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Personaggi - Vicienzo "Si e No"

 

Mai più che in questo caso il soprannome fu più appropriato.
"Vicienzo", infatti, soffriva di uno strano tic che lo induceva a muovere continuamente la testa in alto e in basso, quasi a voler dire perennemente sì e no.
Sbarcava il lunario facendo lo strillone ed ogni giorno percorreva, arrancando sui suoi piedi dolci, con un braccio di giornali sotto il braccio, al grido: "... i fatti belli 'e Tiano", "Popolo", "Roma" e saltuariamente "... è asciuto u' Vaco e' pressa, accattateve u' Vaco e' pressa".
Era, quest'ultimo, un periodico cittadino che ironizzava su fatti e personaggi locali; ma, col tempo, l'ironia sfociò in satira sempre più pesante che arrecò parecchi guai ai redattori che, per tale motivo, dovettero chiudere i battenti.
Vicienzo viveva solo e non aveva amici: nel pomeriggio faceva un giretto lungo il Corso in cerca di qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere. E questi qualcuno li trovava in gruppetti di giovani che si divertivano a metterlo in difficoltà.
Il Nostro, infatti, credeva di possedere eccezionali facoltà mediatiche e spesso si recava al circolo della Azione Cattolica, sito allora nei locali occupati dall'attuale Bar Duomo, dove si radunavano parecchi giovani e lì trovava pane per i suoi denti. Qualcuno incominaciava col mettere in dubbio le sue capacità di ipnotizzare; ne nasceva una finta discussione per cui si chiedeva alla fine di passare alla prova. Vincenzo non si tirava indietro e, scelto il soggetto giusto, si meteva all'opera.
Fissandolo intensamente e ponendogli le mani sugli occhi, gli imponeva: "Dormi profondamente!".
Il soggetto, naturalmente fingeva di dormire e, sognando, faceva bruschi movimenti di mani e piedi, cercando di colpire il povero Vicienzo che, visibilmente soddisfatto, sorrideva, pur accusando qualche doloretto. Al risveglio il finto dormiente si mostrava stupito e chiedeva cosa era successo; gli astanti davano la loro spiegazione e Vicienzo tornava a sedersi soddisfatto.
Ma vantava ancora un altro privilegio, quello di essere in rapporto con Moloc, terribile divinità infernale che, a sua richiesta, puniva chi si era reso reo di una colpa.
A tal fine qualcuno lamentava di aver avuto offesa da uno dei presenti egli chiedeva di punirlo.
Ed egli subito, levando le mani e gli occhi al cielo, invocava: "Moloc, tu che sei il più potente degli dei, dai una scarica di schiaffoni alla persona che ti indico".
Tutto era già pronto: la luce si spegneva ed alcuni, debitamente appostati, scaricavano una gragnola di schiaffi sul collo di Vicienzo, badando a non fargli troppo male. Poi la luce si accendeva, tutti erano già tornati al loro posto ed il punito si fingeva mesto e dolorante, accucciato sulla sua sedia mentre si tergeva gli occhi. Vicienzo non dava segno degli schiaffi ricevuti perché, sorridendo, voleva solo dimostrare l'efficacia della sua mediazione. Si tratteneva ancora del tempo a gustarsi gli apprezzamenti e prendeva poco parte alla discussione finché, fattasi l'ora del rientro, si alzava e, senza dire alcunché, si avviava lentamente, barcollando sui piedi dolci, verso la solitaria dimora, continuando ad accennare il suo "si e no".

Paride Squillace
(da Il Sidicino - Anno III 2006 - n. 1 Gennaio)