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Lotta per la terra

 
L’occupazione delle terre incolte a Falciano nel 1949
 

Andare oggi nei luoghi dell'occupazione delle terre incolte e delle terre di proprietà dei grandi latifondisti del carinolese è fare un viaggio nel tempo.
I terreni hanno mantenuto i loro nomi perché vogliono ricordare, a noi figli di quei contadini, che non possono essere dimenticate le lotte, le speranze, le amarezze e le sconfitte di coloro che videro il loro riscatto nell'occupazione di queste terre.
Il terreno incolto da occupare, perché simbolo del latifondismo carinolese, era quello de I Carabottoli, bene demaniale del Comune di Carinola, di HA 34.40,03 pari a circa 102 moggia di terreno, a misura locale, divisa in quattro parchi di cui tre partono dalla provinciale sino al fiume Agnena ed il quarto dopo lo stesso fiume.
Terra argillosa, cretosa e piena di ciottoli. Nella stagione invernale si trasforma in una palude e durante l'estate si aprono crepe in cui si può entrare con il braccio, È stato sempre un terreno maledetto, coltivato sino a consumare la vita di chi lo ha condotto pur di aver il grano della sopravvivenza e piccole fave commestibili per animali.
Ancor oggi è una terra in cui si fanno fatiche da morte per poterla lavorare.
Costeggiando lo scalo ferroviario di Falciano, Mondragone, Carinola si entra in una vasta estensione di terreno denominata Parco di Tozza che sarà oggetto della Riforma Agraria del 1951. Anche il Parco di Tozza fu occupato, pur essendo terreno di proprietà privata perché considerato latifondo improduttivo destinato al pascolo dei bufali.
Questo terreno ha quasi le stesse caratteristiche de I Carabottoli ma è leggermente più alto e con pochi fossati ed acquitrini. L'estensione di questo terreno è di circa 104 moggia.
La terza zona scelta per essere occupata fu quella di Torre Vecchia dell'ex Ente Cappabianca, un terreno che rasenta la strada provinciale per Mondragone e che ha come epicentro la rotonda di Cappella Reale.
L'intera estensione di circa 84 ettari, ben visibile ed individuabile posizionandosi presso ciò che resta della Cappella che i Re borbonici, re cattolicissimi, avevano fatto costruire per rispettare l'obbligo dell'ascolto della Santa Messa nelle domeniche quando si trovavano con il loro seguito a caccia nella zona.
Perché dei contadini abbrutiti e sfruttati sentirono l'urgenza di essere protagonisti di un'azione fortemente politica che avrebbe nel bene e nel male segnato la loro storia?
L'occupazione delle terre incolte demaniali e delle terre incolte dei latifondisti rappresentò una manifestazione palese di rinascita da parte delle forze politiche di sinistra e cioè del Partito Comunista e di Federterra per affermare un diritto sancito dalla Legge Gullo che le terre incolte ed abbandonate dovevano essere date in fitto ai contadini. Successivamente tutto si sarebbe completato con la Legge di Riforma Agraria.
I politici locali, per interessi elettorali e per tenersi buoni i “padroni”, usarono metodi intimidatori e violenti perché il demanio pubblico rimanesse così com'era, abbandonato ed incolto, e non ostacolare i grandi proprietari terrieri nell' imporre i loro disegni di prepotenza usando i loro scherani, i famigerati “fattori” luogotenenti spietati e vendicativi, per ostacolare fortemente l'attuazione di Leggi dello Stato.
Il Partito Comunista sia a livello nazionale che provinciale e locale aveva bisogno di aprire a tutti i livelli, un conflitto politico che trovava forza ed ispirazione nel desiderio, non solo ideale e sentimentale, di rompere in modo definitivo una egemonia dei poteri forti che non avevano ancora capito e digerito che c'era stato un conflitto mondiale, la Resistenza, la Liberazione e la legittimazione di forze politiche progressiste e di rottura con il passato.
I Comunisti e tutte le forze di sinistra si assunsero con chiarezza il compito e l'obbligo di guidare, dove e quando non poteva essere pacificamente attuato la distribuzione delle terre incolte e l'applicazione della Legge di Riforma Agraria, l'occupazione con la forza di tali terre.
Chi organizzò ed attuò l'occupazione delle terre incolte nella piana del carinolese fu il Partito Comunista di Falciano di Carinola, ora Falciano del Massico, che attraverso i suoi dirigenti creò una rete di interconnessione di interessi tra i contadini che pur non essendo, alcuni di essi, né iscritti e né simpatizzanti per il partito aderirono e sostennero le iniziative che furono messe in campo anche a rischio della propria incolumità.
I protagonisti furono i giovani, figli della guerra e della fame, che desideravano avere qualche cosa di proprio per poter sopravvivere e formarsi una famiglia.
Non si portarono le armi che pur c'erano, perché per loro si doveva andare ad occupare una terra che solo il sudore doveva bagnarla, e quanto se ne è dovuto versare per dissodarla, e non il sangue.
Gli ultra cinquantenni non si esposero per evitare che con il loro arresto le loro famiglie ricadessero maggiormente nella miseria e nella paura.
Dove tutto si decise fu nella sezione del Partito Comunista Italiano di Via Falerno 11 di Falciano guidata, allora, da due convinti sostenitori dell'occupazione delle terre incolte: Giovanni Canzano e Antonio Del Duca.
Parteciparono convinti ed in modo attivo anche i contadini delle ACLI guidati da Michele Manica e Giovanni Verrengia.
La bandiera che doveva guidare la manifestazione ed essere il simbolo dell'occupazione delle terre era la Bandiera Rossa confezionata nottetempo dalla Signora Giovanna Buonamano, moglie di Giovanni Canzano.
Si discusse se creare o meno un coordinamento tra le sezioni dei vari paesi che componevano la mappa territoriale del Comune di Carinola per evitare contrasti pretestuosi,
Su questo argomento i segretari e i direttivi della varie sezioni del Partito dei vari paesi del Comune di Carinola si giocavano la propria preparazione e la propria credibilità di dirigere un movimento popolare.
Tessitori di unità tra le varie sezioni del Partito Comunista esistenti nel territorio del Comune di Carinola furono Graziano Graziadei e Raucci Vincenzo, deputi eletti del Partito Comunista e delegati dalla Direzione Provinciale del Partito di Caserta.
Si accettò, dopo una lunga e difficile discussione e non senza rammarico, con la presenza in sezione di Raucci, di creare un coordinamento con la sezione del Partito di Nocelleto con a capo Salvatore Sciorio ed insieme studiare e preparare i momenti e le azioni da effettuare per passare alla occupazione delle terre incolte del demanio I Carabottoli.
La Legge Gullo ed i vari Decreti emanati prevedevano che tali terre incolte venissero date ai contadini che fossero iscritti alle Cooperative o inquadrati in altre associazioni riconosciute. Fu necessario creare per i contadini del paese una Cooperativa o utilizzarne qualcuna già esistente sul territorio in cui iscrivere i contadini per avere poi un pezzo di terra da lavorare.
I Cattolici e gli organizzati da Michele Manica e Giovanni Verrengia utilizzarono una Cooperativa già esistente a livello di zona, ma non utilizzata, che aveva il titolo Il Popolo e di cui lo stesso Michele Manica fu eletto Presidente, mentre per i Comunisti attraverso l'intervento di Graziano Graziadei e di Raucci Vincenzo crearono una Cooperativa ex novo proprio per i contadini di Falciano con il titolo di Nuova Terra e fu eletto Presidente un convinto sostenitore dell'occupazione delle terre incolte Antonio Del Duca.
Ultimo problema, e non fu l'ultimo, non si poteva rinunciare alla presenza in testa del corteo degli occupanti della Bandiera Rossa con falce e martello che la signora Buonamano Giovannina, moglie di Giovanni Canzano aveva confezionato in un modo magnifico da non far apparire le cucitura che univano i tre pezzi che componevano questa bandiera.
Era da scegliere, poiché questa bandiera aveva una sicura carica di sacralità per gli iscritti al Partito Comunista del paese , una persona che ne fosse degna e che rappresentasse per tutti i dimostranti un simbolo ed un esempio di riscatto e che fosse accettato soprattutto dai compagni che avevano tanto lottato perché il momento della occupazione delle terre incolte si realizzasse.
Giovanni Canzano, il Segretario del Partito Comunista di Falciano non ebbe timore di proporre agli iscritti al Partito la figura di una donna amata, rispettata ma battagliera e convinta di guidare i suoi compaesani ad un atto di coraggio e di libertà.
Giovannina (Argentina il suo vero nome) Pisaturo venne scelta perché significava per tutto il paese e l'intero movimento il simbolo della sofferenza di una vita travagliata e difficile che nel silenzio e nella dedizione alla propria famiglia e a tutti i sofferenti ed i bisognosi del paese era un sicuro simbolo di riscatto e di riacquisto di libertà e dignità,
Portare quella Bandiera Rossa e guidare il corteo dalla piazza del paese sino alle terre da occupare ne confermava con forza questa convinzione.
Furono stabiliti tutti i particolari perché il corteo di circa 300 persone potesse svolgersi senza provocare l'intervento delle forze dell'ordine e si aspettò il giorno 15 di gennaio del 1949 per attuare il piano dell'occupazione delle terre incolte.
Il mattino del 15 gennaio 1949 il cielo pieno di nubi che minacciavano pioggia ed un vento tagliente di tramontana mise in dubbio la decisione di portare al termine il disegno di procedere nell'occupazione delle terre incolte, improvvisamente nel giro di poco tempo, circa un'ora, Piazza Limata di Falciano si riempì di contadini con i loro strumenti di lavoro.
Giovanni Canzano ed Antonio Del Duca, alternativamente, intrattennero i presenti ricordando a tutti a non cadere nella trappola delle provocazioni che avrebbero subito lungo il percorso e sui terreni da occupare da parte di provocatori abilmente addestrati dai proprietari e dai loro fattori.
Non rispondere con la violenza a qualsiasi insulto e seguire le indicazioni che gli organizzatori provinciali avrebbero dato.
Tutto era pronto in Piazza Limata, il corteo si era quasi formato con in testa Giovanni Canzano, Antonio Del Duca, Mastro Enrichetto Stodo e tutte le altre persone della sezione del Partito Comunista. Non poteva mancare con la sua tromba Francesco De Lillo un personaggio conosciuto da tutti per il suo coraggio di essere stato un antifascista perseguitato e di aver subito violenze per le sue idee contro il regime fascista.
Il suono della sua tromba accompagnò lungo tutto il cammino il corteo il canto di Bandiera Rossa e dell'Internazionale alternate con canzoni popolari dei contadini del paese.
Si rincuorarono tutti quando spuntò sulle Crocelle il gruppo che arrivava da Casanova e che cantava, per farsi sentire da Piazza Limata, un ritornello da loro inventato “ u pignatu cu la cuperchia e Torre Vecchia ce l'emma piglià”.
E così tutti i contadini che attendevano il gruppo di Casanova in Piazza Limata seppero il luogo che sarebbe stato occupato per primo e lo venne a sapere, attraverso un suo personale osservatore, anche il Maresciallo Tauro della Stazione dei Carabinieri di Falciano che già si era incamminato con due carabinieri verso un'altra direzione, il Parco di Tozza, e fu costretto a ritornare per incrociare il corteo che era quasi giunto al bivio della Masseria d'Aceti.
Composto il corteo ed al suono della tromba di De Lillo di Bandiera Rossa e con la Bandiera Rossa nelle mani di Giovannina Pisaturo e tutte le donne in prima fila, Giovanni Canzano e Antonio Del Duca, diedero ordine al corteo di muoversi a passo abbastanza svelto imboccando Via Direttisima.
Quel giorno per questi poveri e diseredati contadini che sfidavano a viso aperto il potere scrivevano una pagina di storia nuova per un paese e per una terra amata e desiderata.
I pensieri che affollarono le menti di tutti questi contadini durante quel tragitto non breve che li doveva portare a Torre Vecchia erano pensieri di gioia e di speranza.
Anche se la posta in gioco era alta e pericolosa non abbandonò mai nessuno quella gioia e quella spensieratezza che si innescava sul sentire profondo che quel giorno era per loro un giorno da vivere pienamente perché si realizzava un sogno di una vita che sarebbe stata diversa anche se più sofferta.
Le donne che aprivano il corteo tra il canto di Bandiera Rossa e dell'Internazionale sollecitarono De Lillo ad accompagnare con la sua tromba le canzoni che cantavano nelle campagne tutti i giorni per stemperare la loro fatica e per dimenticare, per quei minuti della durata della canzone, i loro problemi di vita quotidiana.
Per rendere più allegro e vivace si cantavano le loro canzoni a risposta reciproca e con tonalità differenti tali da attirare l'attenzione dell'intero corteo che nel sentirle ricordava le tante giornate trascorse in quelle terre che ormai consideravano come loro casa.
Erano quasi le ore 11,30 quando la testa del corteo giunse sugli argini del parco di Torre Vecchia e subito, su ordine di Giovanni Canzano, Giovannina (Argentina) Pisaturo andò a piantare la Bandiera Rossa nel parco ed alcuni volenterosi contadini con i loro arnesi incominciarono a rivoltare le prime zolle di terra.
Era un invito a tutti di entrare nel parco e di iniziare a lavorare un terreno che lì ad attenderli e che ora gli apriva le braccia per accoglierli come suoi figli.
Vi furono i discorsi di Graziadei e di Raucci, vi fu l'entusiasmo di tutti ma tutto mutò quando le forze dell'ordine incominciarono a fermare ed arrestare oltre quelli che erano nel terreno del parco anche quelli che erano sul ciglio del fosso.
I vari processi presso il Pretore di Carinola finirono quasi tutti in una burla come si evince dagli atti ufficiali.
Qualcuno degli occupanti arrestati, pur essendo stato assolto, per aver partecipato all'occupazione delle terre incolte non gli venne dato il passaporto per espatriare in Svizzera perché “comunista” pur avendo suo fratello studente in Seminario,
Le terre incolte occupate vennero concesse a richiedenti in regola con la Legge Gullo anche se dopo pochi anni le stesse terre vennero abbandonate perché molti di quei contadini che avevano partecipato all'occupazione emigrarono altrove attirati dal miraggio del facile guadagno dimenticando di aver scritto una pagina irripetibile della loro storia.

Giuseppe Toscano
(da Il Sidicino - Anno XVII 2020 - n. 2 Febbraio)