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"Historia Langobardorum" di Paolo Diacono a cura di Felice Bonalumi
 

Chi avesse avuto il desiderio di leggere la fondamentale Storia dei Longobardi di Paolo Diacono finora avrebbe avuto difficoltà a trovare il testo. Ora non più: le Edizioni San Paolo di Cinisello Balzamo hanno provveduto alla stampa. Una veste sobria, quasi elegante dal costo contenuto di € 14,50, di pagine 214, il libro è a cura di Felice Bonalumi giornalista scrittore grande comunicatore. Si occupa di arte sul quotidiano Avvenire.
Dalla collaborazione dei Longobardi con gli indigeni nacque la nazione italiana! Erano costoro un popolo germanico che nel VI secolo occupò gran parte dell'Italia, in precedenza dominata dai bizantini, e vi fondarono un regno diviso in ducati con capitale Pavia. La loro politica aggressiva indusse il papa a chiamare in aiuto i franchi che nel 773-774 scesero in Italia e li sconfissero.
I Longobardi conservarono tuttavia il ducato di Benevento (che inizialmente comprendeva anche Salerno poi divenuta capitale di un principato indipendente) dal 646 fino al 1047. La donazione di Sutri fu il tentativo dei Longobardi di pacificazione con lo Stato pontificio.
L'Editto di Rotari (che si dovrebbe chiamare codice come acutamente osserva il nostro Diacono) fu il primo corpo legislativo organico “barbaro”. Si compone di 338 articoli e risale al 643.
Erano ariani - Cristo creato da Dio e non a lui consustanziale - e si convertirono al cattolicesimo. Il longobardo Landinolfo, fratello del fondatore di Capua, conte gastaldo, sull'acropoli preromana - di cui rimangono notevoli tratti di mura visibili dal giardino - eresse il castello di Teano, che venne restaurato ed arredato splendidamente dal principe di Stigliano Luigi Carafa della Marra successivamente. Si rinvia all'argomentato articolo Il castello di Teano in epoca longobarda e normanno - sveva di Carmen Autieri apparso su il Sidicino anno I, N. 12 – dicembre 2004. Non fu la sola opera muraria longobarda che si avvalse costantemente del contributo della Chiesa locale.
Torniamo a Paolo Varnefrido detto Diacono, dal grado nell'ordine ecclesiastico, nato a Cividale del Friuli nel 720 circa - l'autore della Historia langobardorum. Fu storico, grammatico, scrittore e poeta di lingua latina; uomo di corte, rifiutò di restare a quella di Carlo Magno quando il suo popolo era ormai sconfitto. Nel 787 entrò nel monastero di Montecassino e vi rimase fino alla morte nel 799. La sua storia, nonostante i molti difetti di informazione e di critica, costituisce una fonte di grandissimo valore per la conoscenza di quel popolo: una documentazione pressoché unica in materia.
Autore dell'inno Ut queant laxis, dedicato a S. Giovanni Battista, da cui il benedettino Guido d'Arezzo ricaverà nel XI secolo, isolando le sillabe iniziali di ciascun emistichio, ordinate melodicamente in gamma, il nome delle note musicali.
La Historia langobardorum è dunque un racconto di eventi incentrato soprattutto sull'Italia e scandito dal filo delle gesta regie e ducali: il racconto dell'ingresso di un popolo nella storia e in un paese, l'Italia romana, e del suo confronto con la situazione politica e civile, culturale e religiosa preesistente.
Alla relativa semplicità di struttura e contenuti fa contrappunto la difficoltà a cogliere il significato complessivo, che presenta tratti particolarmente enigmatici e continua ad offrire argomento di discussione agli storici.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 11 Novembre)