le parrocchie di Ciamprisco e di S. Marco di Teano. Don Raimondo, al quale Mons. Sperandeo affidò giovanissimo la parrocchia di Francolise, 500 anime in tutto, con una splendida chiesa, molto capiente ma perennemente incapace di contenere le folle che partecipano alle celebrazioni domenicali del non più giovanissimo parroco. Don Salvatore, siciliano di Licodia, immagine dell`umiltà, che quando tanti preti gettavano la tonaca alle ortiche conobbe il Fondatore e alle ortiche gettò, senza mai disprezzarla, la divisa di poliziotto.
E a solennizzare il tutto ci sara, il prossimo 7 ottobre, l'ordinazione sacerdotale di don Enzo, teanese di S. Marco, che vent'anni fa entrò nella Piccola Casetta per il tempo degli studi e invece vi resta per sempre, da missionario.

Guido Zarone
(da Il Sidicino - Anno III 2006 - n. 9 Settembre)