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Sogni proibiti

 

Memorie di un ottuagenario

 

Rileggo il romanzo dello scrittore anglo-americano William Somerset Maugham (1874-1965), ispirato al pittore Paul Gauguin, The moon and six pence (La luna e sei soldi) e riscontro analogie con aspetti della vita di chi scrive. Si parva licet componere magnis ovvero se è permesso paragonare piccole cose alle grandi, come scrisse Virgilio nelle Georgiche.
C'è un verso di un altro poeta latino, Orazio, che assolve dalla presunzione: chi vieta di dire la verità sia pure sorridendo?
Gauguin viveva una vita normale di impiegato (travet) con moglie e figli e discreto guadagno. Ma era tormentato dal demone interiore che gli diceva, che imponeva: devi dipingere!
A tal punto il socratico personaggio insistette - devi dipingere! - che il pittore lasciò baracca e burattini francesi e se ne andò nei mari del sud, nella paradisiaca Polinesia. Realizzò il sogno e raggiunse la libertà.
Dunque veniamo a noi come si dice con una inelegante ma espressiva frase. Alla tenera età di 65 anni volli imparare uno strumento musicale.
Da sempre il demone interiore mi diceva: SUONARE! In famiglia mio padre, lo zio ed il nonno suonavano e cantavano allegramente sognando un roseo futuro mai avveratosi.
SUONARE! Invano avevo tentato a 18 anni ma me lo impedì il mortifero solfeggio e soprattutto la indisponibilità dello strumento, portato dagli Stati Uniti al rientrò in patria del nonno ardito per partecipare alla prima guerra mondiale. Acquistai un pf mezzacoda tedesco Ibach con l'incredibile criterio che i tasti mi ricordarono il colore giallino di quello avito! Ed ebbi due maestri, il primo mi faceva suonare senza regole, il che era appagante; il secondo mi insegnò le regole e mi liquidò dicendomi che dovevo ormai camminare con le mie gambe. Eccomi dunque a zoppicare. Forse per altro motivo…
Venne il giorno della “prima” esibizione in pubblico; evento voluto non per vanagloria ma per propagandare la scuola pianistica. All'aria aperta, nei rigogliosi verdeggianti giardini di contrada san Massimo, venne sistemato un pianoforte verticale. Una benevola aulica presentazione della Maestra ad un pubblico numeroso e fu il flop. Colpevole l'emozione, la scarsa illuminazione della tastiera (infatti dopo di me venne aggiunta una luce), il bottone della giacca che si impigliò nello scialle della vicina e che mi trattenne a stento nell'alzarmi per raggiungere l'altare della gloria! Fu il flop! Non riuscii a suonare; chiesi scusa al pubblico dell'insuccesso e mi sedetti per sempre! Da allora decisi di non farmi sentire più da nessuno, mai! Una perdita incommensurabile per l'umanità…
Una ossessione mortale mi perseguitò per lunghi anni. Nel 1960 uscì il film La dolce vita di Federico Fellini. Nel contesto, uno dei protagonisti con problemi esistenziali, dopo aver suonato all'organo di una chiesa la “Toccata e Fuga in re minore” di Johann Sebastian Bach, torna a casa ed uccide i due suoi bambini e sé stesso.
Da allora il la-sol-la sol-fa mi-re-do#, mi ripetuto tre volte,mi perseguitò fino a quando non riuscii a suonarlo da me!

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 11 Novembre)