L'ASSOCIAZIONE
 
il Sidicino
 
 

Morire a sedici anni

 

Il 7 febbraio Teano è percorsa da brividi di commozione e di stupore. La sera precedente un giovane di soli sedici anni si è tolto la vita. Un giovane studente, bravo a scuola, amante del calcio nel quale eccelleva da promettente dilettante. Un giovane cresciuto in un ambiente familiare sano, da genitori molto stimati, con un fratello e una sorella che gli volevano bene.
Non un messaggio, non un gesto premonitore del fatale epilogo d'una breve vita. Così tutto resta avvolto nel mistero ma pur sempre tragicamente presente alle nostre coscienze.
Nel pomeriggio, ai funerali c'è grande compostezza, un silenzio infinito nella grande piazza del Duomo gremita di giovani, molti in lacrime. Tutti, anche senza rivelarlo, si stanno interrogando sul mistero di questa morte ma in realtà stanno investigando il mistero della vita. Vittima di un tragico momento in cui la volontà di non vivere ha preso il sopravvento sull'istinto, sulla forza vitale che spinge a superare anche gli ostacoli più dficili, il giovane amico ci ha lasciati.
È vano chiedersi le ragioni di un gesto così grave. Non si troverà mai un solo motivo per comprenderle. Non è vano però meditare su un fatto che tocca tutti noi, grande famiglia paesana, che sperimentiamo, e Dio voglia per molto tempo ancora, la residua umanità della vita di paese dove tutti si conoscono e all'occorrenza si prestano aiuto.
Non potremo mai comprendere quel momento di smarrimento che è costato la vita al nostro giovane concittadino e ha gettato nella disperazione familiari e amici; non conosceremo mai quali sentimenti e pensieri hanno tumultuosamente riempito quegli ultimi istanti della sua giovane vita. Possiamo però considerare in quale solitudine li ha vissuti e quale dolore avrà provato sapendo che stava per arrecare ai suoi una sofferenza atroce.
La solitudine dell'uomo è l'unico tratto distintivo di questo tragico evento che possiamo immaginare. La solitudine che caratterizza drammaticamente questa nostra epoca intrisa di suoni, di colori, di immagini, di relazioni, di sensazioni forti, ma che tuttavia rende I'uomo sempre più separato dagli altri, privato come si ritrova di vasti ambiti di solidarietà e di un radicato senso del sacro. Anche se partecipiamo costantemente a una moltitudine di organismi sociali, alla fine ci ritroviamo sempre più soli. La famiglia, la scuola e la Chiesa, da sempre presidio sicuro al retto evolversi delle tante incertezze dell'età giovanile, non offrono più grandi garanzie, aggredite e avvilite come sono dal demone del continuo cambiamento, della voglia sfrenata di mutare e trasformare tutto, ad ogni costo, e per di più rfiiutando globalmente, per principio, ogni vecchio assetto. Un demone che priva I'esistenza dei tanti sperimentati e validi sostegni offerti dalla tradizione. Anche la religione spesso si propone come sociologia o, peggio ancora, come psicanalisi. ll magistero tante volte si attualizza in sermoni socio-politici e la riconciliazione si dissolve ancor più spesso in tentativi, più o meno efficaci, di soluzione dei turbamenti interiori.
Se invece la salvezza fosse avvertita come superamento della morte e non soltanto come conforto alle piccole e grandi angustie della vita; se il perdono fosse vissuto fino a infondere il gusto e il desiderio dell'intimità con Dio; se la speranza, virtù non astratta, fosse sperimentata in quelle piccole anticipazioni, appena percettibili, in cui gia si avvera, qui e ora, allora l'uomo non potrebbe mai cercare rifugio nella morte che è già stata sconfitta, per sempre, sul Golgota.

(da Il Sidicino - Anno V 2008 - n. 3 Marzo)