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Aspettando Godot

 

(Dal FORUM sui limiti della democrazia; a il refolo Riardo, 21 novembre 2009).
Commemorando i Caduti in guerra a Gettysburg, il Presidente degli USA Abraham Lincoln nel 1863 definì la democrazia un governo del popolo, dal popolo, per il popolo (“government of the people, by the people, for the people”). I dubbi mi sorsero quando, in un corteo mediorientale un partecipante esibiva un cartello con la scritta in inglese: Where is my vote? Effettivamente mi chiesi: dov'è il mio voto? Che fine ha fatto?!
La volontà del singolo non può certamente trovare espressione singola in parlamento; farsi legge. Se non cumulandosi con quella degli altri milioni di cittadini, ovviamente. Ma qui in Italia solo pochi si ritrovano nelle leggi promulgate. La massa ha abdicato a farsi riconoscere. Abbiamo delegato il Parlamento, direte. Non è così dal momento che i delegati li hanno scelto i partiti in base alla legge elettorale attuale. Non è così perché l'eletto può cambiare liberamente casacca e legarsi ad altra infischiandosi dell'elettore da cui proveniva il mandato e del programma cui era legato.
Ho sempre difeso la democrazia che non va, scrive Giovanni Sartori (politologo docente emerito dell'Università di Firenze e della Columbia University) che è un pessimo sistema “salvo che tutti gli altri sono peggiori”. (Churchill)
Allora, quale democrazia? Perché democrazia? Essa - scriveva Alexis de Tocqueville vissuto dal 1805 al 1859, uomo politico francese che soggiornò negli Stati Uniti per studiarne la costituzione e le leggi - diffida del talento ed esalta la mediocrità! Se è preferibile come forma di governo è perché consente di risolvere il cruciale problema della sostituzione dei governanti in modo pacifico, senza spargimento di sangue. E' preferibile perché è in grado di proteggere i diritti individuali di libertà meglio ed in modo più durevole di altre forme di governo.
Il problema centrale è l'uguaglianza tra gli uomini. Ritenete che siamo tutti uguali? C'è il ricco ed il povero, l'intelligente ed il cretino, il furbo e l'ingenuo, l'integerrimo e il mestatore, il colto e l'analfabeta, l'inclito e lo sconosciuto! Tutti uguali? Uguale il loro voto? Prezzolini si esiliò volontariamente in Svizzera perché non lo riteneva!
L'égalité è uno dei falsi miti presupposto alla democrazia. Gli altri due sono, com'è noto: liberté e fraternité. Saremmo liberi se liberi dal bisogno. In quanto alla fratellanza, la vita è un sopraffarsi incessante: è “una guerra di tutti contro tutti”! Ci scanniamo l'un l'altro. E ancora Tommaso Hobbes precettore di Carlo II Stuart: “Homo homini lupus”! Nel Leviathan, sua opera famosa dal titolo del mostro biblico, i cittadini si spogliano dei loro diritti individuali per delegarne l'esercizio all'autocrate.
Nella Repubblica dei filosofi, Platone scriveva: “Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, sono dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui, che i giovani pretendono gli stessi diritti, la stessa considerazione dei vecchi, e questi, per non parer troppi severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia”.
In mezzo a tanta licenza lo stato di diritto si riduce progressivamente a stato padronale, l'etica pubblica decade, il conflitto di interessi si acuisce, la giustizia viene imbrigliata, le intercettazioni telefoniche vietate. In questa “democrazia senza democrazia” (come titola Massimo L. Salvadori nel saggio pubblicato da Laterza), tra questi scogli, con tali limiti, in tale finzione, non più lex facit regem ma rex facit legem!
Che fare? Continuare a fingere di prendere sul serio l'autorappresentazione dell'attuale sistema politico ben protetto dalla messinscena elettoral-democratica o interrogarsi sui modi di intervenire nella situazione e fermare l'incessante, assordante ritualità democratica e santificazione ideologica della democrazia?
In un famoso dramma di Samuel Beckett c'è il personaggio centrale (Godot) che è atteso tutto il tempo della rappresentazione. Non appare sulla scena; non arriverà mai! Una vana lunga estenuante inutile attesa, senza fine.
“Aspettando Godot”, come gli italiani aspettano la riforma dello Stato!

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 2 Febbraio)