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Sotto la cenere, i Borbone

 
In mostra al Museo Nazionale
di Napoli i tesori di Ercolano
 

Al Museo Archeologico di Napoli per la prima volta sono esposte le straordinarie opere (sculture, affreschi, iscrizioni) che in quasi tre secoli di scoperte sono state restituite da quel miracolo archeologico che è l'antica Ercolano.
Dichiarata nel 1997 dall'Unesco, insieme a Pompei, “Patrimonio dell'Umanità”, con i suoi stupefacenti resti offre una testimonianza della vita e della società romana con tanta abbondanza di particolari e con l'immediatezza della conservazione da potersi ritenere unica al mondo. Le altissime temperature sviluppate dall'eruzione del Vesuvio hanno infatti determinato a Ercolano un fenomeno di conservazione assolutamente originale e in larga misura privo di confronti anche della stessa Pompei, al di là degli affreschi e delle sculture. Ercolano ha restituito le testimonianze più ricche e complete del mondo antico, riferite anche ad aspetti e temi della vita quotidiana e della società romana (religione, ambito domestico, abbigliamento, arredi): materiali organici carbonizzati, di ogni genere, quali tessuti, papiri, legni, commestibili, tavolette cerate, tutte preziosissime fonti di informazione per gli aspetti minori e quotidiani della civiltà romana.
Nella mostra sono per la prima volta materialmente ricongiunte e presentate al pubblico quasi tutte le opere della grande statuaria restituite dalla città, che appartengono a stagioni diverse della storia degli scavi e che hanno determinato il diverso destino quanto a luogo di conservazione e quindi anche di potenziale fruizione.
La plurisecolare storia degli scavi di Ercolano, iniziata per caso nei primi del 1700, visse infatti una prima stagione per impulso del re Carlo di Borbone che nel 1738 diede ufficialmente inizio alle esplorazioni per cunicoli sotterranei. Le opere di particolare pregio venivano trasportate nell'Herculanense Museum, ricavato nell'ala del Palazzo Caramanico della Reggia di Portici che frattanto era stata costruita affinché visitatori di rango e studiosi, previo permesso regio, potessero ammirarli. Alla stagione delle esplorazioni borboniche appartengono principalmente il Teatro, la Villa dei Papiri, la Basilica Noniana e l'Augusteum, gli imponenti cicli scultorei i quali - trasferiti nel 1822 al Palazzo degli Studi di Napoli, che sarebbe diventato il Real Museo Borbonico e quindi, con l'Unità d'Italia, il Museo Archeologico Nazionale - vengono ora per la prima volta riuniti e presentati al pubblico in tutta la loro magnificenza.
La Villa dei Papiri merita una segnalazione particolare: vi furono rinvenuti più di mille papiri che in maggior parte riportano opere filosofiche di Filodemo di Gadara (attualmente in Giordania), allievo di Epicuro, il quale qui le compose, ospite del mecenate proprietario della villa, suocero di Giulio Cesare. Il compianto prof. Marcello Gigante, accademico di Atene, grecista illustre, socio onorario del Club Sidicino, propugnava la ripresa degli scavi in quanto, essendosi ritrovati testi tutti in lingua greca, ci si aspetta il ritrovamento della parte latina della stessa ricca biblioteca.
Artefice della grandiosa e sistematica operazione di scavo a cielo aperto e di contestuale restauro fu Amedeo Maiuri, che fra il 1927 ed il 1958, mise in luce la massima parte dell'attuale parco archeologico. Egli concretizzò la sua idea di offrire al visitatore un suggestivo esempio di città-museo e per fare ciò allestì un piccolo Antiquarium nella Casa del Bel Cortile e ricollocò molti oggetti in sito, anche a prezzo di qualche tradimento rispetto ai reali contesti di rinvenimento.
Tutte le opere provenienti da questi scavi sono rimaste convenientemente a Ercolano e, insieme a quelle scaturite dagli scavi eseguiti negli ultimi venti anni, fra cui la statua loricata di Nono Balbo, gli splendidi rilievi arcaistici, la peplophoros e l'Amazzone dell'area di Villa dei Papiri. Le sculture ora in mostra verranno poi esposte nell'Antiquarium di sito, visitabile l'anno prossimo.
Il percorso della mostra comprende oltre 150 opere tra cui figure di dei, eroi, soggetti delle dinastie imperiali alcune provenienti dall'Augusteum; e di illustri famiglie ercolanesi che con atti di munificenza privata (evergetismo municipale) contribuirono al rinnovamento edilizio della città nella prima metà del I secolo d.C. e alle numerose sculture della Villa dei Papiri, che hanno fatto di questa abitazione un caso eccezionale nel panorama dell'archeologia italiana, osservatorio privilegiato per la comprensione del ruolo svolto dalla cultura greca presso le classi dominanti della tarda repubblica romana. Ritratti della gente comune, significativamente accostati alle liste dei cittadini incisi su marmo (cd. Albi degli Augustali), mentre le tenebre avvolgono gli scheletri dei fuggiaschi, una delle più straordinarie scoperte archeologiche degli ultimi decenni. Uomini, donne, bambini avevano cercato rifugio sull'antica spiaggia e negli ambienti voltati prospicienti il mare quando con improvvisa, immediata brutalità, la prima onda di calore (surge) si abbatté su di essi, catturando per sempre, come in una macabra istantanea, il loro ultimo istante di vita. Anche nell'archeologia della morte Ercolano la rivelato la sua eccezionalità, offrendo allo studio di antropologi, vulcanologi e archeologi un campione di popolazione ben diverso e ben più ricco e promettente di quello che di norma proviene dalle necropoli.
L’esposizione è integrata da un repertorio iconografico di sculture e affreschi vesuviani. Pregevole il catalogo della Electa dal quale abbiamo preso le notizie riportate.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno VI 2009 - n. 2 Febbraio)