L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
Indice per autore
 
Indice Lucio Salvi
 
 

Ab Theano condita

 

La pretesa liviana di narrare la storia, tutta la storia, dell'Urbe trova nel titolo un supporto e, nella volontà, il desiderio di chi scrive di mettere insieme le fronde sparte raccolte in tanti anni, lunghi anni, che volgono al tramonto. Dunque!
La teoria accreditata da alcuni autori che l'agglomerato urbano osco-sidicino si sia formato intorno ad un nucleo fortificato (oppidum, arce) o che la città sia stata fondata deliberatamente, è venuta a cadere dopo i più recenti studi effettuati dal prof. Johannowsky. Sia per l'ampiezza della ricerca, sia per la possibilità dei mezzi tecnici e, quindi, di sondaggi, sia per l'autorevolezza dello studioso, la sua ipotesi trova maggiore credito. Da un insediamento di pastori sparsi in diversi pagi (oggi frazioni rurali) e collegati idealmente e periodicamente a santuari che avevano funzioni, oltre che di culto, di centri commerciali, di centro viario, di centro decisionale comune alla stirpe, per un processo di coalescenza (sinecismo) favorito da pericoli esterni, si venne a formare la città di Teano.
Né va sottaciuto la posizione di crocevia tra il sistema viario che dal mare (Minturno) portava nel Sannio (Benevento); e l'Appia che da Roma - attraverso Casilinum e Capua – portava a Brindisi.
Come è concordemente attestato dalle fonti storiche (Diodoro Siculo, Ecateo, Antioco di Siracusa, Strabone, Cicerone, Livio, Polibio, Virgilio, Orazio, Plinio, ecc.) e dai reperti archeologici, epigrafi, monete con la dicitura Tejanud Siddikinud, Teano fu la città principale dei Sidicini, popolazione italica del ramo osco-umbro di stirpe indo-europea che provenendo dall'Italia centrale a seguito di quei processi migratori che caratterizzarono le vicende delle antiche genti, si stanziò nell'alto bacino del Volturno probabilmente intorno al primo millennio avanti Cristo. Tuttavia sembrerebbe che il nome di Savone (detto anche Saone e Sagone) e la parte radicale del nome Teano siano testimonianza di uno strato primitivo detto “tirrenico”.
Gli Etruschi furono autori nel corso del IX secolo a. C. di una gigantesca colonizzazione sia nel nord d'Italia (Valle Padana) che nel sud (Campania). Quest'ultima si protrasse fino al V - IV secolo; epoca in cui subentrò l'occupazione sannitica. (Utili ragguagli sul mondo etrusco dal più lungo testo epigrafica, la Tabula Capuana, scoperta circa un secolo fa a S. Maria Capua Vetere e conservata nell'Antikenmuseum di Berlino).
Per quanto privi di testimonianze è ipotizzabile che alla fine del VI secolo un popolo, gli opici, latinizzati in Osci o Oschi fosse stabilmente insediato sull'altura dove sorge l'attuale città e nel territorio circostante, poiché non sono stati rinvenuti reperti di scavo antecedenti a tale periodo, né ci sono prove di insediamenti precedenti. Il nucleo centrale di tale insediamento potrebbe rientrare nella tipologia dei più antichi hillfortes celtici. Si tratta di centri fortificati su alture, talora delimitati da più vasti recinti che racchiudevano un ristretto numero di abitazioni. La presenza dei Celti nell'Italia meridionale nel IV secolo rientrava in un vasto dominio che si estendeva dalle isole britanniche - attraverso l'Europa – fino ai Balcani ed all'Asia.
Avvenuta la conquista della Campania nella seconda metà del V secolo da parte dei Sanniti, questi si fusero con gli Opici formando la nuova popolazione degli Osci.
I Sidicini, ramo degli Osci, furono inizialmente un popolo dedito alla pastorizia e pertanto legato agli insediamenti periodici del bestiame. Si disposero in prossimità di alture, di passi e di guadi, per poter controllare gli itinerari della transumanza poiché dai pascoli montani si portavano a valle e viceversa conformemente alle abitudini di tutte le popolazioni coeve che occupavano l'Appennino centrale.
È verosimile che la natura dei luoghi montuosi ricchi di boschi e di pascoli, il tipo di economia prevalentemente pastorale e la divisione della popolazione in clan, abbia favorito un particolare sviluppo cantonale degli abitanti frazionati in pagi termine latino che in seguito indicherà unità territoriali e amministrative autonome, le attività delle quali erano regolate in base ai rapporti interfamiliari, propri di una società patriarcale. Alcuni di questi insediamenti sono stati localizzati in prossimità dell'abitato di Teano e in località vicine (Fontana Regina, Loreto, Torricelle, ecc.); in relazione alle diverse necropoli rinvenute con tombe di tipo sannitico, sia a cassa di tufo, sia di diverso tipo e ciò ha fatto ipotizzare la persistenza dell'antica popolazione a fianco dei conquistatori sanniti.
L'insediamento in località Loreto, ritenuto il più antico, comprendeva un recinto sacro ed un santuario, centro culturale dei Sidicini; ricchissimo di materiale votivo come l'altro santuario in località Carrano, Fondo Ruozzo, esplorato da un équipe franco-italiana negli anni 1980-83.
Il controllo dei centri religiosi, in quanto non esclusivamente luoghi di culto, ma anche punti di convergenza delle genti sparse sul territorio, all'interno del quale si svolgevano la vita sociale e le attività commerciali, consentiva l'egemonia politica ed economica sulla regione circostante.
In una realtà frammentata in piccole ed autonome entità, in un territorio inarticolato per l'assenza di vere strutture urbane, il santuario, simbolo dell'unità religiosa e culturale, sostituiva le funzioni proprie della città. Infatti al suo interno, sotto la protezione delle divinità tutelari si definivano le alleanze, si convocavano le leve militari, si riaffermavano tenacemente interessi comuni e legami di stirpe.
Controllare tale santuario implica una posizione di prestigio che senz'altro i Sidicini ebbero sulle genti confinanti almeno fino a quando i Romani consapevoli dell'importanza politica ed ideologica di tali complessi religiosi, non ne snaturarono le caratteristiche originali assimilandoli alla pietas ufficiale dello Stato. Non è possibile tracciare nelle sue varie componenti il processo storico che dai pagi ha portato alla città ellenistica. In verità esistono tuttora delle perplessità anche sull'identità dei fondatori e sulle loro reali motivazioni. Le indagini archeologiche e le notizie storiografiche permettono tuttavia di ricostruire, in linee generali, la natura e la disposizione dell'insediamento, che è ciò che più conta in questo contesto.
In passato è stata sostenuta l'ipotesi (Raiola, Pezzulli, De Monaco) dell'esistenza presso il colle di Teano di un centro urbano anteriore a quello ellenistico, una sorta di oppidum, il cui nucleo originario era costituito dall'arce, un recinto fortezza posto a guardia delle piste di transito del bestiame transumante e rifugio delle popolazioni rurali in caso di guerra. Dopo la campagna di scavi diretta dal prof. Johannowsky (anni Sessanta) si è giunti alla conclusione che tale sistema fortificato, erroneamente identificato con l'attuale castello, bensì comprensivo dell'intera area del colle, è contemporaneo al tracciato viario dell'impianto ellenistico (seconda metà del IV secolo), come è deducibile dalla tecnica costruttiva e dall'allineamento di quest'ultimo con cospicui tratti della cinta muraria visibile in sito. Lo schema urbanistico è quello ippodameo (Ippodamo di Mileto aveva proposto la città a scacchiera con larghe vie incrociantesi ad angolo retto) orientato su due grandi assi, uno nord-sud detto cardomanum, ed uno est-ovest chiamato decumanum. Sistema di costruzione divenuto romano di accampamenti e città.
Tale schema di urbanizzazione, espressione di un disegno preordinato ed unitario nei limiti della programmazione del tempo, si sovrappose al primitivo insediamento frutto di un processo di coalescenza di preesistenti nuclei abitati, con una successiva espansione a valle, in cui si andarono inserendo come dettava la necessità, le varie strutture; quali l'impianto stradale ortogonale, le fortificazioni, la distribuzione in insule dell'abitato, con la conseguente definizione delle aree residenziali religiose e pubbliche. Non esistono elementi tali da poter identificare con certezza i fondatori della città siano essi i Sidicini, gli Osci o i Sanniti. Certo è che appartenevano ad un'area alquanto ellenizzata.
Teano si presenta nei primordi come città separata (Sidicino significa questo) indipendente per segmentazione tribale avvenuta al tempo del dominio etrusco (forse per discontinuità territoriale con l'Etruria, i Latini interposti) o all'interno delle genti del Sannio. Nel II secolo a. C. partecipò al febbrile arricchimento di cui fecero sfoggio soci latini o città indipendenti della Campania come Pompei e Teano (Torelli).
L'influsso greco
Alla primitiva vocazione pastorale ed agricola si era venuta ad aggiungere, probabilmente, una vocazione commerciale dovuta vuoi alla posizione viaria suddetta vuoi al migliorato tenore di vita della popolazione ed alle esigenze suntuarie dei suoi capi e delle classi privilegiate. Era intervenuto l'influsso greco un periodo aureo in cui l'arte e la cultura di quel popolo si diffusero nel Mediterraneo occidentale con molteplici teste di ponte: in Italia (Pitecusa, Ischia, fondata nel 770; Kumè, Cuma nel 757; Partenope, Neapolis; Capua, la stessa Roma); in Francia ricordiamo Massalia, Marsiglia; e le coste meridionali della Spagna.
Per soddisfare fondamentali esigenze economiche, le colonie greche della Megàle Hellàs ebbero bisogno di acquisire posizioni di territorio sempre più ampi. I primi a farne le spese furono gli abitanti indigeni che per lo più tentarono invano di opporsi ai meglio, organizzati colonizzatori. I loro centri vennero distrutti militarmente od occupati e rapidamente ellenizzati dai presidi greci (VII - VI secolo a. C.) Non è da dimenticare che il livello di sviluppo organizzativo e culturale dei greci era certamente assai più elevato di quello delle popolazioni indigene della prima età del ferro che risiedevano nell'Italia meridionale.
Così il nome dell'insediamento italico può essere ricondotto all'etimo thèa essendo oggetto di veduta o contemplazione. Lo sguardo dei Greci approdati ai lidi campani si posava sui “sidicini aequora” (la pianura che precede il mare) e, sulle colline del lontano orizzonte, scorgeva “la città che si vede in lontananza”.
Nome, Teano, abbastanza diffuso nell'antichità che annovera, tra l'altro una filosofa.
Quando i Sanniti, contemporaneamente all'occupazione del Lazio meridionale, rivolsero le armi contro i progrediti centri della Campania settentrionale, la componente etrusca e magno greca era stata soppiantata nel corso del V secolo da tribù di stirpe sabellica che assunsero il nome di Campani.
Né le immigrazioni greche avevano sopraffatto le popolazioni originari: nei contatti e nei contrasti fra autoctoni e immigrati si formò quella eterogenea nazione italica su cui si fonderà la potenza di Roma.
All'origine della prima guerra tra Roma e i Sanniti (343-341 a. C.) vi fu una forte pressione, di fatto un'invasione, di questi ultimi desiderosi di muovere dall'interno del Sannio e di impadronirsi del territorio sidicino, pressione che mise a repentaglio anche le terre conquistate due generazioni prima dalla neo-aristocrazia campana. Poiché i Sidicini rimasero costantemente ostili alla sfera di influenza romana, fu facile gioco dei Sanniti, con l'approvazione di Roma, soggiogare i Sidicini ed ottenere l'effettivo controllo di Theanum Sidicinum. I Sidicini si rivolsero a Capua la quale, stretta a sua volta d'assedio, chiese l'intervento di Roma. Quest'ultima aggirò il divieto in base al trattato del 354 accogliendo la resa senza condizioni della città campana (deditio); in tal modo, ogni azione condotta contro Capua diventava automaticamente un atto compiuto contro la stessa Roma. Dopo gli scontri avvenuti nel cuore del Sannio a Gauro e a Saticula risoltisi a favore dei Romani, fu rinnovato il precedente trattato, visto come un tradimento da parte dei Sidicini, dei Campani tutti e anche della stessa Lega Latina, in nome della quale teoricamente Roma combatteva.
Si realizzò pertanto un immediato rovesciamento degli schieramenti e la Guerra Latina (340-338) vide i Sanniti combattere a fianco dei Romani contro i precedenti alleati: Sidicini, Latini e Campani. Fu l'ultimo atto della lunga storia della Lega Latina, sconfitta l'alleanza anti-romana, essa venne sciolta e da allora ogni decisione di politica estera venne presa tra le mura della Curia Hostilia, sede del senato romano.
È pura invenzione che i Sidicini abbiano raso al suolo una città degli Aurunci nel 337 quando erano consoli C. Sulpicio e P. Elio (Livio VII, 15). Furono i Romani a sgominare gli Aurunci nel 314 durante il consolato di C. Sulpicio e Petello (ibid. IX, 25) perpetrando massacri e dure repressioni, un genocidio, e ponendo fine così all'esistenza degli Aurunci come popolo a sé stante. Sulle rovine costruirono la colonia di Sessa presidio, come Cales, a salvaguardia della repubblica imperiale. Nella II guerra sannitica (326 - 304) Teano si alleò con Roma ottenendo lo status di città federata. E come alleata inviò contingenti alla Legione Campana.
Durante la III guerra sannitica (298 - 290) Teano divenne la base operativa dei Romani. Evidentemente si poteva contare sulla sua fedeltà: firma fidelis (297 a. C.). Mentre la vicina Cales divenne sede di una delle quattro questure in cui era stata spartita l'Italia (130 a. C.) da cui si “regolava” la Campana, il Sannio, la Lucania, il Bruzio. Teano elevata da Augusto a colonia ebbe cure particolari dall'imperatore Claudio. Era sede di terme e di attività artigianali avendo abbondanti risorse idriche. Ricordiamo la Lettera a Mecenate di Orazio: Cras ferramenta Theanum tolletis fabri. Sede vescovile dal 333, decadde nel periodo delle invasioni barbariche. Devastata dai Goti di Alarico, dai Vandali di Genserico e dai Saraceni. In questo tempo venne costruita la seconda cinta muraria. Caduto l'impero romano d'occidente, l'Italia meridionale fu contesa tra Greci che tenevano le coste (Amalfi, Napoli, Gaeta) e i Barbari che penetravano dall'interno.
Della fugace presenza bizantina a Teano sono testimonianze la leggenda di San Paride, la chiesa di S. Pietro in Aquariis, gli affreschi caleni.
Il Medioevo
L'immagine catastrofica degli invasori – tra i quali vanno annoverati i longobardi ed i normanni - è dovuta alle esagerazioni delle fonti ecclesiastiche che le hanno descritte in chiave escatologica.
Cause profonde di depressione furono, inoltre, le avversità naturali (alluvioni, terremoti, incendi) e la peste del sesto e settimo secolo (quella chiamata di Giustiniano).
All'epoca della conquista longobarda (anno 580) non poche città vescovili della Campania – tra cui Teano – erano pressoché scomparse per la crisi demografica che provocò spopolamento ed abbandono della manutenzione delle opere pubbliche. I Longobardi posero rimedio al crollo delle strutture organizzative: dapprima sotto il ducato di Benevento, successivamente – trecento anni dopo – l'oppidum era dotato di un castello, di una ampia autonomia politico-istituzionale e di monetazione propria. Teano riacquistò importanza nell'843 quando divenne capoluogo amministrativo della contea di Landenolfo (o Landolfo) dei principi di Capua. Il gastaldato era una amministrazione militare e giudiziaria amovibile dapprima preposta soltanto alla gestione dei singoli complessi fondiari del fisco e successivamente preposta al governo di intere province sotto l'assiduo controllo centrale. Coevo fu il fenomeno dell'incastellamento: insediamento urbano che si raccolse al riparo delle antiche mura. Fu un periodo di rinascita questo che vide in sintonia la volontà politica dei principi longobardi con quella operativa dell'ordine benedettino.
I Cassinesi si rifugiarono qui dopo l'eccidio saraceno dell'883 nel quale fu ucciso lo stesso abate Bertario. Vi restarono fino la 915 anno in cui si trasferirono a Capua. Durante tale esilio, nell'incendio dell'896 andò distrutto il commento alla Regola attribuito a Paolo Diacono. Dall'865 oggetto di contese tra Longobardi e Saraceni che avevano il caposaldo alle foci del Garigliano da cui furono scacciati nel 916. In Campania si esaurì la incursione degli Ungari del 937, la più ampia geograficamente. Da qui cominciarono la risalita dell'Italia fermandosi per qualche tempo sul fiume Garigliano, non senza subire sconfitte da parte degli indigeni che approfittarono delle difficoltà di movimento delle feroci bande magiare appesantite dal bottino.
La parte settentrionale della Campania, vinti i Longobardi, restò autonoma per un certo tempo; prima di essere ceduta poi, con Gaeta, da Carlo Magno al papa. A conferma, il Matthew nell'Atlante dell'Europa medievale include Teano nel Patrimonio di San Pietro quindi sotto l'effettivo controllo del papato nel 962.
Nel 1039 il condottiero normanno Rainulfo Drengot riunì nelle proprie mani anche i territori del principato di Capua (di cui faceva parte Teano) divenendo signore della più vasta concentrazione politica del Mezzogiorno; la città fu occupata da Riccardo conte di Aversa tra il 1043 ed il 1062.
Nella lotta tra lo svevo Enrico VI ed il re normanno Tancredi di Lecce, Teano aprì le porte all'imperatore del S R I (1191). Di qui l'aquila ghibellina sulle torri dello stemma civico. Mal gliene incolse perché i nuovi padroni tiranneggiavano e taglieggiavano senza pietà le popolazioni soggette. Passò in feudo ai Dell'Aquila (sec. XII). Nel 1269 Carlo d'Angiò concesse 160 città e terre del demanio ai baroni. Segno di debolezza del re o necessità di ritessere la tela di un baronaggio fedele dopo l'avventura dello svevo Corradino. Pervenne quindi a Francesco del Balzo (sec. XIV) duca di Andria che fu il primo principe della famiglia. Quando questo potente feudatario che era cognato della regina Giovanna si ribellò alla sovrana, il feudo gli venne confiscato e venduto per 15.000 ducati a Goffredo di Marzano conte di Alife (1370). In epoca feudale, la vita municipale era ben poca cosa specie nei centri rurali dove il feudatario era rappresentato dal vicario o conestabile. I sudditi vivevano più per i baroni e per il re che per sé stessi. L'unica parvenza di partecipazione era l'assemblea dei capifamiglia che costituiva il corpo sovrano del Comune detto Università.
L'evo moderno
Il 28 luglio 1437, durante la guerra di successione, Alfonso d'Aragona acquartierò le sue milizie nel territorio di Teano. Antonello Petrucci, segretario del re di Napoli Ferdinando d'Aragona, era teanese; fu uno dei capi della congiura che portò all'attentato al re Ferrante nei pressi di Torricelle il 30 maggio 1462. L'episodio è raffigurato nelle porte bronzee di Castel Nuovo conservate nel Palazzo reale di Napoli.
Per vicende naturali (violento terremoto del 5 dicembre 1456; peste del 1468, del 1527 e, la più grave, del 1656) la popolazione si ridusse a poche centinaia delle seimila preesistenti.
Dopo la battaglia del Garigliano e di Seminara, nel1504, passò dagli Aragonesi agli Spagnoli il cui dominio si protrasse fino al 1707, caratterizzato da malgoverno oppressivo e sfruttatore.
Con il titolo di Principe la cittadella fu concessa in feudo a molte famiglie nobili napoletane e spagnole: a Consalvo nel 1507 e poi a Fernando di Cordova, ai Carafa, ai Medina las Torres, ai Del Balzo, ai Marzano, uno dei quali, cognato del re, fu a capo della congiura suddetta; ai Gusman, ecc. Della preponderanza economico-finanziaria dei liguri nell'Italia meridionale è conferma il possesso di ben 1200 feudi sui 2700 esistenti. Per un breve periodo la cittadina ritornò al regio demanio e fu poi venduta a Luigi Carafa della Marra, principe di Stigliano, che restaurò il castello. Nel 1685 tornò al fisco e fu infeudata da Carlo VI d'Asburgo al conte Daun (1709 - 43). Il quale, quando lasciò il paese portò con sè il proprio archivio che si trova attualmente a Bratislava (fondo Palffy-Daun) e in copia al Centro di studi Guido Dorso di Avellino.
Nel 1700 per la cattiva amministrazione dei Sindaci, i Casali si separarono dalla città dividendosi i beni e formarono cinque Università o Terzeri con cinque Sindaci detti del Demanio, dei Vassalli, degli Infanti, di Versano, di Furnolo. Nel 1707 la Spagna battuta lasciava il Mezzogiorno che divenne vicereame dell'impero austriaco pure severo ed esoso dominatore fino al 1743; anno in cui Carlo di Borbone figlio di Filippo V e di Elisabetta Farnese, prese la fortezza di Capua (24 novembre). Dall'apprezzamento dei feudi che venne effettuato dai tecnici su incarico del Sacro Regio Consiglio, Teano fu valutata nel 1738, ducati 177.489 con una popolazione di 4.000 - 4.500 abitanti. Nel 1742 fu data in enfiteusi al barone di Montanaro.
Otto anni dopo, il re di Napoli Carlo III acquistò il feudo La Torre – poi chiamato Caserta – per ducati 489.344, di cui 152 mila detratti come prezzo dello stato di Teano contestualmente ceduto dal principe Michelangelo Gaetani di Sermoneta per costruire la nota Reggia emula di Versailles. Nella guerra della Francia contro Austria e Russia, Ferdinando IV si alleò con queste ultime potenze. L'11 gennaio 1799 l'armistizio franco-borbonico di Sparanise portò il generale Championnet ad assumere la giurisdizione del regno ed a fondare la Repubblica Partenopea.
Nell'Ottocento il paese fu vivace centro di attività artigianale (ramiera, ferriera), fu movimentata stazione termale e frequentata casa di vacanze estive della nobiltà napoletana.
L'illuminato decennio murattiano (1806 - 1815) impresse una forte accelerazione alla società meridionale con le leggi eversive della feudalità, le riforme giuridico-costituzionali (camere di commercio, società economiche, ecc.) la liquidazione dei beni ecclesiastici, ecc.
La Carta amministrativa della provincia di Terra di Lavoro redatta dal cartografo Benedetto Mazzolla nel 1850 – riportata dal Bollettino di studi storici del Lazio meridionale - assegna a Teano ed ai suoi sedici casali una popolazione di 11.617 abitanti.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno IX 2012 - n. 2 Febbraio)