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Terra di Lavoro e Memoria tradita

 

Il prof. Gianni Cerchia nel corso del suo intervento (foto di Mimmo Feola)
 

L'ultimo libro del prof. Giovanni Cerchia, sulla resistenza in Campania, smonta la teoria dell'assenza del sud nel processo di liberazione del nostro Paese.

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Negli ultimi anni l'Amministrazione di Pietravairano, dopo aver avviato il recupero del Teatro Tempio di Monte San Nicola, realtà archeologica scoperta per caso nel 2011 dal prof. Nicolino Lombardi, mentre volava nei pressi del centro urbano, ha dato il via ad una serie di appuntamenti culturali ospitati nella storica cornice della Biblioteca Raffaello Paone. Grazie al preciso coordinamento del prof. Giuseppe Angelone, storico, docente dell'Università della Campania “L. Vanvitelli”, nonché responsabile delle attività culturali di Pietravairano, lo scorso 29 ottobre è stato presentato il testo “La memoria tradita. La Seconda guerra mondiale nel Mezzogiorno d'Italia”, ultimo importante lavoro del prof. Giovanni Cerchia, docente associato di Storia Contemporanea presso la Unimol (Università degli Studi del Molise), che affronta il tema dell'imbarazzante negazionismo storico culturale, tutto italiano, della partecipazione attiva del sud alla liberazione del Paese dal nemico nazifascista. Un concetto nato nel dopoguerra da una storiografia che ha alimentato nuove polemiche tra nord e sud con un sottofondo di accuse, di esclusive nazionalpopolari, di vanti politici e territoriali delle regioni a nord di Roma nei confronti di quell'ex Regno delle Due Sicilie che, non allineandosi al resto d'Italia, ebbe addirittura il coraggio di esprimere una volontà monarchica durante il famoso referendum del 2 giugno '46. Una memoria tradita, come riporta il noto ricercatore, da una serie di coperture più o meno politicizzate mirate a nascondere la vera portata degli eventi in un sud che, tra l'altro, riuscì a liberarsi dal giogo nazista ben prima del resto d'Italia, grazie alle “quattro giornate di Napoli”, non per mera esasperazione popolare ma per doverosa ribellione organizzata dai cittadini partenopei. La Campania, regione fondamentale per posizione e infrastrutture, nel quadro di un Mediterraneo in fibrillazione per la guerra e l'insensato colonialismo fascista, divenne un laboratorio permanente di strategie e ritorsioni distruttive sviluppate da entrambi gli schieramenti. Se gli Alleati sperimentarono pienamente l'utilizzo devastante dell'arma aerea, arrivando allo spietato bombardamento di saturazione, un vero e proprio atto terroristico sostanzialmente teso a smantellare il supporto politico e sociale all'alleato nazista, i tedeschi, diventati improvvisamente nemici dall'otto settembre del '43, si resero protagonisti di feroci atti ritorsivi contro la popolazione inerme e già provata dalla guerra aerea angloamericana. Una sperimentazione che, consumatasi ampiamente nella provincia di Caserta, aprì la strada a più gravi tragedie, in termini numerici, in un centro nord dove, però, il contatto tra gli eserciti sul territorio italiano arrivò con notevole ritardo a causa delle linee di difesa approntate dai nazisti proprio tra l'alto casertano ed il basso Lazio. Un ritardo che permise, certamente, la formazione di una resistenza politica che, quindi, assunse aspetti diversi dal sud a causa di un differente sviluppo temporale degli eventi bellici. Come riporta il prof. Cerchia, la resistenza al sud fu limitata nel tempo, forse non pienamente matura, quindi organizzata più civicamente che politicamente, ma il suo valore non fu minore di quello dei fratelli del centro nord, anzi, e questo va precisato, fu sfaccettata tanto da assumere forme inusuali, come dimostrato dal silenzio della comunità di Tora e Piccilli che salvò senza armi, grazie all'occultamento dei documenti amministrativi comunali, una piccola compagine di ebrei a rischio di rastrellamento. Questi atti, però, non furono meno rischiosi di quelli “a mano armata” delle bande partigiane del nord, anzi, proprio per l'eventuale impossibilità di difendersi ad armi spianate, assumono forse un valore più alto quale atto di coraggio organizzato da inermi civili di ogni età. Anche in questo caso, lo si nota chiaramente, fu decisa una netta linea d'azione e, quindi, messa in campo una necessaria successione di atti sovversivi che solo un'organizzata resistenza poteva predisporre e realizzare. Ma la “ragion di Stato”, spinta fortemente dagli eventi che crearono quel lunghissimo scontro ideologico chiamato Guerra Fredda, occultò per decenni le malefatte naziste e, di conseguenza, i differenti volti di una resistenza che doveva essere dimenticata. Dopo anni di oblio, scivolati tra le pieghe del tempo, della politica, tra muri di gomma, crollo del muro di Berlino e insistenze che hanno svelato l'armadio della vergogna, è arrivato il tempo di rileggere, con serenità e certezza storica, il ruolo delle donne e degli uomini del sud alla conquista di una libertà pagata, in tutta Italia, non solo al nord, con sangue e distruzioni. Come afferma il prof. Cerchia, «…nel momento in cui tutto pareva crollare, al Nord come al Sud, la parte migliore del nostro Paese sceglieva di non distogliere lo sguardo e resistere...», come oggi i nostri uomini migliori, quelli della cultura, della ricerca, della giusta amministrazione della cosa pubblica, resistono ai pregiudizi e lavorano per rendere ai cittadini il vero volto di eventi spesso dimenticati, altre volte semplicemente occultati per ragioni storiche. Gianni Cerchia è uno di questi uomini, ed il suo libro un deciso passo avanti nella direzione della verità storica.

Giuseppe Russo
(da Il Sidicino - Anno XIV 2017 - n. 11 Novembre)

Una panoramica della sala (foto di Mimmo Feola)