L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
 

Mario Carpine e il vicolo dell'Arte

 

Fu Mario Carpine a battezzare “Vicolo dell'Arte” questo oscuro vicoletto che si affaccia sul corso Vittorio Emanuele.
Una volta all'anno lo illuminava di colori, lo trasformava nella sua personale galleria facendolo divenire il padiglione delle sue provocazioni, culturali prima che artistiche.
Ogni anno, per lo più nel mese di agosto, Mario Carpine, il teorico della “Filosofia del focolare”, come con ironia e celia amava definirsi, appendeva sui muri i segni della sua evoluzione artistica e umana, una lunga storia fin dall'inizio segnata dalla sua istintiva adesione ai grandi temi che il Novecento ha dibattuto senza sosta: la costruzione di una società più giusta, la difesa del pianeta, l'amore per gli ultimi.
E ogni anno, lungo questo vicoletto, più ancora che nel suo Centro d'arte “Galileo Galilei” al n. 24 dell'omonima via di Caserta, abbiamo assistito all'evoluzione di un linguaggio che, senza cadere in una stucchevole pedagogia, ha rappresentato visivamente il progressivo crollo delle speranze di cambiamento, lo sfumare degli orizzonti futuri di una nuova società, e il disfacimento dell'universo umano e naturale.
Quanti lo hanno seguito da vicino nel suo percorso di artista, hanno potuto cogliere, anno dopo anno, l'evoluzione del suo stile: dai sereni paesaggi, quasi metafisici, distesi nell'immobile chiarore del blu del cielo e del mare, la sua pittura si è trasformata in un magma informe, in una materia caotica, in un grumo di colori. La tela si è andata caricando di toni tragici, amari, con la serie del “Cristo dei poveri Cristi”, del “Tramonto della civiltà”, dei “Graffiti”, delle “Civiltà scomparse”: echi pittorici della sua netta percezione di una realtà in cui non trovavano più spazio le parole che egli amava di più: “arte, amore, armonia”, le parole che aveva scritto a caratteri cubitali sui muri del vicoletto.
Percorso, umano politico e artistico, denso di inquietudini, di speranze, illusioni e cocenti disillusioni, indissolubilmente ancorato al senso angosciante del reale e del vivere quotidiano, ma in cui si intrecciavano, comunque, pause e intermezzi di quiete e distacco.
Fascinosi momenti rappresentati dalle splendide “Macchie mediterranee” rievocanti, con scarni ed essenziali tratti di giallo, di verde, e d'azzurro, un paesaggio mediterraneo atavico, arcaico e incontaminato, struggente anelito di serenità e armonia, siglato, suggellato, dal suo personalissimo tocco finale, la “carpinata”, una macchia rossa, un elemento rosso, quasi sempre al centro del quadro, a caratterizzare e a enfatizzare la sua tavolozza.
Agli amici che da qualche tempo collaborano al progetto di restituire la vita al Corso di Teano, in particolare all'ideatore dell'iniziativa, Gerardo Zarone, va il riconoscimento per aver saputo ricordare un nostro caro concittadino che su questo corso e in questo vicolo ha trascorso buona parte della sua vita d'artista, vitalizzandolo e dandogli dignità; vicolo che sarebbe doveroso, da parte della nostra civica amministrazione, intitolare a Mario Carpine e alla sua arte, decorsi ormai i canonici dieci anni, richiesti per legge, dalla morte avvenuta il 5 maggio 1999.

(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 9 Settembre)