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La fiera della cipolla a Pietramelara

 

"Il pellegrino (…) poteva su questo itinerario appoggiarsi all’Ospedale dei Cavalieri di Malta sito fuori Pietramelara. La domus di Pietramelara nel 1378-1380 era governata da Giovanni da Venafro, nel 1680 aveva vaste terre ma la chiesa coperta a tetti era distrutta. Poi fu riedificata e tuttora esiste in via San Giovanni , o Fuori San Giovanni, una cappella dedicata alla Madonna di San Giovanni della quale tuttora si celebra festa e fiera.”: questo uno dei tanti pregevoli scritti dell’Avv. Domenico Caiazza, sulla presenza dei Cavalieri di Malta dalle nostre parti.
Il momento di temporanea rovina della chiesetta, tra il tardo medioevo e il rinascimento, trova conforto e conferma in tale altra testimonianza “L’ospedale e la chiesa di San Giovanni a Mare di Salerno sorgevano fuori la “porta della Catena”, nelle vicinanze del mare e del “monte nominato Scoriale” e in origine erano localizzate fuori città anche le chiese di Montesarchio (“sita dove si dice a S. Valentino”), Aversa (situata “a S. Giovanniello, fuori la porta nova”), Sant’Agata dei Goti (a “capo di Corte”), San Martino Valle Caudina (ricostruita dentro la città nel 1643, “proprio vecino il palazzo del signore duca de detta terra de San Martino”), Marigliano (in località “San Pietro”), Caiazzo (a “San Giovanni fuori porta”) e Pietra Molara (queste ultime due chiese scomparvero prima della fine del XVII secolo)”. Nella stessa opera “Le chiese [dei cavalieri di Malta] erano intitolate nella maggior parte dei casi a San Giovanni Battista, il protettore dell’Ordine. Le altre intitolazioni si riferivano in genere a santi guerrieri come San Sebastiano, San Michele e San Giorgio, oppure alla Vergine delle Grazie, venerata dai militari e dagli ordini cavallereschi in genere” (EMILIO RICCIARDI, Chiese e commende dell’Ordine di Malta in Campania).
L’immagine mariana che si venera nella Cappella di Fuori San Giovanni, detta appunto Madonna di San Giovanni, è riferita proprio alla Madonna delle Grazie, di cui al periodo precedente; essa fu tenuta e curata dall’Ordine sino all’unità nazionale. La presenza in Pietramelara, in detta località di uno xenodochio (albergo per stranieri e viandanti) adiacente alla cappella trova conferma nei registri parrocchiali di Sant’Agostino che ne attestano la piena attività fra il settecento e l’ottocento.
Dopo l’unità d’Italia fu disposta l’alienazione dei beni dell’Ordine e il vasto tenimento di San Giovanni, che andava dall’attuale sito della Cappella sino alle falde del Monte Maggiore, fu acquistato all’asta dal Barone Sanniti. Con il terremoto del novembre 1980 la cappella subì gravi danni strutturali che ne causarono l'abbattimento e la successiva ricostruzione. La famiglia Sanniti ha per circa un secolo mantenuto il possesso di tali beni, e nel contempo ha perpetuato il culto della Madonna di San Giovanni, insieme alle tradizioni della fiera.
Per alcuni si tratta della “fiera della cipolla”, ortaggio che viene raccolto proprio in tale periodo e le “nzerte” di cipolle sono tra gli articoli preferiti dagli avventori che numerosi accorrono da Pietramelara e dintorni. Era tradizionale inoltre lo scambio e il commercio di animali di grossa taglia, soprattutto equini e bovini, ma anche di maiali, pecore e capre. Non si vedono più ma fino a qualche anno fa non mancavano i sellari, nelle cui bancarelle si potevano acquistare i “uarnimienti”, finimenti quali briglie, selle, redini e capezze. In corrispondenza di tale evento negli anni 60 e 70, i pietramelaresi emigrati (per lo più in Svizzera) tornavano a casa per riunirsi alle famiglie, per poi far ritorno nei luoghi di lavoro, verso il venti di agosto, dopo la festa di San Rocco.
La fiera e la festa della Madonna di San Giovanni, tradizionalmente cadenti nell’ultima domenica di luglio, la cui memoria risale alla notte dei tempi, fanno parte delle tradizioni pietramelaresi ancora sopravvissute. Va pur detto che la fiera, nella veste che si osserva oggi, ha perso un po’ del suo smalto ed il suo aspetto tradizionale si è molto allentato: tant’è che non si commerciano e non si scambiano animali da almeno un ventennio, e molte delle merci tradizionalmente trattate oggi non lo sono più; l’Italia d’altro canto, da paese di emigrazione si è evoluta in paese di immigrazione. La fiera di San Giovanni o “della cipolla” ha radici storiche che, come avrete potuto leggere, partono da molto lontano; essa rimane tuttavia di un passaggio obbligato, una tappa di mezza estate a cui pochi, tra coloro che condividono la nostra identità, vogliono rinunciare, nonostante il caldo e la calca.

Francesco Sabatino
(da Il Sidicino - Anno XIX 2022 - n. 6 Giugno)