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Un femminista d'antan

 

Questa estate in una folgorazione canicolare ho conosciuto una donna straordinaria: una scrittrice interessantissima, editor di successo della propria produzione letteraria, femminista non rabbiosa, pedagoga non pedante, storica ben informata per l'accesso facile agli archivi nazionali, polemista a buon ragione contro i radicali pregiudizi dell'epoca misogina.
Figlia di un medico astrologo e poi sposa di un notaio referenziato a corte, venne da queste due personalità istruita intensamente. Contrariamente a come si usava all'epoca! Sicchè quando rimase vedova dopo pochi anni di matrimonio, per tirare avanti la famiglia (tre figli e la madre) in modo decoroso, si rimboccò le maniche ed utilizzò per vivere quanto sapeva fare: scrivere.
Per vendere la produzione si servì delle conoscenze a corte del defunto marito (Castel). Di corti in Francia (parlo di una italiana completamente francesizzata) ce ne era più di una: quella del re, quella dei fratelli del re - tra cui il duca di Borgogna - del nipote del re (Luigi di Orleans protetto dal conte di Armagnac) ecc.
Tra tanti possibili ricchi acquirenti - la Nostra si barcamenava tra gli opposti - per avere una decorosa fonte di reddito bisognava produrre molto.
Cosa che la Nostra fece: si organizzò un atelier con diversi copisti amanuensi che miniavano deliziosamente i suoi manoscritti non facendo mai mancare la immagine dell'Autrice con un sobrio elegante abito da lavoro blue reale.
La personalità di cui vo' cianciando si chiamava Cristina da Pozzano località bolognese di paterna origine ma per la storia è Christine de Pizan (lo storico Le Goff la chiama Cristina da Pisano) considerato che visse ed operò nella Francia del XIV secolo. Donna fuori dell'ordinario a partire dall'educazione familiare. Affrontò la vedovanza determinata a difendere i propri interessi economici ed a difendere la femminilità in ogni accezione (nobili borghesi prostitute) senza cadere in eccessi da suffragette.
Che i tempi misogini ed i costumi non lo avrebbero permesso.
Qualche momento di cedimento lo ebbe. Dice in una celebre ballata: “Sono sola, e sola voglio rimanere/sola, mi ha lasciato il mio dolce amico,/sola, senza compagno né maestro,/sola, triste e dolente,/sola, languo sofferente,/smarrita come nessuna/sola, senza più amico./Sola, alla porta o alla finestra./sola nascosta in un angolo,/sola, mi nutro di lacrime,/sola. dolente o quieta./sola. non c'è nulla di più triste./sola, chiusa nella mia stanza/sola, senza più amico/Sola ovunque e in ogni luogo;/sola, che io vada o che rimanga,/sola, più di ogni altra creatura,/sola abbandonata da tutti,/sola, duramente umiliata,/sola, sovente tutta in lacrime,/sola, Principi, iniziata è la mia pena/sono sola, minacciata dal dolore,/sola, più nera del nero/sola, senza più amico."
Tali alti lai erano prodromi di una ricerca amorosa? Giammai! "Oh, Dame fuggite, fuggite il folle amore che vi propongono. Fuggite! In nome di Dio, fuggite! Non ne può venire niente di buono, siate certe. E non sperate il contrario, perché non può essere altrimenti. (Da "La città delle dame").
La difesa della calpestata femminilità (da Aristotele ad Agostino a Tommaso passando per la Scolastica fino ai suoi tempi) aveva generato la misantropia.
Fiera ed efficace polemista per forza di cose, direi quasi per difesa personale contro autorevoli accademici: dal coautore del Roman de la rose, un best seller, a Mateolo (un detrattore maldicente) che contava meno ma faceva audience.
Costruiamo - dice Christine - una città per sole donne, una città rifugio ideale, un luogo della mente e vi terremo donne sapienti virtuose eroine sante (Vergine in testa) che la storia o la religione o la letteratura (Boccaccio) ci hanno tramandato. lnnalziamo una cinta di mura a difesa dai pregiudizi, contro la misoginia anche fllosofica dominante!
Un altro momento di cedimento Christine de Pizan lo ebbe quando vide la Francia insanguinata dalla guerra civile (Armagnacchi contro Borgognoni) cui si aggiunse la guerra dei Cent'anni (1339-1453) per le pretese inglesi. Si ritirò in convento senza farsi suora. Ne uscì e riprese a scrivere quando Carlo Vll fu incoronato re grazie a Giovanna d'Arco e le speranze dell'Autrice in un mondo migliore erano rinverdite. Ormai il suo tempo era finito. Morì a 55 anni (era nata nel 1365) prima che ardesse il rogo della Pulzella (30 maggio 1431).
(Maria Giuseppina Muzzarelli, Un'italiana alla corte di Francia - Christine de Pizan intellettuale e donna, ll Mulino pag. 160, € 13,50 - Christine de Pizan, La città delle dame, Lunì editore, Fuori commercio).

Lucio Salvi
(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 10 Ottobre)