L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
 
“1913 - Quello che disse, in sogno, Lucifero a Stravinsky”
 

Il nostro concittadino Emiliano D'Angelo, avvocato e critico d'arte, è stato insignito del premio di poesia nazionale “Città d'Acqui Terme”, classificandosi primo su oltre mille partecipanti. La giuria, composta da poeti affermati, critici e docenti universitari, era presieduta dal celebre italianista Giorgio Bàrberi Squarotti, già direttore scientifico dell'Utet e insigne dantista.
Il componimento selezionato si intitola: “1913 - Quello che disse, in sogno, Lucifero a Stravinsky”. La cerimonia di premiazione si è svolta sabato 7 settembre presso il “Grand Hotel Antiche Terme” della rinomata cittadina piemontese. Nel rassegnare le conclusioni della manifestazione, uno dei giurati ha espresso compiacimento per il fatto che il vincitore provenisse da Teano, città simbolo dell'Unità d'Italia, mentre le precedenti edizioni del premio avevano visto l'affermazione esclusiva di poeti del centro-nord. Al vincitore giungano i nostri sentiti auguri.

1913 – Quello che disse, in sogno, Lucifero a Stravinsky
Immolami una vergine.
Stabilirò su questo secolo il mio regno:
la mia dottrina è liquida,
e alleva cuccioli di drago.
Immolala, ti dico:
entra nella mia notte obliqua e incandescente,
scrivimi un inno,
cospargiti l'anima di zolfo.
Diventa ciò che sono:
diventa la folaga, la procellaria estatica
che frange le ali contro il vento.
Diventa il passo
del rettile preistorico
che scuote le vertebre del mondo.
Fatti virale, inattingibile, propagati:
diventa ciò che sono.
Diventa polline e vertigine,
sincope e delitto.
Vola sui tetti maciullati delle case,
sui campi di sterminio.
Diventa il vortice, il transistor, l'altoforno.
Diventa uranio, napalm, polveriera…
Entra nella mia notte e incendiala.
Sotto i miei piedi brulicano vermi,
sanguina in volto la cicatrice dell'aurora.
Stabilirò su questo secolo il mio regno.
E adesso ho furia di danzare.

La motivazione del premio: Nel 1913, con il balletto “Le Sacre du Printemps”, Igor Stravinsky mise in scena un rito pagano d'inizio primavera proprio della Russia antica: una giovinetta era scelta per ballare fino allo sfinimento e la sua morte era un sacrificio per propiziarsi gli Dei in vista della nuova stagione. Di qui prende appunto le mosse questa poesia, che spiega l'iniziativa del compositore russo con un'ispirazione luciferina, scandita in una anaforica parenesi e tradotta in immagini e metafore di forte spessore simbolico: è un intonato preludio a quella che Zygmunt Bauman ha poi definito la “modernità liquida”.

(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 9 Settembre)