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Una città profanata: Gerusalemme

 

Sul settimanale l'Espresso dell'8 novembre 2012 è comparso un articolo di due pagine del matematico - filosofo Piergiorgio Odifreddi dal titolo “Gerusalemme RIVELATA”. Le considerazioni che l'Autore fa conducono alle stesse conclusioni di chi scrive quando insieme a cari amici visitò i Luoghi Santi in anni ormai lontani.
La Città vecchia è chiusa dai bastioni, una superba cintura di pietra. Al suo interno, nel disordine delle costruzioni e nel labirinto delle stradine coperte e di passaggi segreti vivono cristiani ebrei musulmani ciascuno nel suo quartiere. Ma soprattutto essa ospita i tre grandi luoghi sacri che costituiscono la gloria di Gerusalemme e la sua sciagura: la chiesa del Santo Sepolcro, la Cupola della Roccia, il Muro del Pianto.
La prima è costruita nel presunto luogo del sepolcro di Cristo. Là dentro, in una confusione di pilastri, scale e volte, i preti d'ogni rito cristiano, greco, russo, copto, latino, armeno, caldeo, siriaco, montano una guardia diffidente dinanzi ai loro altari e alle loro reliquie, salmodiando litanie.All'altra estremità della Città vecchia, in mezzo ad un'ampia spianata, si innalza la Cupola della Roccia (con mosaici - iscrizioni composti da abili artigiani bizantini celebranti Allah) contenente una oscura massa rocciosa: la sommità del Monte Moriah, luogo sacro con l'impronta della mano dell'arcangelo Gabriele che cercava di trattenere sulla terra Maometto nella notte in cui egli ascese al cielo sulla giumenta bianca. Chiusa in uno stretto corridoio ai piedi di questa spianata si innalza una lunga facciata di enormi blocchi di pietre disgiunte che si vuole appartenere al tempio di Salomone consacrato nell'anno 950 a.C., ma è dubbio: il Muro del Pianto.
Lascio la parola a Dominique Lapierre e Larry Collins coautori di On Jérusalem. Il Muro del Pianto è il luogo più sacro del giudaismo. Verso di esso guarda da venti secoli il popolo ebreo piangendo la propria dispersione. Carezzata e patinata alla sua base per il tocco delle fronti, delle labbra, e delle mani, questa massa inflessibile ha resistito ad ogni calamità, che dal fondo dei secoli ha colpito Solima del Nabucco verdiano. Rimando con un ondeggiamento del tronco la melopea delle loro preghiere, un manipolo di ebrei ortodossi vestiti di nero (con zucchetto bianco, gli ultraortodossi con zucchetto nero) ha montato la guardia al muro in perpetuo. Infilati nelle fenditure dei grandi blocchi di pietra, si rinvengono biglietti di carta, messaggi a Dio. Anche papa Wojtyla pose il suo. Con un medesimo fervore sonoro le campane delle chiese, i richiami penetranti dei muezzin dall'alto dei minareti e i lamenti solenni degli shofar delle sinagoghe invitano ad una perpetua preghiera.
Gerusalemme non è che la tappa di un mistico viaggio la cui meta finale è un profondo burrone, ai piedi della città, la valle di Giosafat. Dove secondo il visionario biblico Gioele, profeta, Dio radunerà tutte le nazioni per il giudizio universale.
“Cosa ci trovino di così eccitante questi credenti in quei luoghi dall'apparenza insignificanti, un ateo come me ha difficoltà a capirlo”. Scrive il matematico impertinente e impenitente – come da titoli di suoi libri – Piergiorgio Odifreddi. E localizza, faceto, la piattaforma di lancio per salire al cielo.
Dirò di più. Il caos di persone e costumi diversissimi, di lingue disomogenee, di litanie esasperanti, di suoni confusi, di confusione babilonica, di litigi preteschi che si pestano i piedi e a volte vengono alle mani, sono la profanazione di quanto nella mente e nel cuore infusero i precettori “carissimi” Fratelli delle Scuole cristiane di La Salle negli anni dell'infanzia e della giovinezza all'Istituto Vittoria Peccerillo di S. Maria Capua Vetere, in via Tari.
Gesù scacciando i mercanti dal Tempio disse: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera ma voi ne fate una spelonca di ladri”.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 1 Gennaio)