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La M.V.S.N. nei ricordi di Paride Squillace

 

Avendo parlato nell'articolo sulle gite, nel numero di settembre scorso, della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, sono certo che molti, specialmente i giovani, si sono chiesti di cosa si trattasse.
Li accontento subito. Era un'organizzazione paramilitare composta da cittadini i quali volontariamente si impegnavano a garantire la sicurezza dello Stato in caso di necessità.
In teoria così veniva fatto credere, ma in realtà essa aveva ben poco di volontario e ancor meno di garanzia per la sicurezza. E vedremo perché ma dobbiamo partire dalle origini.
Si sa che durante l'infausto ventennio tutti o quasi erano iscritti al P.N.F. (Partito Nazionale Fascista). Subito qualcuno dirà: ma allora è vero che eravate tutti fascisti! Ed io rispondo: teoricamente si! Però, anche se c'era una cospicua quota di cittadini ferventi fautori di quella ideologia che esaltava l'amor Patrio con l'attaccamento al partito, la maggior parte era obbligata ad avere la tessera solo per essere rituenuta degna dei diritti civili. Essa era necessaria per andare a scuola, per poter aspirare ad un posto di lavoro o per mantenerselo, o semplicemente per vivere in pace.
Perciò si era fascisti, anche inconsapevolmente, fin dalla più tenera età: infatti i più zelanti correvano a iscrivere il bambino a due o tre anni e si sentivano orgogliosi di esibirlo in pubblico nella divisa di Figlio della Lupa con a tracolla un finto fucile di latta.
Quando il bambino al compimento dei sei anni di età, doveva andare a scuola, nessuno poteva esimersi da tale obbligo perché per l'iscrizione bisognava pagare al maestro 5 lire per la tessera e 1 lira per la pagella. Si continuava così fino al compimento degli studi qualora si proseguiva.
Subito si diventava Balilla o Piccola Italiana, poi Avanguardista e poi ancora Giovane Fascista o Giovane Italiana.
Della necessità di quest'obbligo ne feci personale esperienza. Infatti, finite le scuole elementari, fui messo in seminario dove in rispetto del Concordato tra Stato e Chiesa per tre anni non pagai la tessera perché tutte le istituzioni ecclesiastiche ne erano esentate. Quando però ne uscii e presentai la domanda per gli esami di ammissione alla scuola media superiore, questa non fu accettata per mancanza dell'attestato di iscrizione al Fascio. Cercai di illustrare la mia situazione ma mi fu risposto che occorreva almeno un attestato degli anni precedenti del quale però non si trovava più traccia. Devo solo alla benevola compiacenza del segretario politico del tempo se, in tutta segretezza, potetti ottemperare all'esigenza.
Dopo questa trafila si passava alla Milizia.
Da ciò si capisce che non era una scelta ma un obbligo o una necessità e tutto ciò sembrava normale non avendo conoscenza di altre forme di governo o della normale vita di altri popoli civili. Non esisteva il concetto di democrazia. I partiti noti erano solo tre: quello fascista e quello nazista (i buoni) e quello comunista (i cattivi) e non poteva essere altrimenti, poiché nelle scuole si studiava su testi voluti dal governo, i giornali e le radio erano rigidamente censurati: da chi avremmo potuto attingere altre conoscenze? Solo dagli anziani che avevano vissuto qualche anno di parvenza di democrazia in regime monarchico, ma essi si guardavano bene dal parlarne poiché bastava poco per essere accusati di antifascismo. Ed erano proprio questi l'ossatura della Milizia, mentre i più giovani andavano ad ingrossare l'esercito negli anni ruggenti.
Naturalmente molti aderivano con fervore e spinti da ideali patriottici o perché desiderosi di emergere; ma ce ne erano tanti che lo facevano, e con orgoglio, per senso di rivalsa ed erano coloro che erano stati dicharati non idonei al servizio militare per deficienza organica o per difetti fisici o psichici. Questa cosa era considerata un disonore giacché si diceva comunemente che chi non era buono per il governo non era buono neanche per la moglie. Per loro indossare una divisa e marciare impettiti nelle parate era come aver conquistato il diritto di essere considerati cittadini normali. Non dello stesso parere erano coloro che assistevano alla sfilata e che sotto i baffi, oltre ad accennare un risolino, azzardavano col vicino anche qualche ironico commento che non finava qui ma continuava in strette cerchie di amici e, forse non mi crederete, si rideva di cuore. Tra i giovanissimi, più scanzonati, si arrivava a farne caricatura.
Nel mio gruppo quando ci annoiavamo perché non c'era nulla da fare, il solito Cosimo diceva "Guagliù, facimmo nu poco 'a milizia volontaria" e, come per eseguire un ordine, dopo esserci ben guardati intorno, ci si pigliava tutti a braccetto e simulando chi lo zoppo, chi lo sciancato, chi il gobbo o l'rbo ci si avviava al passo cantando sottovoce "Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza".
Molti astanti ridevano di gusto ma se notavamo uno sguardo truce sciamavamo via perché non si sapeva mai...
I larvati dissensi si esprimevano però soprattutto con le barzellette. Oggi, specialmente in televisione ne sentiamo tante sui politici e nel nostre regime di libertà se ne fanno anche i nomi.
In regime di dittatura ne fiorivano abbondanti ma celate da allusioni, ambiguità, personaggi inventati ed erano molto usate dai comici delle numerose piccole compagnie di varietà che allora allietavano grandi e piccoli centri, anche se a volte anche loro subivano la censura. Le storielle circolavano e venivano ascoltate con piacere anche dai funzionari del partito che fingevano di non cogliere l'allusione. Come quando si raccontava di Hitler in visita in Italia il quale, dopo aver pranzato col Duce, per la sua difficoltà a pronunziare la "esse", volendo fare una passeggiata, avesse chiesto a Mussolini "Adesso andiamo a fare due pazzi?" e che passeggiando nel parco si fossero fermati a guardare un uccello che saltellava tra i rami. L'uno diceva che era maschio e l'altro diceva che era fenmmina. Non trovando accordo chiesero ad un contadino di passaggio: "A tuo parere è maschio o femmina?", "È maschio", fu la risposta. E di rimando: "Come fai ad esserne così sicuro?. Risposta: "Ma è così evidente che sotto ha due cogl...!".

Paride Squillace
(da Il Sidicino - Anno III 2006 - n. 10 Ottpbre)