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A cena con il Falerno

 

È sempre suggestivo discorrere su di un vino, soprattutto dell’antico e famoso Falernum.
Il nome Falernum genera un fascino in tutti coloro che ne apprezzano la sua storia ed ancora oggi questo famoso vino si produce nella culla in cui è nato, cioè l’antico Ager Falernus.
Non si ha più il vitigno originario. Vi sono stati, dalla seconda metà dell’Ottocento, periodi in cui la fillossera ha distrutto i vecchi ceppi del vitigno antico e si sono, con ottimi risultati, importati vitigni di alcune zone dell’Italia che degnamente, come il Primitivo ed il Piedirossso, acclimatati ne ripercorrono nelle loro qualità le descrizioni riportate dagli scrittori e poeti sia antichi che moderni.
La discriminante che fa di questo vino ancora oggi un unicum è il terreno dell’Ager Falernus, che è quello che si racconta fin dall’antichità, elemento vitale che ha dato sempre la sua linfa, solamente questa terra può dare, per ricompensare le fatiche ed i sudori di tanti uomini con un vino ambrato, forte e fruttato che era il “Falernum”ed ora il Primitivo o il Piedirosso Falerno.
Questa terra, il territorio dell’Ager Falernus, per questa sua peculiarità e generosità deve essere rispettata, curata e salvaguardata dalle continue aggressioni che subisce. Non si stancherà mai di darci un vino che nel colore e nel sapore ripercorre gli odori ed i sapori antichi di un vino amato e ricercato da tutti.
Solo il Falerno ha una forza magica da portarci ad immaginare i luoghi dove è amorevolmente curato e portato a maturazione.
Mai un vino ha rappresentato così bene il territorio.
Immaginiamo di fare un viaggio con la nostra fantasia, guidati dalle letture di autori antichi e moderni dove si legge l’importanza di tale vino, ed immaginare il suo uso quotidiano nelle tabernae vinarie delle città di allora, nelle caupone, presenti nell’Ager Falernus e nelle ville di campagne che ricchi patrizi romani avevano costruito in questo territorio della Campania Felix nel primo secolo dopo Cristo.
Accompagnati dalla nostra amica fantasia ci trasferiamo in una caupona per consumare insieme a tanti avventori un apericena accompagnato dal Falernum e la cena successiva.
Le “caupone”, una specie di albergo spesso con stalle per cavalli, offrivano la possibilità di alloggiare e consumare cibo e vino.
Entriamo nella caupona di Stabulone che si trova al quadrivio di Strada del Re dell’Ager Falernus
Quattro grossi piatti al centro del tavolo: uno pieno di ortaggi e porri(il porro stimola molto la sete!), un secondo piatto con uova sode di anitra e di pernice con salcicce e pezzetti di carne di maiale arrostiti e formaggio dei pastori di Monte Massico, un terzo piatto di albarelle pescate nella tarda mattinata nel lago non lontano e fritte al momento, il quarto piatto con tinghe in salamoia. Il tutto accompagnato con lupini, lenticchie e ceci fritti in olio di oliva e con vasetti vari di salse piccanti ed acre e l’immancabile garum.
Il nostro amico Falerno, mescolato al miele delle api del territorio, accompagna senza parsimonia quest’antico apericena. Sarà, poi, il padrone per il resto della cena,
È un primo assaggio che prepara gli ospiti alla cena che inizia appena dopo che il sole si nasconde dietro Monte Massico.
Il cuoco tuttofare Stabulone, rinomato nell’Ager Falernus per la sua sapienza e raffinatezza di soddisfare il difficile palato dei frequentatori della caupona ha preparato una ricca cena per i suoi abituali clienti e per gli ospiti giunti in un pomeriggio assolato con i prodotti che il territorio dell’Ager Falernus naturalmente gli mette a disposizione e soprattutto sapendo ben coniugare i sapori dei suoi piatti ad un vino inimitabile prodotto a pochi passi dalla stessa caupona, il vino Falerno.
È un piacere per tutti sia da parte degli ospiti che dei signori della zona trascorrere la serata cenando da Stabulone che oltre a gustare un buon cibo e bere l’ottimo Falerno hanno anche opportunità di continuare la notte nei cubicula posti nel piano superiore con qualche etera che non manca mai.
La materia prima e gli ingredienti che questo cuoco e Clizia, sua compagna, usano per la preparazione dei loro piatti è tutto ciò che si trova nel territorio e che ancora oggi, in parte, si trova.
Il finocchietto selvatico di cui tutti possono sentire il suo odore salendo per qualche viottolo che porta su Monte Massico, oggi lo si usa solo per insaporire la pasta di carne di maiale per le salcicce, Stabulone l’ha bollito e lo ha spruzzato su verdure e carni per renderle aromatiche accompagnando il tutto con un erba amarognola che invoglia a bere piene coppe di vino Falerno.
Ha aggiunto il ligustico che con il suo aroma profumato invoglia qualche signora presente a gustare le verdure ormai pronte.
Con la santoreggia ha insaporito la cacciagione appena portata dal suo servo in mattinata ed in un vaso a parte vi ciò che resta per insaporire, per chi lo desidera, qualche coppa del Falernum.
Non manca il vasetto con il succo di coriandolo per aggiungere altro sapore alle carni di cinghiale, maiale e riccio poste sul tavolo.
Sono su un piatto, al centro del tavolo, i semi di cumino che devono aiutare a digerire il tutto o per svuotare lo stomaco quando diventa pieno.
Ai lati del tavolo vi sono scodelle in terracotta con un preparato di una zuppa di farro, di ceci e lenticchie ed erbe di montagna condite con timo.
Sul fuoco vi sono graticole a maglie strette con sopra le albarelle, un pesce appena pescato nel pomeriggio nel lago vicino, innaffiate con un distillato di coriandolo
Non mancano le varie specie di funghi di Monte Massico di cui ancora oggi se ne gusta il sapore e che lo stesso Imperatore Claudio, un estimatore goloso, voleva spesso nelle sue cene
Il “garum” il re condimento di ogni cibo, preparato dalla sagge mani di Stabulone mettendo a macerare nel periodo giusto dell’anno sardine proveniente da Sinuessa ed albarelle del lago non lontano dalla caupona, è in due vasi al centro del tavolo.
Inizia per gli ospiti la “gustatio” con in mano una coppa di mulsum, Falernum tiepido stemperato con acqua o con miele per renderlo leggero ed aprire lo stomaco all’assaggio del cibo che è sul tavolo
Lascio immaginare l’andamento di questa cena che non può chiudersi se non con la “commisatio”: bere coppe di Falerno tutto di un fiato ad ordine di chi la presiedeva.
Mi fermo per lasciare libera la fantasia di ognuno nell’immaginare il prosieguo della cena ed il suo termine.
La notte ormai incombe ed i signori delle ville dell’Ager rientrano nelle proprie dimore mentre gli altri avventori si intrattengono chiedendo a Stabulone di portare, per un ultimo giro, quel Falerno invecchiato da oltre dieci anni e che gelosamente conserva nella sua cantina.
Alcuni trascorrono la notte al chiaro di luna sotto il capanno nel retro della caupona, altri salgono al primo piano dove li attendono le etere al servizio di Stabulone.

Giuseppe Toscano
(da Il Sidicino - Anno XVIII 2021 - n. 5 Maggio)