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Il Circo Barnum della politica

 

L'uomo si nutre di luoghi comuni. Uno di questi è la perfezione della Costituzione italiana. Sento echeggiare nella mente la poesia deamicisiana “mia madre (la Carta costituzionale) ha sessant'anni; e più la guardo e più mi sembra bella! "
Proprio sessant'anni li ha festeggiati l'appena trascorso gennaio in quanto il I gennaio del 1948 la Carta fondamentale entrò in vigore.
Alla luce del tempo trascorso e della evoluzione storica della società si può muovere qualche obiezione. I Padri fondatori non potevano, certo, prevedere il futuro; ma noi possiamo esaminare criticamente il presente.
Primo rilievo è il numero enorme di governi che si sono succeduti da quel tempo ad oggi. Si potevano assicurare maggioranze stabili fissando una volta per tutte una adeguata legge elettorale. Non è possibile che ogni maggioranza approvi quella che le conviene! Si sono succedute negli ultimi tempi la vassallum, la marttarellum, la porcellum. Siamo caduti in basso; in quest'ultimo truogolo ci rimesteremo il 13 e 14 aprile.
Un secondo errore fu il bicameralismo. Quale senso ha la revisione di un testo legislativo già approvato da un consistente numero di eletti del popolo, Camera o Senato che sia? ln fondo, un branco di sardine non ha più cervello di una sardina sola...
Grazie alla Costituzione, il potere - o più democraticamente “l'autorità” - è ridotta in briciole. Il Capo dello Stato conta poco (ma ci rappresenta tutti) perché il nostro è uno Stato parlamentare; il Capo del governo è soggetto al Parlamento dove non si formano maggioranze stabili ed omogenee per mancanza di una idonea legge elettorale; poi le Regioni, le Province, i Comuni, le circoscrizioni, le autonomie locali, le comunità montane: tutti hanno un bel da fare per dividersi i compiti e le clientele.
È la prova plastica dell'impotenza di questo circo Barnum a cielo aperto che ci ostiniamo per antico affetto a chiamare Stato. Non ci si accorge che il potere (cioè l'autorità) non esiste più; si è disintegrata! Nessuno comanda e nessuno obbedisce. Gli estremisti ci guazzano.
"L'Italia è una Repubblica " ecc. Certo! Per dodici milioni di italiani; ma venne calpestata la volontà dei dieci milioni che avevano votato monarchia!
Meglio sarebbe stato proclamare: L'Italia è uno “Stato” non una repubblica ecc.
La posizione di favore accordata alla Chiesa cattolica con l'art. 7 (Patti lateranensi con i troppi benefici economici connessi) mal si concilia con la posizione laica di uno Stato che pur avrebbe dovuto trarre insegnamenti dall'89 (Rivoluzione francese) e da quelli più recenti di Kemal Ataturk che fanno della Turchia il difensore della laicità contro l'integralismo islamico. Eppure l'Assemblea costituente esprimeva concezioni liberali e marxiste, oltre che cattoliche. Fu un pasticcio all'italiana: un compromesso! La requisizione dei beni ecclesiastici da parte dei Sanculotti risanò le finanze francesi dissestate. Un analogo provvedimento dei nostri costituendi avrebbe affrettata la ricostruzione post bellica. La drastica riduzione del costo della politica - di cui non v'è traccia attuale - ci farebbe sentire meno tartassati.
Altro problema non affrontato dalla Costituzione italiana: l'election day. l Padri Costituenti dovevano stabilire una sola tornata sia per le elezioni amministrative che per le politiche. A periodi fissi ed uguali per tutte le tornate; ad esempio quinquennali. Si sarebbe evitato la continua chiamata alle urne degli elettori che alimenta attualmente la instabilità politica.
L'ex capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro in un incontro con i giovani all'Auditorium di Roma il 3 febbraio corrente difende la Costituzione. Dice: “È forte, buona, vivissima”. Ma ammette la necessità di
ritocchi. Contemporaneamente Luca di Montezemolo auspica una nuova assemblea costituente per farli questi ritocchi. Non ultimo da farsi quello che, in caso di scioglimento del Parlamento, fa slittare di un anno il referendum. Nell'attuale, viene leso il diritto dei promotori di ottenere una tempestiva modifica della legge elettorale. Il differimento beffa la proposta referendaria vanificandola.
La nostra Magna Charta (documento inglese del 1215 cruciale per la storia della democrazia che fissa i principi base dell'ordinamento legale anglosassone) dovrebbe garantire invece la prevalenza e la preminenza della volontà popolare.
In un articolo del quotidiano la Repubblica del 14 marzo, l'autorevole costituzionalista Gustavo Zagrebelski osserva che chi non ha una proposta di riforma costituzionale appare come un conservatore fuori tempo. Che gli italiani si possono dividere in riformatori (più numerosi nel ceto politico che intravede in essa delle opportunità) e in conservatori costituzionali (prevalenti tra i comuni cittadini che bocciarono nel 2006 la riforma della seconda parte della Costituzione). ll contrasto tra i primi ed i secondi è uno dei non minori motivi di distacco della società civile dalla politica.
Tutti quelli che si dichiarano per la riforma dissentono poi su quale riforma. La conseguenza - conclude l'Autore - è che la Costituzione è restata in piedi non per adesione e convinzione, ma per assenza di forza sufliciente a modificarla; una situazione di logoramento, di erosione continua della sua legittimità. È stato cosi fino ad ora, e già si dice che si proseguirà: si spera ma con limitate speranze che si giunga presto al tempo di questo tempo di costituzione sempre da riformare e mai riformata.

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 4 Aprile)