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Scacco all'Unità d'Italia

 

Il titolo non è un proposito leghista, dell'esecrabile Bossi o Roberto Maroni. È un invito a frequentare l'ex Largo Croci (Piazza Unità d'Italia) dove è stata costruita una scacchiera pavimentale (sul selciato) davanti alla Banca Intesa San Paolo di mt 4 X 4 per giocare a scacchi.
Il gioco degli scacchi è così antico che metà dei popoli dell'antichità ne rivendica i natali. L'opinione più plausibile per gli archeologi del gioco è che sia nato in India nel 750 circa d. C.
La parola scacchi deriva dal persiano shah, re; e mat, morto per cui scacco matto significa morte del re.
I Persiani avevano preso la parola ed il gioco tramite gli Arabi dall'India dove era conosciuto come “quattro angoli”, elefanti (“bue dell'India”) cavalli carri e fanti.
Scacchi saraceni furono rinvenuti in una sepoltura di Venafro (Isernia) nel 1932 ed esposti per la prima volta nell'ex Convento di S. Chiara. Nei pressi dell'Abbazia di San Vincenzo al Volturno in Molise - uno dei più grandi monasteri d'Europa all'epoca - saccheggiata da predoni arabi il 10 ottobre 881.
93 pezzi del XI secolo furono rinvenuti nell'isola di Lewis in Scozia e ripartiti tra il British Museum di Londra e il National Museum of Scotland di Edimburgo.
Gli Indù narrano una graziosa leggenda sull'origine del gioco. Agli inizi del V secolo un loro monarca irritava i suoi consiglieri tenendoli in nessun conto, dimenticando che l'amore del popolo è il fondamento più sicuro di un trono. Uno di essi, Sissa, pensò di aprire gli occhi del giovane re inventando il gioco degli scacchi in cui il pezzo che rappresenta il re fosse il solo quasi impotente - muove di una sola casella ed è sotto tiro degli altri pezzi avversari. Il sovrano apprezzò tanto il gioco che invitò Sissa a fissare la ricompensa. Questi chiese un grano di riso per la prima casella della scacchiera ed il raddoppio per ogni casella successiva. Il re acconsentì ma si accorse con sorpresa di avere promesso il regno!
Calmucchia è la nazione centroasiatica, dilaniata dal comunismo di Stalin, che tiene in gran conto gli scacchi sì da insegnare d'obbligo il gioco nelle scuole. Gli è che il Presidente della piccola Repubblica autonoma dopo lo smembramento dell'URSS, lo ritiene estremamente utile per lo sviluppo intellettuale dei sudditi. Ha edificato a proprie spese un sobborgo della capitale dove ogni via ha il nome di un pezzo degli scacchi. Ha il monumento meritato che chiamo equestre non perché è rappresentato a cavallo ma perché tiene ben in alto quel pezzo (il cavallo) degli scacchi.
In Italia Marostica (in provincia di Vicenza) “docet”: ogni due anni di quelli pari, in settembre, si svolge una manifestazione folcloristica con la partita a personaggi viventi in costumi rinascimentali. Narra la leggenda che due giovani si contendevano la mano della figlia del castellano. Disposti a battersi in duello mortale. Il castellano mutò la tenzone in una partita a scacchi, non invasiva. Il vincitore ottenne la mano della fanciulla contesa. Il saggio castellano assegnò al perdente la secondogenita.
Il quotidiano La Stampa ogni domenica pone un problema di gioco ed il martedì ne da' la soluzione.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 8 Agosto)